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Matteo Salvini e, sullo sfondo, il premier Mario Draghi

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Diciotto mesi, un anno e mezzo dopo l’ok del Parlamento alla delega al Governo per adottare uno o più decreti legislativi per riformare il fisco. Il premier Mario Draghi preme sull’acceleratore e porta in Consiglio dei ministri – dopo le elezioni come promesso – la legge delega che si basa sul lavoro delle commissioni Finanze di Camera e Senato, debitamente ringraziate a nome dell’esecutivo dal ministro dell’Economia Daniele Franco. I ministri della Lega non sono presenti alla riunione di Palazzo Chigi.

Il partito di Salvini, ancora frastornato dal voto di domenica chiede tempo per analizzare i contenuti della delega fiscale, lascia la cabina di regia e non prende parte al consiglio dei ministri. Vuole che sia tolta la revisione degli estimi catastali per puntare sull’emersione degli immobili non accatastati. Il solito sistema di aggirare i problemi imputando le risorse che mancano al contrasto dell’evasione fiscale. Una maniera per non intaccare il consenso. Chiudere i saldi con i proventi della lotta agli evasori è una finzione buona solo sul piano politico.

«Per noi – spiega un ‘big’ del partito di via Bellerio – questa riforma è invotabile». Lo strappo leghista riguarda anche una questione di metodo. I ministri di Salvini lamentano di aver ricevuto il testo un’ora prima della cabina di regia che ha preceduto il consiglio dei ministri: “non è serio”, è il ragionamento, votare “sulla fiducia”, senza avere avuto modo di leggere i testi. Tra i dubbi sollevati nello specifico sul fisco anche quello delle coperture necessarie per dare attuazione alla riforma dell’Irpef.

Per smussare gli angolo Draghi e il ministro Franco hanno presentato un testo molto snello: dieci articoli che vanno dalla riforma di Irpef e Iva a quella del catasto, che sarà completata entro il 1 gennaio 2026. Nero su bianco la promessa fatta dal premier nei giorni scorsi: le informazioni aggiornate delle rendite catastali, che saranno adeguate a quelle di mercato, ’non saranno utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali, come si legge nel testo.

«È un’operazione fondamentalmente di trasparenza, che ha un contenuto statistico e informativo molto importante ma non cambia assolutamente l’imposizione fiscale sulle case e sui terreni», spiega Draghi.

In realtà il tema della tassazione sul mattone è marginale nell’impianto della riforma. Segue le indicazioni che arrivano da tutti i centri di analisi internazionale come l’Ocse. Bisogna alleggerire il carico fiscale sul lavoro per favorire l’assunzione di giovani e di donne. Fermarsi solo su un pezzo del disegno, come vuol fare la Lega, appare strumentale. Il nostro sistema fiscale, spiega Franco, «è stato disegnato 50 anni fa, nei primi anni ’70, dopodiché ci sono state molteplici innovazioni, ma il disegno va aggiornato».

Uno degli obiettivi chiave è la lotta all’evasione, che sottrae – secondo gli ultimi rapporti – circa 100 miliardi l’anno. «Non abbiamo un target, idealmente è quello di azzerare l’evasione, ma è un obiettivo ideale – aggiunge il ministro – Credo che continuare ad abbatterla di anno in anno per alcuni miliardi sarebbe un buon risultato, ma dobbiamo essere molto realisti e non fissare degli obiettivi che siano irraggiungibili. Dobbiamo essere ambiziosi ma coerenti e vedere strada facendo cosa riusciamo ad ottenere». Per quanto riguarda l’Irpef, si prevede la riduzione delle aliquote che colpiscono soprattutto il ceto medio, anche al fine di incentivare l’offerta di lavoro e partecipazione al mercato del lavoro, con particolare riferimento ai giovani e ai secondi percettori di reddito, nonché l’attività imprenditoriale e l’emersione degli imponibili. Si punta anche a ridurre gradualmente “le variazioni eccessive delle aliquote marginal”.

L’Ires, non dovrà più essere un ostacolo alla crescita dimensionale delle imprese e garantire semplificazione e stabilità del sistema. «Si va verso il completamento del sistema duale – spiega Franco – con una tassazione proporzionale per i redditi da capitale che tendenzialmente in futuro dovrà muovere verso un’unica aliquota». L’Irap andrà gradualmente superata, «attraverso l’assorbimento del gettito in altre imposte o con coperture».

Sull’Iva si stabilisce l’obiettivo di razionalizzare la struttura dell’imposta, «attualmente abbiamo una struttura che ha una aliquota ordinaria al 22%, una ridotta al 10 e altre due aliquote al 4 e 5%», dice il titolare del Mef spiegando di voler ripensare questa struttura per semplificare la gestione del tributo e a ridurre i livelli di evasione – oltre 30 miliardi l’anno. Complessivamente, l’obiettivo è «un sistema efficiente e meno distorsivo» che mantenga la progressività «che deve restare per motivi di giustizia ed equità».


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