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Allarme Sud: adesso sparisce anche l’agricoltura. Con un territorio poco industrializzato e il turismo messo in ginocchio dalla pandemia di Covid, sulle regioni del Mezzogiorno grava anche l’abbandono delle terre per uso agricolo, coltivate e coltivabili, che rischia di accrescere ulteriormente le distanze economiche con il resto del Paese.

Il ripudio della terra è un fenomeno che interessa in particolare Calabria e Sardegna, ma che non risparmia neppure il nord della Sicilia, la Campania e parte della Basilicata.

È il Centro studi e ricerche del Parlamento europeo a fare la mappatura delle regioni d’Europa per tasso di spopolamento dei campi, nella relazione prodotta per conto della commissione Agricoltura che accende un ulteriore riflettore sulla questione meridionale.

I RISCHI DIFFUSI

Non c’è dubbio che il disinteresse per agricoltura e pastorizia interessi un po’ tutti gli Stati membri della Ue, ma guardando l’incidenza dell’abbandono a livello regionale si possono osservare diversi “punti caldi” in tutto il territorio comunitario.

Per le regioni dell’Europa meridionale questi hotspot sono rappresentanti da «Sardegna in Italia e Appennino (Italia meridionale)». Il livello di rischio abbandono di terreni coltivabili è «elevato» in Campania, Basilicata e ancor più in Calabria. E sempre in Calabria si tende a lasciare le aree con colture permanenti.

Non finisce qui. Se si guarda all’utilizzo delle superfici nel loro complesso, quindi a livello generale a prescindere dalla loro destinazione d’uso, l’alto rischio di abbandono è riscontrato in larga misura nelle aree agricole eterogenee situate in tutta Europa. «Ciò è particolarmente visibile in Finlandia, Corsica, Italia». E’ il caso della Sicilia nord-orientale e della Sardegna centro-orientale.

POLITICA ASSENTE

Il documento di lavoro della commissione Agricoltura dell’Eurocamera inchioda gli amministratori locali alle loro responsabilità. Al Sud come altrove, «la complessità delle cause dell’abbandono dei terreni si evidenzia in una rete interconnessa di fattori biofisici, agricoli, strutturali, di mercato, regionali, istituzionali e politici».

Tra tutte queste cause, «i problemi di gestione e l’adeguamento strutturale restano i principali fattori che incidono sull’abbandono dei terreni». Mancano politiche di rilancio del territorio e, in un Sud già carente nel tessuto industriale, non puntellare il settore primario diventa un errore imperdonabile.

Si mette in risalto la scarsa attenzione della politica laddove si sottolinea che ci sono almeno tre fattori che «incideranno sulle attuali tendenze all’abbandono dei terreni», ossia cambiamenti climatici, globalizzazione dei mercati, una crisi sanitaria grave come quella del Coronavirus.

Mentre quest’ultima risultava difficile da prevedere, gli altri due fattori sono ormai un dato di fatto. Eppure poco è stato fatto per correre ai ripari, e i rischi per il made in Italy che il Sud offre alle tavole di italiani ed europei restano, in un momento in cui si dovrebbe premere sull’acceleratore.

CONSORZI ED ETICHETTE

Se da una parte il Parlamento europeo avverte dei rischi per l’agricoltura del Sud, dall’altra parte il Comitato europeo delle regioni invita tutti i Paesi del bacino del Mediterraneo a consorziarsi e sviluppare un’etichetta specifica per i prodotti mediterranei, con criteri che sanciscano la loro natura «sana e nutriente» al fine di promuovere la dieta mediterranea e rispondere con qualità e genuinità alla crisi prodotta dalla pandemia.

La proposta arriva dall’Assemblea regionale e locale euromediterranea (Arlem) del Comitato europeo delle Regioni. Prima firmataria della proposta il vicesindaco di Nizza, Agnès Rampa, consapevole che il riscaldamento globale giocherà un ruolo nell’acuire «le tensioni nell’area del Mediterraneo».

RISPOSTA SOSTENIBILE

Da qui l’esigenza di dare una risposta sostenibile che passa per il settore primario: «Dobbiamo agire per massimizzare gli effetti positivi dell’agricoltura». Le regioni dell’Italia meridionale sono chiamate a raccogliere questa sfida, e allora bisogna mettere in sicurezza gli appezzamenti e strapparli all’incuria.

Per il Parlamento europeo ci sono strumenti politici per riuscire in questo compito. Suggerisce in tal senso di migliorare le condizioni degli agricoltori attraverso programmi di istruzione e formazione, maggiore sicurezza finanziaria, e investimenti nell’infrastruttura rurale, da stimolare con «le sinergie tra i vari Fondi strutturali e di investimento europei e le politiche in materia di utilizzo dei terreni e di sviluppo regionale».


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