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Adriano Giannola, presidente Svimez

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Come prevedibile le anticipazioni SVIMEZ relative al prossimo Rapporto 2021 confermano lo slogan che rappresenta la migliore sintesi delle vicende nazionali degli ultimi venti anni: “Nord e Sud uniti nella crisi, divisi nella ripartenza”.

Ammesso e non concesso che i non esaltanti tassi di crescita del 2021 legittimino di parlare di ripartenza non fosse altro perché, alla fine del non vicinissimo 2022, mentre ben poche regioni avranno recuperato il salto all’indietro del 2020, con quasi matematica certezza- per tutte le regioni del Mezzogiorno e non solo per loro quello sarà ancora un miraggio.

Il test della SVIMEZ effettuato con il modello econometrico NMDOS-REGIO per tutte le regioni italiane ha rilevanza per tarare l’ avvio e programmare il “dosaggio” del PNRR: il che indurrebbe a guardare con molta attenzione ai contenuti più che alle famigerate quote sulle quali sembra impiccarsi l’ anemico dibattito. Anemico perché di strategia non si parla, si prospetta il complicato rebus di una governance multi livello per un intervento che più straordinario di così non potrebbe essere non considerando quanto poco straordinari siano gli strumenti che –magari per decreto- vengono messi in campo.
Le anticipazioni, si limitano a valutare, in corsa, il cosiddetto “rimbalzo”. Per quanto certificano, esse invitano alla più grande cautela sull’affidabilità di uno dei due attributi del piano: quello della resilienza e – direi- anche quello della “resistenza” del mosaico che compone il Sistema Italia sottoposto allo stress della pandemia. Un sistema che –ricordiamolo- nel 2019 non aveva recuperato –al Sud e al Nord- le macroscopiche conseguenze della crisi del 2008.

L’evidenza è chiara. Anche mettendo in conto una piccola parte di risorse impegnate entro il 2022 dall’avvio de PNRR, solo Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, riescono a toccare la sponda della vasca nel 2022, tutte le altre ancora debbono nuotare nel 2003 per tirarsi fuori dall’acqua. Cosa fanno gli altri 27 Paesi dell’ Unione intanto? Non pare davvero il caso di parlare di un’ economia “che ha messo il turbo” dimenticando –ad esempio- che nel Mezzogiorno è a rischio o più probabilmente si è già perso in pochi mesi un altro 22% di capacità produttiva.

Il PNRR ai blocchi di partenza non dovrà quindi fare troppo affidamento né sulla resistenza né sulla resilienza; deve invece rigorosamente puntare alla R della Rinascita.
Impresa tutt’ altro che facile, che meriterebbe certo una opportuna analisi di dettaglio che confligge con l’ urgenza di bruciare i tempi e che non consiglierei di surrogare con la generosa fede nella risolutiva salvifica “stagione delle riforme”. Essa –con buona pace dei credenti- non può annullare la esigenza di esplicitare i termini di quell’indispensabile mutamento della navigazione del Paese -Nord e Sud- indispensabile per evitare di approdare tutto intero alla categoria delle economie in ritardo di sviluppo.


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