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Il ministro dell'Economia Daniele Franco

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Al Mezzogiorno andrà una quota delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) «significativamente» superiore al 34%. Il piano del governo punta a mettere in campo un intervento organico su più fronti per aggredire la debolezza economica delle regioni meridionali e far ripartire il processo di convergenza tra il Nord e il Sud del Paese.

Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha tratteggiato la strategia per la ripartenza del Sud, che va di pari passo con quella del Paese, intervenendo in sede di replica a Montecitorio sulla Relazione della Commissione Bilancio sul Recovery Plan, mostrando un governo già in linea con le indicazioni della Camera illustrate ieri dal relatore Fabio Melilli in aula, dove la Risoluzione sul documento è stata poi approvata con 412 sì, 11 no e 44 astenuti.

Nel testo si mette nero su bianco la richiesta al governo di andare ben oltre la quota della popolazione meridionale nell’assegnazione delle risorse per poter intervenire sulle urgenze del territorio, tra cui Mellilli ha indicato il raggiungimento dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), da cui discende la necessità di superare «in maniera significativa la quota del 34 % di investimenti al Mezzogiorno, senza considerare in tale computo le risorse per gli interventi in essere».

Stessa indicazione che i senatori affidano alla Relazione delle Commissioni riunite Bilancio e Politiche Ue approdata nel pomeriggio nell’aula di Palazzo Madama – il voto è previsto per oggi – secondo cui la percentuale del 34% indicato nel Pnrr (il testo esaminato dalle Camere è quello approvato a gennaio dal governo Conte, ndr) «deve essere considerato come una quota minima, assolutamente da aumentare, al fine di costituire la giusta spinta per colmare i diversi divari in termini di offerta di servizi essenziali del Paese».

Nell’aula di Montecitorio, il ministro Franco ha affermato che il Pnrr «contribuirà a ridurre gli squilibri territoriali», operando con due modalità: «una diretta, attraverso il finanziamento di interventi localizzati nel Mezzogiorno e una indiretta, attraverso azioni di carattere trasversale che hanno un forte impatto sulle aree del Sud e delle Isole. Nel complesso – ha detto – le risorse destinate alle aree territoriali del Mezzogiorno supereranno significativamente la quota del 34%».

Il ministro ha sottolineato l’esigenza di un intervento organico: «Si interviene sulle infrastrutture, la scuola, gli asili nido, l’agricoltura, le pubbliche amministrazioni, la sanità. La debolezza economica delle regioni del Sud Italia – ha sostenuto – riflette una complessità di fattori che vanno affrontati con interventi su più fronti».

Dalla Camera al Senato, dove illustrando la relazione sul Recovery Plan, il presidente della Commissione Politiche Ue del Senato, Dario Stefano, relatore insieme a quello della Commissione Bilancio, Daniele Pesco, ha evidenziato che è proprio il Mezzogiorno «la ragione per la quale riceviamo più risorse di altri Paesi. E proprio per tale ragione – ha puntualizzato – la percentuale totale delle risorse e degli investimenti del Pnrr non dovrà in alcun modo essere pari o ancora inferiore al 34% per il Sud, come prevede la norma ordinaria, perché questa percentuale, legata alla popolazione, è bastevole a mantenere il gap, non a ridurlo. Abbiamo l’esigenza di rimettere insieme i pezzi di un’Italia ad oggi di fatto spaccata. Faccio riferimento, ad esempio, alla necessità che l’alta velocità colleghi tutta la dorsale adriatica e tutta la dorsale tirrenica della Penisola, alla centralità del Mediterraneo per lo sviluppo del sistema portuale che non può e non deve continuare ad essere declinato secondo solo i due hub di Genova e Trieste. Chiediamo infine interventi puntuali per rendere pienamente operative le Zes perché se procediamo alla realizzazione delle infrastrutture in quell’esagono, poi dobbiamo operare di conseguenza per permetterle di funzionare».

Nella Relazione, in particolare, il Senato chiede di «fissare espressamente questa destinazione di risorse nel Piano definitivo, in almeno parziale coerenza con i criteri di ripartizione delle risorse tra gli Stati membri (popolazione, inverso del Pil pro capite e tasso di disoccupazione) e con la finalizzazione del regolamento Rrf (Recovery and Resilence Facility) alla riduzione dei divari economici, sociali e territoriali nell’Unione europea». E chiede anche di fissare per ogni missione e progetto indicatori in grado di rivelare la distribuzione territoriale delle misure previste dal Piano.

«Alcuni programmi avranno una percentuale maggiore del 34 %, altri minore. Ma nel complesso la quota complessiva di risorse spettanti alle regioni del Mezzogiorno deve essere almeno pari al 34 % del complesso delle risorse del Rrf – si sottolinea -. Occorre inoltre chiarire quante e quali delle risorse che saranno destinate a finanziare progetti nel Pnrr andranno a sovrapporsi o sostituirsi rispetto a progetti già considerati e che possono essere considerati nell’ambito del Fondo per lo sviluppo e coesione, dei Fondi strutturali di investimento europei (Sei) o di altre fonti di finanziamento».

Nel valutare positivamente l’anticipo nel Pnrr di una quota, 21,1 miliardi, del Fondo di sviluppo e coesione (Fsc), il Senato stigmatizza lo scarso utilizzo dei fondi della programmazione 2014-2021 che per il Meridione – cui è destinato l’80% – si è tradotto in mancati interventi per 24,35 miliardi. Al di là, quindi, della parte impegnata nel Recovery, si suggerisce al governo di usare le risorse del Fondo per il finanziamento di quei progetti di investimento che non ricadono nei vincoli stringenti posti dal regolamento sul Rrf, come l’ammodernamento della rete stradale e autostradale o la costruzione di nuove tratte. Programmando le risorse subito la trasmissione del Piano a Bruxelles, in modo «da rendere complementari e sinergici i suoi effetti con quelli delle risorse del Pnrr, e anche con la programmazione 2021-2027 dei fondi Sie».

Accanto alla necessità di rendere strutturale la decontribuzione al Sud fino al 2029 e di procedere rapidamente all’Accordo di partenariato 2021-2027 sui fondi strutturali, nella Relazione si considera «prioritario» includere tra le cosiddette “riforme strutturali” previste nel Recovery Plan la definizione dei Lep e delle funzioni fondamentali. «Soltanto così – si sostiene – il Pnrr interviene sulle condizioni necessarie al recupero dei divari nella fornitura di servizi pubblici essenziali per il pieno esercizio dei diritti civili e sociali. Senza definizione dei Lep e delle funzioni fondamentali, è arduo individuare con quantità e qualità di progetti adeguati e conseguenti costi di funzionamento».


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