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Il neo presidente di Alitalia Francesco Caio

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La saga Alitalia pare essere alle sue battute finali: da un momento all’altro si attende il decreto con l’atto di nascita della nuova compagnia. La maggioranza avrebbe trovato la quadra sulla spartizione delle poltrone del consiglio d’amministrazione della nuova compagnia.

Dopo quattro mesi e mezzo di rinvii e ipocrisie (il decollo era previsto per l’1 giugno) il “nuovo corso della politica italiana” ha riesumato il manuale Cencelli che governava le nomine ai tempi della Prima Repubblica. Così il consiglio d’amministrazione è stato allargato dagli iniziali sette a nove componenti per soddisfare i desideri delle diverse anime della maggioranza.

LA SPARTIZIONE

Il presidente Francesco Caio viene considerato in quota del premier Giuseppe Conte. L’amministratore delegato Fabio Lazzerini è gradito al Pd. Gli altri posti saranno divisi in proporzione alla rappresentanza parlamentare dei partiti che sostengono il governo. Cinquestelle e Partito democratico faranno la parte del leone, ma anche Italia Viva e le altre formazioni minori avranno diritto al loro strapuntino.

La stessa logica spartitoria, probabilmente verrà seguita per assegnare le altre venticinque posizioni per i manager di prima e seconda linea. Tutti sono stati accontentati ma ancora una volta, a “pagare” il prezzo della poltronite saranno i contribuenti italiani. Anche quelli che non hanno mai preso un aereo e mai lo prenderanno.

Servono ancora 150 milioni per far sopravvivere l’azienda come ha ricordato il commissario Leogrande in audizione alla Camera. Un nuovo contributo che si aggiunge al miliardo e mezzo già dilapidato dalla gestione commissariale, alla quale bisogna aggiungere anche i fondi della cassa integrazione prolungata per altri 11 mesi a 6.800 dipendenti della “vecchia” compagnia”.

Su questa girandola di sussidi ha acceso un faro l’antitrust Ue che potrebbe mandare tutto all’aria (anche se pochi ci credono vista la situazione).

STRATEGIA ASSENTE

Nel frattempo il perimetro di attività della compagnia è stato ulteriormente ridotto. È stato cancellato lo scalo di Malpensa che serve l’area più ricca del Paese e ridotti o eliminati i collegamenti per il Nord e per il Sud America. Del settore cargo non ci sono più notizie.

Manca una strategia globale in quanto la compagnia non ha ruolo nell’alleanza di Sky. Continuano invece i soliti vizi storici, con costi strutturali fuori della media delle altre compagnie europee.

Il governo ha indicato le linee strategiche sulle quali il nuovo cda dovrà elaborare il piano industriale? Quale sarà il tipo di flotta e quale il network nel quale divenire più operativi? È evidente che manca una regia. In questa situazione così confusa si fa avanti Usaerospace che fa capo a Michele Roosevelt Edwards, facoltosa americana, cattolica e repubblicana. Poco nota sul mercato Usaerospace dice di essere pronta a investire 1,5 miliardi in compartecipazione con lo Stato. Dice di avere un piano strategico totalmente basato su hub italiani e una flotta di 150 aerei . Finora nessuno ha preso in considerazione questa offerta. Tanto più che non sarebbe la prima volta che vengono presentate proposte avventate.

Basti pensare a German Efromovich, ex poprietario della colombiana Avianca che si era fatta avanti annunciando piani favolosi. Peccato che, nel frattempo Avianca sia fallita.

LE BANCHE

I partiti non hanno nessuna intenzione di farsi da parte. Il ritorno dello Stato imprenditore si sta dimostrando l’occasione per tornare a dividersi il bottino delle nomine pubbliche. Si è visto su Mps, per il quale non si parla più di privatizzazione.

Nel frattempo i partiti si sono divise le nomine con attenzione capillare alle appartenenze politiche. Senza curarsi delle competenze, come si vede alla Popolare di Bari, il cui cda sarà eletto il 15 ottobre. A cominciare dal presidente Gianni Di Gennaro che, da ex capo della polizia, finora in banca sarà entrato solo per occuparsi dei suoi conti personali.

Insieme a De Gennaro altri sei consiglieri indicati nella lista del Mediocredito centrale come azionista di maggioranza: Giampiero Bergami (direttore generale da qualche settimana), indicato come amministratore delegato e, sempre in quota Mcc, il suo direttore finanziario Elena De Gennaro. Poi Paola Girdinio, indipendente, e i pugliesi Cinzia Capano, avvocato, già assessore nella giunta comunale di Michele Emiliano ed ex parlamentare Pd.

Sempre per il territorio nella lista vi sono anche gli avvocati Roberto Fusco e Bartolomeo Cozzoli , quest’ultimo di Bisceglie, nella Bat, molto vicino al ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, e già commissario straordinario (legge Marzano) per alcuni anni, a partire dalla nomina del dicembre del 2013, della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, ente in amministrazione straordinaria, più nota come Casa della Divina Provvidenza, al centro di un’ inchiesta della procura di Trani che, nel 2015, portò all’arresto di dieci persone ritenute responsabili di un crac da 500 milioni di euro.


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