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Il ministro per l'Economia Daniele Franco

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LO STATO si prepara a diventare azionista di Unicredit a seguito della fusione con Mps. Lo ha annunciato il ministro dell’Economia, Daniele Franco, in audizione di fronte alle Commissioni riunite Finanze di Senato e Camera sui recenti sviluppi della vicenda Montepaschi. La quota di partecipazione non è stata definita: dipende dalla valutazione che sarà data alle azioni del gruppo toscano (di cui lo Stato detiene il 64%) al momento dell’incorporazione in Unicredit. Secondo gli analisti si tratterà di una quota compresa fra il 4 e il 5%, che darebbe allo Stato il ruolo di primo azionista italiano e tra i primi in assoluto, considerando che in testa al libro soci c’è il fondo americano Blackrock con il 5,008%.

Nessuno degli altri grandi azionisti italiani ha più del 3%. Il ministro ha garantito che anche con l’ingresso dello Stato non ci saranno alterazioni sulla governance: «Lo Stato – ha detto – parteciperà comunque a tutti i benefici economici in termini di creazione di valore derivanti dall’operazione». La puntualizzazione di Franco sulla presenza pubblica in Unicredit si è resa necessaria per schivare le accuse arrivate in questi giorni. «Non ci sarà svendita di una proprietà dello Stato» ha ribadito.

L’IMPEGNO E LE TUTELE

La cessione a Unicredit è necessaria  perché «l’esito dello stress test conferma l’esigenza di un rafforzamento strutturale di grande portata» e di «un aumento ben superiore a quello previsto dal piano 2020-2025» da 2,5 miliardi di euro.  «Se la banca restasse soggetto autonomo, sarebbe esposta a rischi e incertezze considerevoli e avrebbe seri problemi – ha aggiunto – e non si ravvisano le condizioni per una interlocuzione» con l’Unione europea per cambiare le condizioni che prevedono la dismissione da parte del Mef. In ogni caso «non vi sono al momento indicazioni» che facciano intravedere rischi di smembramento.

«Le attività escluse, per ora, sono individuate nei crediti deteriorati per circa 4 miliardi al lordo delle rettifiche», ha detto Franco, oltre al contenzioso giudiziale e stragiudiziale di carattere straordinario in essere, nei contenziosi e rischi legati alle cessioni a terzi dei crediti deteriorati. Grande attenzione sarà posta al problema dell’occupazione.

Il Monte ha oltre 21 mila dipendenti: il governo garantirà la tutela dei lavoratori e definirà presidi sul territorio attraverso una pluralità di iniziative. Tanto più che «non vi sono al momento elementi che facciano intravedere rischi di smembramento della banca».  Bocciata anche la gestione dell’ad Guido Bastianini.   Il nuovo piano di Mps è stato «predisposto tenendo in considerazione gli impegni assunti con la commissione Ue,  ma presenta alcuni obiettivi non conformi». Il marchio verrà salvaguardato per il suo valore storico e commerciale.  

FILONE GIUDIZIARIO

Prosegue, intanto, il filone giudiziario legato ai bilanci del Monte nelle due sedi di Milano, col processo agli ex vertici della banca (Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, condannati in primo grado, sono ricorsi in appello) per le perdite sui crediti deteriorati, e di Brescia. In questo secondo caso i pm milanesi, Giordano Baggio, Stefano Civardi e Mauro Clerici sono indagati dalla procura della città lombarda per le vicende relative all’inchiesta Mps condotta dai tre magistrati sempre in relazione agli Npl. Il fascicolo, assegnato alla pm Erica Battaglia, come riporta La Stampa, è in fase di indagine preliminare e lo scorso 15 luglio è stata chiesta la proroga delle indagini.

L’ipotesi di reato è l’omissione di atti d’ufficio. E su questi procedimenti si inserisce il caso del professor Francesco Mucciarelli, difensore dei manager Profumo e Viola a Milano e, secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera, anche del procuratore di Milano, Francesco Greco, iscritto nel registro degli indagati a Brescia con l’ipotesi di «indagini ritardate» per il caso Amara. Una lettera appena inviata da Giuseppe Bivona, co-fondatore di Bluebell Partners, spedita, fra gli altri, alla Procura della Repubblica di Brescia, al presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, al Consiglio superiore della magistratura e al ministro della Giustizia, Marta Cartabia, mette in risalto come lo stesso professionista abbia accettato la difesa di tre persone di spicco in due procedimenti piuttosto delicati.

LA LETTERA DI BIVONA

Nella lettera è scritto che Bivona si era lamentato «di aver informato personalmente il dottor Francesco Greco, in un incontro tenutosi nel suo ufficio il 3 aprile 2014, della grave manipolazione dei bilanci di Mps all’epoca ancora in corso per effetto della contabilizzazione di miliardi di derivati come Titoli di Stato ad opera degli allora vertici apicali Profumo e Viola (poi effettivamente condannati ad ottobre 2020 in primo grado a sei anni di reclusione più severe pene accessorie)».

Dopo l’incontro avvenuto il 3 aprile 2014, nel corso del quale Bivona aveva consegnato a Greco una «dettagliata memoria, il sottoscritto aveva inoltrato 47 comunicazioni alla Procura della Repubblica di Milano prima che soltanto nel gennaio 2016 la Procura di Milano si decidesse… a iscrivere i signori Profumo e Viola nel registro degli indagati, salvo ricercarne caparbiamente l’archiviazione, il non luogo a procedere e da ultimo l’assoluzione».


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