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Mario Draghi in Senato

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L’attuale Governo dà vita ad un provvedimento che già il prossimo 8 aprile darà le risorse a chi ne avrà diritto, cioè è come se il nuovo Governo avesse capito cosa sia il “fattore tempo”, e, al tempo stesso, tutti abbiamo potuto riscontare un sostanziale cambiamento nel linguaggio.

Non voglio fare una comparazione tra il Presidente Conte ed il Presidente Draghi ma appare evidente che l’attuale Presidente sta promettendo cose che può mantenere. Lo si capisce proprio da quella certezza con cui garantisce la disponibilità delle risorse entro e non oltre una data precisa; lo si capisce dal fatto che, finalmente, il provvedimento che ha varato il Governo, cioè il Decreto Legge, è già operativo e non bisogna aspettare i Decreti di concerto tra i Dicasteri, non bisogna aspettare i Decreti attuativi; in realtà siamo di nuovo, dopo molti anni, di fronte ad un “Governo”. Ed è interessante anche come il Presidente chiarisca quanto pesi il “debito pubblico” e cosa succederà con il ritorno del Patto di Stabilità.

Sul “debito pubblico” ha ribadito che è “necessario accompagnare le imprese e i lavoratori nel processo di uscita dalla recessione, non si possono, in simili fasi, chiedere soldi ma occorre dare i soldi non è il momento di guardare al debito”. In merito al Patto di Stabilità ha precisato: “le regole andranno sicuramente ridiscusse perché tutti i Paesi della Unione Europea sono stati e lo sono tuttora, martiri di un grave ed imprevedibile evento”.

Ma tutti lo aspettavano sulle cartelle esattoriali e tutti si attendevano una risposta elusiva, soprattutto un modo per evitare l’ammissione di un “condono”; invece Draghi ha apertamente ammesso che “la operazione varata sulle cartelle esattoriali, è un condono ed è un azzeramento di cartelle che testimoniano il mancato funzionamento dello Stato, infatti lo Stato ha permesso l’accumulo di milioni e milioni di cartelle che addirittura è difficile e complesso esigere per questo nel Decreto Legge ci sarà anche una piccola riforma della riscossione, del controllo e dello scarico”.

È continuato, in questa conferenza stampa, un confronto ben preciso tra un Presidente di una compagine di Governo sommatoria di distinti schieramenti ed un parterre di giornalisti che, giustamente, chiedeva e cercava di scoprire le possibili lesioni interne alla compagine, le prime avvisaglie di insofferenza a “stare insieme” e Draghi, quasi anticipando possibili approfondimenti sul comportamento dei singoli partiti nel varo del Decreto Legge, ha fatto una felice precisazione sulle “bandiere identitarie” dei partiti che vanno “distinte da quelle di buon senso e utili all’Italia e quelle che invece fanno danni”. In questo chiarimento c’è un concentrato del Draghi uomo della Pubblica Amministrazione, uomo della Finanza, uomo carico di un respiro internazionale, superiore, quindi, a logiche di schieramento.

C’è stata poi una domanda cattiva, una domanda che definisco addirittura “personale”; cioè “Se il Presidente tema o meno le aspettative”; tema, cioè il rischio, dopo una carriera encomiabile, di poter deludere e la risposta è stata immediata e secca: “Le aspettative non mi pesano”. In realtà una simile risposta denuncia da sola quanto sia inesistente la paura, anzi il terrore di deludere, in un Presidente che ha accettato questa difficile avventura solo perché ricco di una elevata “coscienza di Stato” e quindi, a mio avviso, è già questo un grande risultato, è già questo un motivo che vaccina abbondantemente tutti da possibili delusioni.

Seguendo tutte le domande e tutte le risposte si evince anche una chiara volontà del Premier e dell’intero Governo di voler essere direttamente in campo e soprattutto di non trasferire ad altri le proprie responsabilità e questa sensazione, ad esempio, traspare da alcune risposte su tematiche non facili specialmente ad appena un mese dalla definizione del Recovery Plan; in particolare in merito alla esigenza del Paese di dare vita a grandi scelte strategiche Draghi ha precisato: “I grandi programmi non sono congeniali con la emergenza, dobbiamo tornare prima alla normalità”; può sembrare una risposta che prende le distanze dai processi pianificatori di medio e lungo periodo, può, addirittura, apparire come una chiara volontà a disegnare scenari minimi e non capaci di modificare sostanzialmente il nostro assetto socio economico; in realtà nella risposta c’è una frase chiave “dobbiamo tornare prima alla normalità”.

