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Se la pandemia ha in qualche modo “unito” il Nord e il Sud del Paese nella sofferenza economica che si è tradotta in un calo di Pil più o meno omogeneo, all’appuntamento con la ripresa le due Italie si ritrovano separate da circa due punti, con il Centro Nord che a fine 2022 avrà recuperato integralmente il Pil perduto nell’annus horribilis del Covid, mentre il Mezzogiorno dovrà ancora recuperare circa 1,7 punti, che andranno a sommarsi ai 10 persi negli anni della lunga crisi 2008-2013.

Nel 2021 il Pil italiano dovrebbe aumentare del 4,7%, nel Centro Nord la crescita dovrebbe essere ancora più accentuata, segnando + 5,1%, mentre il Sud dovrebbe fermarsi al +3,3%.

E’ il quadro che Svimez descrive nell’anticipazione del rapporto 2021 illustrato ieri alla Camera dei deputati dal direttore e dal presidente dell’associazione, Luca Bianchi e Adriano Giannola.

LO SHOCK COVID SULL’ECONOMIA ITALIANA

Lo shock pandemico ha colpito un Paese che, fin dagli anni Duemila, si era progressivamente allontanato dall’Europa e che nel 2019 doveva ancora recuperare 3,6 punti di Pil rispetto ai livelli pre 2008, mentre i suoi partner europei viaggiavano sul +12%, con la conseguente cristallizzazione di un doppio divario: Italia-Europa e Nord-Sud.

Il crollo del Pil italiano provocato dal Covid è stato di 3 punti superiore alla media europea (-8,9% contro -6,1%), mentre, a differenza di quanto avvenuto con la crisi precedente, a livello territoriale è stato sostanzialmente omogeneo: – 8,2% in media le regioni meridionali, -9,1% quelle settentrionali, con un picco del 9,4% nel Nord Est e una dinamica del Centro in linea con la media italiana. Il crollo della attività economiche, sottolinea Bianchi, si è trasmesso solo in parte sulle famiglie grazie alle misure di sostegno messe in campo dal governo, dall’ampliamento della Cig e del Reddito di cittadinanza, dal Rem ai ristori e ai bonus: la riduzione del reddito disponibile è stata del 2,1% al Centro, del 2,8% nel Mezzogiorno e del 4,2% nel Nord Est. La crescita della spesa delle amministrazioni pubbliche (+1,2% in Italia, +1,4% nel Mezzogiorno) ha tamponato il crollo della domanda privata. Il calo della domanda estera ha colpito più il Centro Nord (-9,1%, con il Nord Ovest a -10,6%), meno il Mezzogiorno (-6,1%), le cui imprese sono meno aperte ai mercati.

LE RICADUTE SUL MERCATO DEL LAVORO

Sul mercato del lavoro il Covid sembrerebbe aver avuto un impatto abbastanza simile a livello territoriale: -2% il dato del Mezzogiorno, -1,9% quello del Centro-Nord. Ma sono le donne e i giovani meridionali a subire l’impatto occupazionale maggiore nella crisi pandemica: -3,0% a fronte del -2,4% del Centro-Nord per le donne; -6,9% a fronte del -4,4% del Centro-Nord Sud per i giovani under 35.

Intanto il Mezzogiorno tra il 2008 e il 2020 sono andati in fumo 420mila, mentre nel resto del Paese il numero degli occupati è aumentato di 68mila unità. E nel futuro prossimo, secondo Bianchi, si delinea «un’area di rischio» popolata da circa 235mila persone, di cui 150mila dipendenti da 11 mesi in Cig a zero ore, di cui un terzo nel Mezzogiorno, due terzi nel resto del Paese; e circa 80mila autonomi, il 50% al Sud. A conti fatti, «nel Mezzogiorno – ha affermato il direttore di Svimez – sono a rischio 90-100mila posti di lavoro». Numeri che, da Nord a Sud, andrebbero a sommarsi ai 735mila posti cancellati dal Covid in un anno.

E’ aumentata la povertà, soprattutto nelle regioni del Nord, ma l’incidenza resta comunque più elevata al Sud: circa il 40% delle famiglie (775 mila) e delle persone (2 milioni 259mila) in povertà assoluta vivono nelle regioni meridionali, dove è aumentata anche tra le famiglie in cui la persona di riferimento ha un’occupazione.

LE PREVISIONI PER IL 2021-2022

Il 2021, come detto, dovrebbe segnare il rimbalzo dell’economia italiana, lasciando comunque il Sud circa due punti indietro rispetto al Centro Nord. A trainare la crescita l’export e gli investimenti, che spingono soprattutto il Centro Nord. Gli investimenti, ridotti all’osso prima del 2020, dovrebbero quasi azzerare nel 2021 la perdita registrata l’anno precedente: al Centro Nord +8,4%, trainati dai macchinari; al Sud + 7%, grazie alla spesa in costruzioni, opere pubbliche comprese. Nel 2022, la crescita attesa del Pil si attesta sul 4% a livello nazionale, sopra la media il Centro Nord con + 4,3%, sotto il Sud con +3,2%.

