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Nella sfida dell’Italia, principale destinatario delle risorse del Recovery Plan, di essere protagonista nella transizione verde, il Mezzogiorno partecipa come campione verso la sostenibilità. Il 92% delle sue imprese di filiera ha abbracciato la crescita green e socialmente responsabile, con uno slancio più diffuso rispetto al resto del Paese.

È questo l’affresco che emerge dall’indagine realizzata dal Centro studi Tagliacarne per conto di Unioncamere sulle imprese manifatturiere fra i 5 e i 499 addetti.

LO STUDIO DI UNIONCAMERE

Lo studio ha messo in evidenza come ben l’88% delle imprese delle filiere italiane spinga la crescita socialmente sostenibile, con un Sud ancor più protagonista. L’aspetto della sostenibilità, ineludibile per affrontare il climate change, come propulsore di sviluppo, innovazione, imprenditorialità, capace sia di rendere più competitive le aziende e le filiere produttive, sia di ridurre i rischi per imprese e collettività, è spiccato anche nel recente Dodicesimo Rapporto “GreenItaly 2021 – Un’economia a misura d’uomo per il futuro dell’Europa”.

Il report ha messo in luce l’effervescenza di una realtà produttiva italiana nella quale solo negli ultimi 5 anni, dal 2016 al 2020, 441mila imprese, in prevalenza dell’industria, dei servizi e della manifattura hanno investito nella green economy e nella sostenibilità, con uno sforzo che neanche il Covid è riuscito a fermare.

«C’è un Italia – ha detto il presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci, presentando il rapporto realizzato con Unioncamere – che può essere protagonista alla COP 26 di Glasgow: fa della transizione verde un’opportunità per innovare e rendersi più capace di affrontare il futuro e coinvolge già un terzo delle nostre imprese».

Un’Italia che, nonostante le difficoltà della pandemia, ha visto attivarsi il 35,7% dei nuovi contratti di lavoro lo scorso anno nei green jobs, con l’occupazione green complessiva nel 2020 a quota 3.141.0000 soggetti, il 13,7% degli occupati.

Contrariamente a quanto accaduto ad altri comparti, nel settore green la pandemia ha spinto il consolidamento e la capacità delle aziende di creare più occupazione, con una domanda predominante di green jobs in aree aziendali ad alto valore aggiunto. Al Sud e Isole il valore atteso stimato da Unioncamere dei contratti relativi a green jobs «con attivazione prevista dalle imprese nel 2020» è di 302.578 unità, con un’incidenza sul totale delle assunzioni in Italia del 26,2%.

Significa che nel 2020 un contratto green job atteso su quattro è al Sud. Rispetto al solo Mezzogiorno, il valore atteso dei contratti green jobs sale al 35,2% delle assunzioni.

EFFETTO FILIERA PER COGLIERE IL CAMBIAMENTO

Se l’azienda opera in filiera, è più pronta a cogliere il treno del cambiamento. È “l’effetto filiera”, evidenziato dall’indagine del Centro studi Tagliacarne per Unioncamere, cioè la capacità delle imprese manifatturiere di accelerare il percorso verso la responsabilità sociale, la sfida delle nuove frontiere tecnologiche e l’accrescimento di competenze del capitale umano «quando fanno rete con altri soggetti», sottolinea il direttore generale del Centro studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito.

Nove imprese manifatturiere su dieci, fra le realtà inserite in una catena del valore di filiera, hanno adottato, nell’ultimo triennio pre-Covid, misure responsabili in tema di formazione del personale, welfare aziendale, sostenibilità ambientale, rapporti con il sistema dell’istruzione, il mondo della cultura e il terzo settore, contro il 55% delle imprese non in filiera. E il 33% prevede maggiori investimenti in welfare, formazione e green nei prossimi tre anni, il doppio rispetto alle aziende non in filiera (14%).

Al Sud, un case history che brilla per investimenti e innovazione nella filiera della moda – una delle più inquinanti – è l’azienda di moda campana “Be Green Tannery”. La conceria, fondata nel 2018 da Alessandra e Felice De Piano, è stata inserita da Symbola e Unioncamere tra le 200 best practice di “GreenItaly 2021”. Grazie alla ricerca, l’azienda produce pelli durevoli, performanti, sostenibili e prive di sostanze chimiche, con tempi più veloci di lavorazione e un abbattimento del 33% dell’energia consumata e del 30% dell’acqua utilizzata.

IN 17 FILIERE ITALIANE 3,8 MILIONI DI IMPRESE

Sono diciassette le filiere individuate dal ministero dello Sviluppo economico: un universo che conta oltre 3,8 milioni di imprese, pari al 75% del sistema imprenditoriale italiano; occupa più di 12 milioni di addetti (il 71,4% del totale economia extra-agricola) e genera 2.500 miliardi di euro di fatturato, il 78,9% del totale industria e servizi.

«Il Covid – ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete durante GreenItaly 2021 – non ha fermato gli investimenti green, perché sempre più imprenditori sono consapevoli dei vantaggi competitivi derivanti dalla transizione ecologica. Se tuttavia ancora oltre la metà delle imprese manifatturiere percepisce questo passaggio più un vincolo che un’opportunità», la dinamica opposta che contrassegna più spesso le aziende in filiera le porta a essere pronte nel 33% dei casi a investire di più sul green, nella formazione e, indipendentemente dalla dimensione, nel benessere dei propri dipendenti – nel 40% dei casi, mentre fuori dalla filiera solo il 15% delle piccole imprese punta a questo goal e il 25% delle medio-grandi.
«Queste imprese – conclude Esposito – possono essere un canale straordinario per portare a terra gli obiettivi della transizione digitale ed ecologica contenuti nel Pnrr».

SCUOLE E TERZO SETTORE

Università, scuola e terzo settore sono infine attori importanti sia per contribuire alla crescita del capitale umano, culturale e ambientale sul territorio, sia per competere. Ben 44 imprese di filiera su 100 hanno collaborato nell’ultimo triennio pre-Covid – 2017-19 – con le scuole e le Università, per stage, tirocini e iniziative di alternanza scuola-lavoro. Per quelle che non operano in filiera il bilancio è stato assai più magro: solo 17 aziende su 100.


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