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La sede della Banca d'Italia

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Lasciata la Banca d’ Italia nel 2011 per assumere la presidenza della BCE Mario Draghi è chiamato dopo poco più di nove anni alla guida del Paese per affrontare l’ emergenza che ha visto il precipitare della crisi politica nel pieno di quella economica e sanitaria.

Non è privo di significato andare con la memoria ad un importante atto del suo mandato di banchiere centrale quando, a meno da un anno dalla sua partenza, il 26 novembre 2009, alla presenza del Presidente della Repubblica presentò un importante lavoro della Banca d’Italia su “Il Mezzogiorno e la politica economica dell’ Italia”.

Le considerazioni e le riflessione in apertura di quei lavori meritano oggi di essere attentamente riprese per l’ attualità nell’ analisi a dieci anni di distanza e perché esse hanno ad oggetto il vero convitato di pietra – il Mezzogiorno- totalmente ignorato prima e durante queste giornate tanto incomprensibili ma dall’ esito ampiamente prevedibile e, direi, auspicabile.

In questi dieci anni l’ UE ha messo più volte in mora l’ Italia incapace di fare i conti con i motivi del proprio logorante declino che – sotto l’ improvviso e devastante impatto della pandemia- è ormai impossibile ignorare. A ben vedere il tema centrale che proprio l’ Europa pone all’ Italia nel concedere i famosi 209 miliardi del Recovery Fund, è proprio il coagulo di disuguaglianze, disgregazione, enorme spreco di potenzialità che hanno come principale -ma non solitario- nome “Mezzogiorno” e che, negli anni, hanno alimentato un generale pesante arretramento del Paese dando luogo a quel “secondo divario” con l’ UE del quale non è stato finora politicamente corretto parlare.

Se, quando partiva, Draghi dedicava al Mezzogiorno una preoccupata riflessione e proponeva un preciso prontuario di metodi e norme per confrontarsi con l’ ostinato dualismo economico e sociale, oggi le dinamiche del Sistema Italia segnalano con chiarezza il progredire di una deriva disgregatrice anche di parti rilevanti del Centro-Nord.

Dieci anni fa Draghi chiarisce la natura e la gravità del problema con valutazioni che sono oggi ancora più nette e preoccupanti: “Mentre le altre regioni europee in ritardo di sviluppo tendono a convergere verso la media dell’ area, il Mezzogiorno non recupera terreno”: questa era allora una verità oggi da aggiornare; infatti, non solo il Mezzogiorno non recupera ma a perdere invece rispetto a tutte le regioni dell’ Area UE sono tutte le regioni italiane nessuna esclusa e con una evidente accelerazione che non ha consentito a quasi nessuna di tornare ancor oggi ai livelli segnati nel 2007 appena prima della crisi finanziaria.

Quanto poi allo scenario interno “Il divario tra il Sud e il Centro Nord nei servizi essenziali per i cittadini e le imprese rimane ampio”, una pesante constatazione di allora da qualificare dopo dieci anni verificando che la distanza si fa ormai baratro per tutti i servizi essenziali, con l’ aggiunta che non è più evidente che “il divario deriva chiaramente dalla minore efficienza del servizio reso, non da una carenza di spesa”; su questo aspetto infatti il dettaglio dei Conti Pubblici Territoriali certifica che da anni ai persistenti divari di efficienza si sommano altrettanto evidenti divario di spesa.

Se “alla radice dei problemi …è carente quello che viene definito ‘capitale sociale'” oggi si conferma che ad alimentare questa carenza contribuisce il progressivo razionamento di quei servizi essenziali – scuola, salute, mobilità – che, come detta la Costituzione, sono fondamentali per l’ accumulazione di capitale sociale.

E’ quindi di assoluta chiarezza e del tutto condivisibile la stringente deduzione che l’ allora Governatore trae da quell’ analisi: “…le politiche regionali …non possono sostituire il buon funzionamento delle istituzioni ordinarie. Non è quella delle politiche regionali la via maestra per chiudere il divario tra il Mezzogiorno e il Centro-Nord. Occorre dirigere l’ impegno soprattutto sulle politiche generali, che hanno obiettivi riferiti a tutto il Paese…A Sud come a Nord lo scopo del nostro agire deve …..garantire una cornice, un clima uniformi nel Paese: scuole, ospedali, uffici pubblici che assicurino standard comuni di servizio da un capo all’altro dell’ Italia”
Questo cogente ed impegnativo proposito la cui conferma è il miglior viatico per un concorde impegno comune del Paese detta la linea di un PRRN, finalmente esplicitata con semplicità e chiarezza, che certamente troverà conferma di impegno e di azione nel Presidente Draghi.


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