Draghi sa bene che il blocco degli investimenti in infrastrutture per oltre sei anni non ha nulla a che fare con la normalità, Draghi sa bene che all’Unione Europea la prima cosa da chiedere, almeno per quanto concerne le infrastrutture, è la realizzazione degli anelli mancanti, dell’enorme numero di opere avviate ed ora ferme, dell’enorme numero di opere approvate e non avviate a realizzazione, dell’enorme numero di opere programmate sin dal 2001, cioè da venti anni, e, soprattutto per colpa dei Governi degli ultimi sei anni, mai trasformate in opere concrete. Quindi era scontata una simile risposta ed è bene ricordare che non significa essere contrari alla programmazione o alla definizione di scenari di medio e lungo periodo ma giustamente in questa fase è opportuno, almeno per il comparto della offerta infrastrutturale, completare, come detto prima, gli anelli mancanti di una pianificazione già approvata in passato, più volte ratificata, attraverso le Reti TEN – T, dalla stessa Unione Europea. In realtà in questa fase, ha precisato Draghi, è difficile cancellare del tutto il Codice Appalti ma in questa fase non possiamo ritardare minimamente una precisa strategia del Governo che si basa “sulla transizione digitale, sulla transizione ecologica e sull’apertura dei cantieri”. Sembra quasi che il Presidente del Consiglio non voglia e non intenda, in questa fase, distrarsi su azioni procedurali ma voglia essenzialmente, come detto prima, ritornare nella normalità.

Si è cercato poi di metterlo alla prova sui rapporti con la Unione Europea specialmente a valle delle discrasie esplose negli ultimi giorni sul blocco del vaccino AstraZeneca ed in genere sulla opportunità o meno di rispettare sempre le scelte della Unione Europea; anche in questo caso tutti erano convinti che la risposta sarebbe stata molto elusiva invece Draghi ha dichiarato: “Il coordinamento europeo è una finalità da traguardare ma se non dovesse esserci allora si fa da soli”. È un Draghi decisionista? è un Draghi alla ricerca di consenso? assolutamente no! È un Draghi che torna in Italia dopo sette anni alla Banca Centrale Europea in cui la parola “sudditanza da altri organismi” era sconosciuta, in cui la parola “attesa di ricevere una condivisione su scelte da prendere” non aveva alcun senso.

Con la stessa trasparenza e senza tentare forme poco leggibili ha risposto a chi ha chiesto cosa pensasse del ricorso al Meccanismo Economico di Stabilità (MES) ribadendo che “è opportuno essere pragmatici; con i tassi attuali non è necessario ricorrere al MES, quando avremo un Piano della Sanità allora decideremo se accedere o meno al MES”.

Infine c’è stata una domanda più che cattiva pericolosa, mi riferisco alla richiesta relativa all’orizzonte temporale dell’attuale Governo; in fondo una domanda quasi banale per chi vive in un Paese che cambia compagini di Governo con un ritmo di 12 – 13 mesi, ma nel caso specifico la domanda nascondeva tanti altri quesiti quali, solo a titolo di esempio: fra meno di un anno ci sarà la elezione del nuovo Presidente della Repubblica, l’arco della Legislatura è ancora lungo, una compagine così complessa e difficile può reggere tanti mesi, ecc. Draghi ha risposto subito: “L’orizzonte temporale del Governo lo deciderà il Parlamento, ora noi dobbiamo dare attuazione ad una serie rilevante di impegni e nel più breve tempo possibile”. Con questa precisazione è emerso ancora una volta il carattere estraneo ad ogni provincialismo, ad ogni gratuita logica poco adatta al ruolo istituzionale ricoperto ed è esplosa la sostanziale differenza con il passato, una differenza che ci fa gridare: è cambiata la musica. Rischiamo di essere delusi? non credo perché, a differenza del passato, Mario Draghi non ci sta illudendo.


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