Per Bianchi, «questa minore attesa di rimbalzo del Mezzogiorno rispetto al Centro Nord è dovuta all’indebolimento complessivo del tessuto produttivo meridionale, soprattutto nel corso della precedente lunga crisi. Basti considerare che tra il 2019 e il 2020 lo stock di capitale lordo di industria e servizi nel Mezzogiorno è diminuito del 22,7%: è stato perso quasi un quarto del capitale produttivo che sarebbero le imprese su cui dovremmo costruire la ripresa. Mentre nel Centro Nord è cresciuto del 5,1%». Il gap, ha sottolineato, «è quindi destinato a rimanere se non si aggredisce questo nodo. Bisogna ricostruire la capacità produttiva del territorio e per questo gli investimenti sono fondamentali».

L’IMPATTO DEL PNRR

Svimez ha stimato l’impatto sui territori delle misure adottate dal governo (legge di Bilancio e decreti Sostegni) considerando anche il contributo del Pnrr e del Fondo complementare pari a 9 miliardi per il 2021 e 40 nel 2022: insieme dovrebbe contribuire alla crescita cumulata del Pil nel biennio considerato per il 4,1% nel Sud e per il 3,7% nel resto del Paese (3,8% il dato italiano). «Un differenziale a favore del Sud – si sottolinea nel rapporto – che non compensa la più debole dinamica tendenziale del Mezzogiorno mostrandosi dunque insufficiente a garantire un sentiero di convergenza almeno nel biennio considerato». «La divaricazione nella crescita tra Nord e Sud – ha puntualizzato Bianchi – avviene nonostante un contributo alla crescita del Pil attraverso gli interventi statali superiore nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord».

«Il rapporto Svimez conferma le stime del Mef sull’impatto del Pnrr sul Pil del Mezzogiorno, smentendo i professionisti della polemica», ha commentato Mara Carfagna, ministra per il Sud e la Coesione territoriale, considerando che investimenti e riforme del Piano «produrranno una crescita del prodotto interno lordo del 24% in 5 anni, maggiore della media nazionale (15%). Il contributo del Pnrr segnerà la ripartenza, ma, ha riconosciuto la ministra, «non riuscirà a invertire la tendenza di un Sud “più lento” del Nord nella crescita: partiamo, purtroppo, da una situazione produttiva strutturalmente svantaggiata. Ma nel medio periodo l’impatto del Piano – questa è la nostra sfida – dovrà e potrà produrre anche questa svolta: far crescere il Mezzogiorno più del resto d’Italia per concretizzare il recupero di storiche diseguaglianze».

Svimez, intanto, ha sottolineato la necessità di affrontare il limite “strutturale” nella programmazione del Pnrr che richiede strumenti per il monitoraggio dei processi di spesa e di accompagnamento nell’attuazione in capo alle amministrazioni locali, onde evitare si mettano a rischio le risorse proprio dove se ne avverte più il bisogno.

Per l’associazione c’è poi il tema della ripartizione territoriale degli 82 miliardi destinati al Mezzogiorno (il 40% dei 206 miliardi territorializzabli) per singole linee di intervento e la necessità di garantire l’effettiva allocazione dei fondi nel Mezzogiorno, e in questo senso va il vincolo normativo introdotto con il Dl Semplificazione, che blinda al Quota Sud anche sui bandi.

LA DINAMICA REGIONALE

Il rapporto ha analizzato anche la “reazione” delle singole regioni di fronte alla crisi e alla ripartenza. Ad esempio, il Centro Nord, “reduce” da un crollo del Pil superiore alla media nazionale (- 9,8% a fronte del -9,4%) segna quest’anno un significativo recupero, con Emilia Romagna, Lombardia e Veneto a fare da traino – con una crescita del Pil superiore a quella dell’area e dell’intero Paese – accrescendo la distanza dalle altre regioni, Piemonte compreso. Le altre regioni dell’area mettono in luce la “questione Centro” ormai “secondo Mezzogiorno”, con la sola Toscana ad allinearsi alla media territoriale.

Guardando al Mezzogiorno, le previsioni regionali per il 2021 stimano per Abruzzo, Campania e Puglia una crescita del Pil superiore al 3% della circoscrizione (attestandosi, rispettivamente al +4,6%, +4,2% e +3,5%), seguono Sardegna (+3,2%), Basilicata, Molise e Sicilia con un +2,8% e la Calabria a fare da fanalino di coda con +2,1%.


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