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I colossi francesi alla conquista delle banche italiane. Due settimane fa erano solo un rischio espresso dal Copasir, il comitato di controllo dei servizi segreti presieduto dal leghista Roberto Volpi. Ieri mattina è arrivata una prima conferma. Poco prima dell’apertura della Borsa il  Crédit Agricole ha annunciato il lancio di un’offerta di pubblico acquisto da 737 milioni sulla totalità delle azioni di Credito Valtellinese attraverso Crédit Agricole Italia.

L’OPERAZIONE

L’operazione porterà alla creazione del sesto gruppo bancario in Italia. In un comunicato si legge che il prezzo dell’offerta è di 10,5 euro ad azione. Un valore che sicuramente dovrà essere innalzato, considerando che il titolo, dopo un balzo del 22% è volato a 10,7 euro. Non tutto il mercato, dunque, si adeguerà alle scelte del Fondo Algebris fondato da Davide Serra e di Crédit Agricole Assurances si sono già impegnati a cedere le rispettive partecipazioni del 5,4 e del 9,4%. Le resistenze maggiori, forse, potrebbero arrivare da Denis Dumont, l’industriale marsigliese che possiede il 5,8% della banca di Sondrio,mentre i sindacati si sono già dichiarati molto soddisfatti.

«Il gruppo combinato continuerà a portare un sostegno solido all’Italia e ai suoi territori», ha detto Giampiero Maioli, direttore generale di Crédit Agricole Italia. «Crédit Agricole Italia prevede di generare un ritorno sugli investimenti superiore al 10 per cento in tre anni», fa sapere il gruppo.  In questa maniera il nostro Paese diventa il secondo mercato per il colosso francese.

L’annuncio del blitz sul Creval arriva subito dopo l’annuncio delle probabili nozze fra Banco Bpm e Bper. Tanta velocità lascia aperto il dubbio che, in realtà, la “banque verte” (come viene chiamato a Parigi il Crédit Agricole) aveva già le munizioni pronte per raggiungere un obiettivo più grosso. Da settimane, infatti, in borsa circolavano le voci di un possibile blitz dei francesi su Banco-Bpm.

Nel corso della conferenza con gli analisti Maioli ha negato l’esistenza di un tavolo dedicato a questa operazione. Resta il fatto che, subito dopo l’annuncio delle future nozze, sull’asse Milano-Verona-Modena è arrivata la comunicazione dell’operazione in Valtellina, mentre sullo sfondo si nota il pressing che il Tesoro sta facendo su Unicredit perché metta in sicurezza Mps. A questo scopo è già prevista, in Finanziaria, una dote di due miliardi come crediti fiscali, facendo salire a più di dieci miliardi l’investimento complessivo dello Stato per salvare Mps. Il fatto che il gruppo senese possa andare a Unicredit preoccupa il Copasir, temendo che anche il colosso milanese, come accaduto ieri al Creval, possa finire in mani francesi.

IL RISCHIO

L’allarme riguarda soprattutto la tenuta del debito pubblico. La quota di Btp in mano a Parigi è considerata preoccupante dall’organo di controllo. Secondo i dati di Banca d’Italia, gli operatori istituzionali francesi sarebbero in possesso di 285 miliardi di euro di debito pubblico italiano, che al 31 dicembre 2019, secondo i dati della Banca d’Italia, ammontava complessivamente a 2.409 miliardi (ma ad agosto 2020 la quota era già salita a 2.579 miliardi). Nel complesso, dunque, l’11,83% del debito pubblico italiano è già detenuto dai francesi.

Il rischio è che l’attivismo francese favorisca nel medio periodo azioni speculative sui titoli italiani, cui già contribuisce la situazione creatasi all’indomani della pandemia da Coronavirus. Una speculazione che può imboccare due strade, aprendo uno scenario molto simile a quello che si era registrato nel 2011. Allora furono le vendite di Btp da parte dei tedeschi di Deutsche Bank a scatenare la tempesta che, attraverso l’impennata dello spread, condusse alle dimissioni di Berlusconi. Ora l’offensiva potrebbe partire da Parigi.


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