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Mara Carfagna

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In prima battuta sceglie il canale “social” Mara Carfagna, ministra per il Sud e la coesione territoriale, per smontare la rediviva polemica sullo scippo dei fondi al Mezzogiorno nella ripartizione dei fondi del Pnrr. Una polemica, si sottolinea, che riporta le lancette indietro di mesi e, come già dimostrato, si basa su calcoli sbagliati.

Mentre al ministero i tecnici riprendono in mano carta e penna (e calcolatrice) e tornano a dimostrare l’infondatezza della tesi secondo cui nella “cassa” del Sud verrebbero a mancare sette miliardi, su Twitter Carfagna passa al “contrattacco”: «Chi lavora per sminuire la svolta del Pnrr al Sud lavora contro il Sud. Chi dice che non cambierà niente, non vuole cambiare niente. Ma sono certa che prevarrà l’altro Sud, che non fa polemica, legge le carte e si prepara a usare bene quegli 82 miliardi per migliorare la vita di tutti». Segue l’invito a «distinguere tra bugie e verità».

La questione riemerge tra le pagine di Repubblica, con in particolare il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che tra le altre cose mette in dubbio l’effettiva destinazione al Mezzogiorno del 40% delle risorse, e quello della Puglia, Michele Emiliano, che ammonisce al rispetto del “vincolo”.
Intanto, calcolatrice alla mano si torna a fare i conti e si spiega: i sette miliardi in questione sarebbero il risultato di un calcolo effettuato applicando la percentuale del 40%, la quota Sud blindata ora anche per legge, all’ammontare complessivo delle risorse del Recovery plan italiano, pari a circa 222 miliardi (221,1 per la precisione), tra i 191,5 del Pnrr e i 30,6 del Fondo complementare. In questo modo il display segna 88,8.

Ma la base di calcolo è sbagliata: bisogna considerare le risorse territorializzabili che sono – e sono sempre state, si sottolinea – 206 miliardi, in questo modo il risultato è 82 miliardi.

Stando così le cose, si ribadisce, i 7 miliardi mancanti – la differenza che risulta dai due calcoli – semplicemente non esistono.

I fondi esclusi dal riparto territoriale verranno impegnati per interventi e investimenti che hanno, diciamo così, una ricaduta “diffusa”, interessano l’intera Penisola. Qualche esempio: gli investimenti nei satelliti, per la digitalizzazione della Pa centrale, la realizzazione di un hub del turismo digitale, gli investimenti per la riforma della proprietà industriale, per la cybersecurity, per il sistema di controllo centrale delle reti ferroviarie.
«Mi dispiace molto vedere riaccendersi la risibile polemica sulla quota Sud del Pnrr, fondata su informazioni poco corrette – afferma quindi la ministra Carfagna – Negli atti ufficiali del governo validati dalla Commissione europea è scritto quello che ho ribadito infinite volte nelle dichiarazioni ufficiali al Parlamento, nelle interviste, nelle molte repliche alle fantasiose contabilità di alcune fonti: il 40% – rimarca – viene calcolato sulla quota territorializzabile delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e corrisponde a 82 miliardi. Nessuno mai, in nessuna circostanza, ha calcolato cifre superiori, quindi è del tutto infondato sostenere che “manchi qualcosa”».

Le risorse ci sono quindi, e «sono moltissime», ribadisce Carfagna considerando che agli 82 miliardi del Pnrr si affiancano – e non si sostituiscono – 83-84 miliardi circa dei fondi strutturali europei, i 13,5 del programma europeo React-Eu, i 73 miliardi del Fondo nazionale di sviluppo e coesione – e a questo proposito si puntualizza che i 15,5 miliardi inizialmente anticipati nel Pnrr sono stati restituiti attraverso il Fondo complementare.
«Credo – aggiunge la ministra – che dovremmo preoccuparci di come spendere queste risorse, di spenderle bene e nei tempi prestabiliti perché, se non lo facciamo, le perdiamo e consentiamo che il Paese sprechi un’occasione irripetibile di crescita e di sviluppo».

Gli 82 miliardi sono distribuiti tra le 6 missioni del piano, in alcune la percentuale supera “quota 40%” – come Infrastrutture (53%) o Istruzione (46%) – tenendo conto della profondità del divario da colmare.

Man mano che verranno messi in campo i progetti e i bandi si potrà verificare che il vincolo sia stato o meno rispettato: per esempio, il decreto del Mims che ripartisce i 2,82 miliardi del Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare (PinQua) tra i 159 progetti di rigenerazione urbana e di edilizia residenziale pubblica presentati dagli enti locali, destina 1,13 miliardi – appunto il 40% – al Mezzogiorno. Sul primo bando da 700 milioni per l’edilizia scolastica la percentuale, invece, non è stata rispettata: Carfagna ha chiesto di verificare quanto sia andato a ogni singola regione meridionale, incassando l’impegno a compensare eventuali «distorsioni» formalizzato giovedì dal ministro dell’Istruzione, Fabrizio Bianchi, al termine giovedì della cabina di regia presieduta dal premier Mario Draghi.

Agli eventuali errori in corso d’opera si rimedierà: il principio sembra sia stato stabilito. Poi certo ci sono gli errori imputabili alle singole amministrazioni, vedi i 422 milioni persi dalla Sicilia con la bocciatura dei 61 progetti da inserire nel Pnrr da parte del ministero delle Politiche agricole. Ma qui la percentuale non c’entra.

Un avallo sulla consistenza delle risorse arriva anche da Giuseppe Catalano, coordinatore della Struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture, che sottolinea che il Pnrr destina al completamento di opere esistenti del Sud «il 49 % delle risorse complessive». E anche sul fronte della programmazione europea tradizionale «al Sud va ben l’80% del totale di 84 miliardi».


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