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Angela Merkel e Giuseppe Conte

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«C’è l’accordo». Charles Michel lo annuncia pochi minuti prima delle 19. Il presidente del Consiglio europeo, in un vertice dei leader senza stampa e personale diplomatico per direttive anti-COVID, affida a twitter la comunicazione tanto attesa sul bilancio di lungo periodo dell’Ue (Mff 2021-2027). Polonia e Ungheria levano il veto, consentendo così di procedere all’avvio delle procedure necessarie per l’attivazione del meccanismo per la ripresa (NextGenerationEu) e il suo recovery fund.

La proposta di compromesso raggiunta tra i negoziatori di Germania, Polonia e Ungheria, viene accettato da tutti i leader presenti.

A proposito: a Bruxelles si presentano in 25. Il primo ministro croato resta a casa perché in auto-isolamento dopo la positività della moglie al Covid-19, e viene rappresentato dal primo ministro sloveno, e il primo ministro estone diserta per analoghe ragioni e si fa rappresentare dal premier lettone. Gli altri 22 leader dunque accettano le proposte di compromesso, che offre interpretazione delle norme in modo di ampio respiro e, soprattutto, garantendo meccanismi che tutelano Budapest e Varsavia.

«L’applicazione del meccanismo di condizionalità ai sensi del regolamento sarà oggettiva, equa, imparziale e basata sui fatti, garantendo il giusto processo, la non discriminazione e la parità di trattamento degli Stati membri», recita il testo  licenziato dai  leader. «Nel caso in cui venga presentato un ricorso di annullamento nei confronti del regolamento»  per l’erogazione dei fondi europei, le linee guida della Commissione europea per l’applicazione del meccanismo  di garanzia del rispetto dei valori fondamentali «saranno finalizzate dopo la sentenza della Corte di giustizia in modo da incorporare gli elementi pertinenti derivanti da tale giudizio».  Vuol dire che in caso di contenziosi non si potrà procedere fino a pronunciamento dei giudici di Lussemburgo. 

La proposta in questo senso  evita di intervenire in modo automatico,  congelando provvedimenti  e  spazzando  via i dubbi di  polacchi e ungheresi  circa «qualsiasi decisione arbitraria e politicamente non motivata»,  come denunciato dal primo ministro polacco  Mateusz Morawiecki al suo arrivo nella capitale dell’Ue. «La battaglia per il senso comune» invocata dal premier magiaro Viktor Orban si raggiunge, per la gioia dell’Italia.

«Questo significa poter sbloccare le ingenti risorse destinate all’Italia: 209 miliardi», di cui 65 miliardi a fondo perduto, il commento del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. «Ora avanti tutta con la fase attuativa: dobbiamo solo correre!» Un compito che spetterà all’Italia, che adesso dovrà dimostrare di essere capace di fare tesoro delle vittorie e delle conquiste dell’Europa.

L’ultimo scoglio è rappresentato dal Parlamento europeo. Il presidente David Sassoli ha chiesto ai leader di non riaprire l’accordo sul legame tra rispetto dello Stato di diritto ed erogazione delle risorse comuni, ed è stato accontentato.  A giudicare dalle prime reazioni non ci dovrebbero essere veti dell’Eurocamera. «Questo accordo è un successo nella difesa dello stato di diritto e l’inizio della ripresa dell’Europa dalla pandemia Covid-19», la valutazione della capogruppo dei Verdi europei, Ska Keller.  Che però non nasconde il “rammarico” per il dover  attendere la sentenza della Corte di giustizia europea sull’imposizione di sanzioni.

Non mancano mal di pancia,  partire dal Consiglio. Paesi Bassi e Stati scandinavi, attenti a diritti e valori, considerano le concessioni fatte ai colleghi dell’est come eccessive. Dal loro punto di vista, hanno vinto Polonia e Ungheria, ma ha perso l’Europa. Ma nessuno era disposto a tenere bloccati ancora  i 1.840 miliardi di euro del bilancio (1.090 miliardi) e del meccanismo per la ripresa (750 miliardi).

Altro tema caldo quello della Brexit. I leader non ne parlano perché non ci sono progressi. «Siamo sempre stati preparati per il meglio, ma a questo punto le cose appaiono problematiche», ammette il primo ministro svedese Stefan Lofvan. Allora nel giorno del vertice la Commissione vara proposte misure di emergenza mirate per prepararsi al peggio. I negoziati tra Regno Unito e Unione europea proseguono, ma dati i pochi progressi raggiunti e il poco tempo a disposizione «non vi sono garanzie che, se o quando un accordo verrà stipulato, esso potrà entrare in vigore in tempo», spiega la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, ai 25 leader giunti a Bruxelles.  «Dobbiamo essere pronti a tutte le eventualità, compresa quella di arrivare all’1  gennaio senza un accordo in vigore con il Regno Unito».  Da qui la necessità delle misure cuscinetto.

Di fatto si estende il periodo transitorio in alcuni settori.  Per  la fornitura di determinati servizi aerei si chiede di mantenere lo status quo  per sei mesi. Sempre in ambito aeronautico, si vuole mantenere ininterrotto l’utilizzo di vari certificati di sicurezza, così da evitare il fermo operativo degli aeromobili dell’Ue. Sempre per sei mesi si vogliono mantenere le attuali condizioni  per  trasporti stradali merci e passeggeri. Tutto  questo  a patto il Regno Unito garantisca lo stesso.  Per la pesca, tema sensibile, l’Ue mette sul tavolo la proposta di continuare con le attuali regole «fino al 31 dicembre 2021 o fino alla conclusione di un accordo di pesca con il Regno Unito»,  se si dovesse chiudere prima.  Ma qui il primo ministro britannico ha promesso il ritorno alla piena sovranità e lo stop all’attività dei pescherecci stranieri nelle acque territoriali di sua maestà.  Tutto da vedere, dunque.

I leader decidono poi di prolungare fino al 31 luglio 2021 le sanzioni contro la Russia  per l’annessione della Crimea e il sostegno ai separatisti.


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