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In fatto di solidarietà, non è certo una maggiore povertà a fermare il Sud. E nemmeno redditi più bassi e tassi di disoccupazione giovanile e femminile tra i più alti d’Europa. Al contrario, la carenza cronica sul territorio, solo aggravata dall’emergenza Covid, di servizi alla persona ed all’infanzia – asili, centri di assistenza diurni, centri sportivi e ricreativi – ha esaltato il ruolo del terzo settore soprattutto nel Mezzogiorno.

Se è vero infatti che i maggiori “sostenitori economici” del non profit si trovano al Nord, è al Sud che troviamo un maggior numero di enti, fondazioni e istituzioni benefiche rispetto al reddito prodotto e ai lavoratori, oltre che un numero maggiore di persone impegnate nel volontariato.

I numeri, di cui Il Quotidiano del Sud anticipa in esclusiva la parte relativa al Mezzogiorno – e che emergono dalla ricerca Cnel/Fondazione Astrid/Fondazione per la Sussidiarietà diffusa venerdì prossimo alla presentazione del volume “Una società di persone? I corpi intermedi nella democrazia di oggi e di domani” – sono incoraggianti: il ruolo del non profit cresce in Italia anche sotto pandemia. Un universo che oggi conta 375.000 istituzioni tra associazioni, fondazioni e cooperative sociali, in aumento del 25% in 10 anni. Gli italiani che partecipano ad attività associative sono 10,5 milioni, 1 su 5 tra chi ha più di 14 anni. Il valore della produzione è di 80 miliardi di euro e sfiora il 5% del pil. Gli addetti sono 900.000 (70% donne), ai quali si aggiungono 4 milioni di volontari.

Coloro che invece sostengono il terzo settore con contributi economici sono 6,7 milioni, il 13% degli over 14. Ma se il record di sostegni in denaro va al Trentino Alto Adige, dove a contribuire è il 27% degli over 14, seguito da Friuli Venezia Giulia (21%) e Valle d’Aosta (20%) ed in coda restano Sicilia (6,1%), Campania (7,4%) e Calabria (7,5%), Sud e isole – pur scontando uno storico svantaggio economico – sono animate da un forte spirito di solidarietà e di impegno in attività non profit. E nonostante il minor reddito pro-capite, mostrano una grande vivacità nell’associazionismo.

Le istituzioni del terzo settore di Sud e isole rappresentano infatti come numero il 27% del totale nazionale, mentre nelle stesse aree il prodotto interno lordo raggiunge solo il 22% e gli addetti rappresentano solo il 21% dell’intera penisola.

In queste aree, c’è dunque un maggior numero di enti, fondazioni e istituzioni del terzo settore rispetto al reddito prodotto e ai lavoratori.

Tutto ciò si spiegherebbe anche con il ruolo chiave che questi soggetti svolgono, a fianco degli enti pubblici, nel fornire servizi alle persone, specie per l’assistenza, l’educazione e la disabilità. Anche se il maggior reddito pro-capite nel Centro-nord relega Sud e isole in coda nella “classifica” per numero di persone che danno ogni anno un contribuito in denaro alle associazioni.

Le regioni del Sud recuperano per numero di persone attive nel volontariato: in Basilicata, svolgono questo tipo di attività 10 persone su 100 e in Puglia 9 su 100. Livelli simili a quelli di regioni del nord, che godono però di una situazione economica e sociale migliore.

“Sud e isole hanno da sempre una straordinaria vitalità nell’associazionismo – afferma Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà – una vocazione storica legata alla socialità tipica della cultura locale, ma anche un patrimonio costruito nel tempo come elemento sussidiario al welfare pubblico. Nella pandemia il terzo settore è stato un argine alla povertà e alla criminalità”.

La ricerca – alla cui presentazione interverranno gli autori Tiziano Treu, presidente CNEL; Franco Bassanini, presidente Fondazione Astrid; Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà ed Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità e la famiglia – conferma che la penisola è uno dei Paesi con più “vitalità sussidiaria” in Europa, con un’associazione ogni 160 abitanti. Due terzi delle istituzioni non profit (65%) operano in cultura, sport e ricreazione; seguono assistenza sociale e protezione civile (9%), relazioni sindacali e imprenditoriali (6%), religione (5%), istruzione e ricerca (40%) e sanità (4%).

“Questa nuova ricerca – sottolinea Franco Bassanini – fa emergere il ruolo cruciale delle comunità intermedie in un mondo in rapida trasformazione.  Nel quale la globalizzazione e le tecnologie digitali, e ora la pandemia, producono frammentazione e atomizzazione. Ma nel quale è sempre più evidente che solo la rivitalizzazione della trama delle comunità intermedie consentirà di far fronte alle sfide della sostenibilità sociale e ambientale e alla crisi di legittimazione e rappresentatività dei nostri sistemi democratici, indeboliti dalle pratiche illusorie della disintermediazione politica e sociale”.

“Il terzo settore rappresenta una risorsa di enorme valore per il Paese, come abbiamo sperimentato durante l’emergenza sanitaria e nei mesi difficili del lockdown – dichiara Tiziano Treu –  e avrà un ruolo strategico anche nell’attuazione del PNRR”.


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