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Christine Lagarde e Mario Draghi

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I listini europei chiudono la seduta sopra la parità, con Parigi la più convinta che guadagna l’1,16%, seguita da Londra +0,85%, Francoforte +0,75% e Milano +0,59% a quota 24.107. Una piccola boccata d’ossigeno dopo la perdite del 3,4% di lunedì. Domina la volatilità con gli investitori che si interrogano sulle prospettive della ripresa, anche alla luce della diffusione della variante Delta che sta imponendo una serie di restrizioni in alcuni stati.

Da una parte le previsioni rimangono positive, ma dall’altra sale il timore che una nuova ondata di Covid-19 possa ingessare l’economia. Resta anche il rebus sulle mosse delle banche centrali, che intanto monitorano attentamente l’andamento dell’inflazione. Qualche indicazione potrebbe emergere dalla riunione di domani della Bce.

Infatti la pubblicazione la scorsa settimana dei risultati della revisione strategica ha riacceso l’interesse per l’ultima riunione del Consiglio direttivo prima della pausa estiva. In precedenza era considerata per lo più come una tappa di trasferimento in attesa del meeting di settembre quando saranno rese note anche le stime macroeconomiche sul 2021. L’introduzione del nuovo target di inflazione, non più “vicino ma sotto il 2%” ma 2% con approccio “simmetrico”, rende infatti necessario modificare anche le previsioni.

La formula attuale afferma che il Consiglio direttivo si attende che i tassi di interesse restino su livelli pari o inferiori a quelli attuali finché le prospettive di inflazione non convergeranno saldamente su un livello sufficientemente prossimo ma inferiore al 2% nell’orizzonte di proiezione e tale convergenza non si rifletterà in maniera coerente nelle dinamiche dell’inflazione di fondo.

La modifica, e le dichiarazioni che la presidente Christine Lagarde farà poi in conferenza stampa, potrebbero fare maggiore chiarezza su quanto è cambiato davvero con la nuova definizione dell’obiettivo di inflazione. In molti ritengono infatti che la nuova definizione non faccia altro che formalizzare quanto avveniva già nella realtà da quando l’ex presidente Mario Draghi aveva introdotto il concetto di approccio simmetrico nel suo discorso a Sintra nel 2019.

Per altri osservatori invece aver eliminato la parola “sotto” dall’obiettivo di inflazione ha di fatto concesso maggiore agio alla Bce e aperto la porta a una politica espansiva ancor più dichiarata che potrebbe tradursi in un impegno a misure di sostegno spalmate in un orizzonte più lungo considerato che l’attesa di inflazione per il 2023 è solo all’1,4%. In quest’ottica saranno esaminati con grande attenzione tutti i riferimenti al Pepp, il programma di acquisti da 1.850 miliardi che dovrebbe giungere a scadenza nel marzo del 2022.

Anche in questo caso potrebbero esserci novità sulle prossime mosse perché la formula attuale afferma che il programma durerà “almeno fino a marzo 2022” o comunque fino a quando durerà l’emergenza pandemica. Dato il netto miglioramento dell’economia, potrebbe ora rendersi necessaria una precisazione su quando potrebbe essere dichiarata finita questa emergenza e iniziata la fase della ripresa. Diversi osservatori in quest’ottica ritengono che la Bce potrebbe trasferire agli inizi del prossimo anno parte della flessibilità del Pepp all’App, il programma di acquisti che rappresenta il cuore del quantitative easing tradizionale.

A questo scopo sarà molto importante capire quanto consenso ci sarà in seno al Consiglio direttivo considerato che già a giugno alcuni governatori avevano spinto per una riduzione del ritmo di acquisti. Potrebbe esserci una resistenza considerevole da parte di alcuni esponenti del Consiglio direttivo, e dunque qualsiasi decisione potrebbe non essere unanime” (cosa di cui, come ha detto lei stessa, non stupirebbe neanche Christine Lagarde).

L’ultima parola resta comunque alla presidente francese che dopo la riunione di giovedì si pronuncerà nella tradizionale conferenza stampa, con possibili nuove indicazioni anche sull’impatto della ripresa dei contagi sulle economie. Una previsione che condizionerà direttamente le prossime scelte Bce. A dare il segnale della sveglia ai mercati, come sempre è stata anche Wall Street, dove gli gli indici che hanno accelerato nel corso della giornata e sembrano orientati a cancellare quasi completamente le forti perdite messe a segno lunedi.

Ieri invece gli investitori hanno preferito concentrarsi sugli utili aziendali. A cominciare da Ibm i cui ricavi del secondo trimestre hanno messo a segno la più forte crescita degli ultimi tre anni. Aiuta anche il rialzo dei prezzi del petrolio (+1,04 a 67,11 dollari al barile) dopo che ieri i timori di nuovi lockdown e di freni alla richiesta di energia avevano comportato notevoli ribassi. 


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