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Circa sette miliardi per il taglio dell’Irpef, poco più di uno per la riduzione dell’Irap. Le aliquote Irpef scendono da 5 a 4, con una rimodulazione degli scaglioni, delle detrazioni – che dovrebbero assorbire anche il bonus di 100 euro introdotto dal governo Renzi – e della no tax area. Via l’imposta regionale sulle attività produttive per le ditte individuali e i lavoratori autonomi.

È su questo schema che, dopo giorni di riunioni con il ministro dell’Economia, Daniele Franco, i responsabili economici dei partiti di maggioranza hanno raggiunto l’intesa sul taglio delle tasse per otto miliardi previsto nella legge di Bilancio.

La riduzione della pressione fiscale “approvata” al Mef partirà nel 2022 e sarà strutturale, non varrà quindi solo per il prossimo anno ma sarà permanente. Il taglio dell’Irpef è destinato a ridurre il peso del fisco sul ceto medio: sulla fascia di redditi fino a 15mila euro resta l’aliquota del 23%; viene sforbiciata quella del 27% relativa allo scaglione successivo, da 15mila a 28mila euro, che scende al 25%; e spariscono quelle del 38% e del 41% che saranno unificate nel 35% per la fascia da 28mila a 50mila euro; oltre i 50mila l’imposizione sarà del 43%.

L’accordo sulla riduzione dell’Irap per le imprese dovrà essere ulteriormente dettagliato. Intanto, ha spiegato il viceministro dello Sviluppo economico, Gilberto Pichetto Fratin, al termine del tavolo a Mef, è stata fatta «una scelta verticale, partendo dalle 850mila persone fisiche, autonomi e ditte individuali, aggiungendo eventualmente le start up».

L’intesa politica dovrà ora passare l’esame del governo e dei partiti di maggioranza, per poi confluire in un emendamento alla legge di Bilancio che verrà presentato in prima lettura al Senato.

«Nei prossimi giorni ci saranno alcuni aggiustamenti di dettaglio, ma l’aspetto importante è che si è trovato un equilibrio tra forze politiche, perfettamente in linea con l’indirizzo parlamentare», ha affermato la viceministra dell’Economia, Laura Castelli, che ha sottolineato la valenza strutturale e «percettibile» degli interventi. Il via libera all’intesa è arrivato dal leader della Lega, Matteo Salvini, – «Irpef più semplice e leggera per tutti i contribuenti, via l’Irap per tutte le persone fisiche: la Lega è al governo per difendere famiglie e imprese», ha scritto su Twitter – che ha poi rilanciato chiedendo un intervento urgente per ridurre le bollette di gas e luce «risparmiando sugli sprechi del reddito di cittadinanza».

Per il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, la cancellazione dell’Irap per le persone fisiche, quindi per i professionisti, «è un segnale importante al ceto medio, è l’inizio della fine dell’imposta-rapina: ora poi bisognerà fare una riforma completa».

«L’ipotesi di accordo – ha affermato Antonio Misiani, responsabile Economia e Finanze nella segreteria del Pd – concentra le risorse sull’Irpef, come chiedevamo, e aiuta innanzitutto chi oggi paga gran parte dell’imposta: dipendenti, pensionati, ceto medio, con benefici che possono superare i 700 euro annui per alcune fasce di contribuenti del terzo scaglione Irpef, attualmente compreso tra 28 e 55mila euro. Sull’Irap abbiamo discusso a lungo se tagliare in modo orizzontale o verticale, alla fine abbiamo deciso per l’abolizione per le sole persone fisiche. Gli altri temi, compresa la Flat tax per le partite Iva, verranno affrontata con la delga fiscale».

Se dunque sul fronte politico – opposizione esclusa – tutti i partiti hanno espresso soddisfazione, rivendicando ognuno l’accordo come un proprio successo, non altrettanto può dirsi sul fronte parti sociali con i sindacati che spingono perché il taglio di 8 miliardi vada interamente a vantaggio di lavoratori e pensionati, mentre per Confindustria con lo schema definito al Mef si rischia di disperdere risorse già limitate – Carlo Bonomi ha sostenuto la necessità di un taglio di almeno 13 miliardi – e non si migliora la competitività delle imprese. I sindacati aspettano la convocazione promessa dal presidente del Consiglio, Mario Draghi. Le imprese chiedono un incontro urgente, e intanto vanno all’attacco, considerano la bozza d’intesa frutto di scelte «senza visione per il futuro del Paese».

La sforbiciata alle aliquote Irpef avrà effetti «impercettibili sui redditi netti delle famiglie italiane, soprattutto qualora il taglio fosse finanziato anche da una copiosa eliminazione delle agevolazioni», è il giudizio di Confindustria secondo cui, poi «la soluzione raggiunta non dà certezze che tali benefici potranno essere mantenuti nelle annualità future, non dà alcuna risposta a poveri e incapienti, limita l’intervento sull’Irap alle persone fisiche senza migliorare la competitività delle imprese, non interviene in alcun modo a favore di giovani e donne che hanno più di altri pagato questa crisi». Una bocciatura netta dell’operato del governo in materia fiscale, cui imputando anche altri «errori», tra cui la revoca del Patent Box e il calo pluriennale degli incentivi Industria 4.0, il che, si sostiene «significa inequivocabilmente non tenere in alcuna considerazione le imprese che garantiscono l’occupazione nel Paese e che stanno trainando la ripresa economica». Dalle imprese aderenti a Confcommercio, Confesercenti, Alleanza delle Cooperative e Federdistribuzione è arrivata la richiesta di un tavolo di confronto sulla riduzione del cuneo contributivo.

«L’accordo politico raggiunto sul fisco non ha coinvolto i sindacati, restiamo in attesa di un confronto con il governo: gli 8 miliardi dovrebbero andare tutti a lavoratori dipendenti e pensionati e ribadiamo con nettezza la nostra contrarietà alla riduzione dell’Irap», ha ribadito il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Secondo il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, «il taglio delle tasse previsto dalla legge di Bilancio deve essere realizzato attraverso un aumento delle detrazioni per lavoratori dipendenti e pensionati. Solo in questo modo, come sottolineato anche dalla Banca d’Italia, si avrà un risultato significativo per milioni di italiani. L’ipotesi che circola in queste ore di una revisione delle aliquote e degli scaglioni Irpef non risponde a questa esigenza».

Il segretario confederale della Cisl, Giulio Romani, oltre che il merito dell’accordo mette nel mirino il metodo che relegherebbe il sindacato in un ruolo puramente consultivo, «e questo – afferma – renderebbe irricevibile qualunque impostazione».

Sia le imprese sia i sindacati aspettano dunque di confrontarsi con il governo. Mentre Draghi ha intanto messo in agenda – da lunedì a mercoledì – gli incontri con i capigruppo della maggioranza di Camera e Senato, in vista della discussione parlamentare sulla manovra.


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