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L'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte

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Il Pnrr sembra aver definitivamente affossato il progetto della rete unica a guida Tim immaginato dal governo Conte. Draghi si è impegnato ad approvare entro il 13 luglio la nuova legge sulla concorrenza con l’obbligo di renderla annuale e non più sporadica come accaduta finora. Nata nel 2009 con il governo Berlusconi ha visto la luce solo nel 2017 e non è più stata ripetuta. 

Ora si ricomincia daccapo. Secondo le intenzioni ogni spinta monopolistica verrà spenta a priori. È indispensabile, infatti, che il piano rientri appieno nella strategia di Bruxelles che punta sulla competizione come fattore di sviluppo. Sul tavolo ci sono oltre quattro miliardi con possibilità di arrivare a sei. Difficile che gli uffici del commissario all’Antitrust Margrethe Vestager diano il via libera ad un’operazione che ricostruirebbe in Italia il monopolio delle telecomunicazioni abbattuto nel 1997 con la privatizzazione di Telecom. 

La prossima legge italiana per il mercato, si legge a pagina 104 del Pnrr conterrà misure per la realizzazione e gestione di infrastrutture strategiche fra cui in primo luogo le telecomunicazioni. Soprattutto nelle aree ancora non coperte del Mezzogiorno cui il premier ha dedicato una particolare attenzione nel corso della replica al Senato. Le norme saranno finalizzate, in primo luogo a rispettare la logica competitiva. Vuol dire escludere una architettura integrata verticalmente ma una struttura aperta a tutti gli operatori. Solo un cambio di marcia consentirà il più rapido e capillare sviluppo delle reti di telecomunicazione nelle aree ancora prive di copertura molto numerose nel Sud. Sia attraverso la riduzione degli oneri amministrativi per la loro installazione, sia stimolando la domanda di connessione alla banda ultra-larga.

«Protagonisti della tutela e della promozione della concorrenza sono la Commissione europea e l’Autorità Antitrus – si legge nel Pnrr – ma la concorrenza si tutela e si promuove anche con la revisione di norme di legge o di regolamenti che ostacolano il gioco competitivo. Sotto quest’ultimo profilo, si rende necessaria una continuativa e sistematica opera di abrogazione e modifica di norme anticoncorrenziali. Questo è il fine della legge annuale per il mercato e la concorrenza».

Insomma, con il peso crescente della concorrenza come fattore di rilancio economico anche in settori fortemente regolamentati come le Tlc, è davvero impensabile che l’Italia si metta di traverso, in contrasto con l’Europa, per difendere il progetto di rete.

Né va trascurato che il nostro Antitrust nelle raccomandazioni inviate a Draghi ha bocciato il progetto della rete di telecomunicazioni integrata verticalmente promuovendo il modello dell’architettura aperta. Una indicazione sicuramente molto gradita a Bruxelles. Più volte, infatti, Margrethe Vestager ha ripetuto che i fondi del Recovery Fund non possono in alcun modo finanziare un monopolio.  È soprattutto per questo motivo che il progetto rete unica, così come concepito nella lettera d’intenti firmata a settembre dal Tim e Cdp sembra uscito dai radar. Tanto più che l’imminente recepimento del nuovo codice delle comunicazioni delle comunicazioni da parte dell’Italia prevede incentivi per il modello di operatore apert come quello in Italia di Open Fiber.

In questo quadro diventa importante il riassetto della società della fibra attualmente controllata pariteticamente da Enel e Cdp. È atteso al consiglio di amministrazione della Cassa, convocato per oggi, il gradimento all’offerta del fondo Macquarie per la quota di Enel in Open Fiber. Lo scopo di Cdp, sempre secondo alcune fonti, è quello di arrivare alla migliore soluzione di governance con l’obiettivo di completare l’infrastrutturazione digitale del Paese.

Anche il cda di Open Fiber è chiamato a esprimersi sul gradimento dell’aspirante socio (in particolare è chiamato a esprimere un giudizio, alquanto scontato, di solidità su Macquarie). La convocazione a quanto si apprende, è prevista fra oggi e domani. L’operazione complessiva prevede il passaggio di Cdp in maggioranza di Open Fiber. La quota, compresa tra l’1 e il 10%, si andrebbe a sommare all’attuale 50 per cento. Tra le ipotesi anche quella di procedere con un aumento di capitale di Open Fiber. Il cda ordinario di Cdp servirà tra l’altro, per la convocazione dell’assemblea che dovrà rinnovare l’attuale consiglio di amministrazione.


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