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Marcello Dell'Utri, assolto per la trattativa Stato-mafia

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È stato un processo fantasma ed ai fantasmi che era già morto quando nel dicembre del 2020 l’”ispiratore” della cosiddetta “Trattativa” tra lo Stato e La mafia, l’ex ministro democristiano Calogero Mannino, era stato assolto, in via definitiva, dall’accusa di avere “sollecitato” una “trattativa” con la mafia per fermare le stragi dopo quelle di Capaci e di via D’Amelio (1992) dove furono uccisi i magistrati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con gli uomini della loro scorta.

Ed anche l’ex senatore Nicola Mancino, anche lui tirato in ballo nel processo, era stato anche lui assolto.

Era già chiaro allora, con quella sentenza, che la cosiddetta “trattativa” non c’era stata. Ed ieri è arrivata l’ennesima conferma con la sentenza della Corte d’Assise d’Appello che ha assolto, per non avere commesso il fatto, gli altri imputati di questo processo e cioè il senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri e i Generali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e l’ex colonnello Giuseppe De Donno.

Sono stati invece condannati, e non capisco perché, gli “scecchi morti” (assassini morti) il boss Leoluca Bagarella (cognato del capo dei capi di Cosa Nostra, Totò Riina) ed il medico mafioso Antonino Cinà, il primo a 27 anni e l’altro a 12 anni di reclusione. Bagarella e Cinà sarebbero stati i mafiosi con i quali i generali Mori, Subranni, il colonnello Giuseppe De Donno e Marcello Dell’Utri, avrebbero “trattato”. E, secondo la sentenza di ieri, non si capisce con chi avrebbero trattato visto che gli interlocutori istituzionali, i carabinieri ed il politico Dell’Utri, sono stati assolti. Stranezze di questa giustizia all’italiana, dove dopo tanti anni di inchieste e di processi, con condanne in primo grado che hanno distrutto la vita e le carriere degli imputati ieri assolti, non si capisce nulla. Ma proprio nulla.

Se Calogero Mannino era stato già assolto ed ieri i suoi coimputati sono stati pure assolti, non si capisce con chi avrebbero “trattato”. Per la cronaca tra gli imputati c’erano anche il boss Giovanni Brusca che sciolse nell’acido il figlio del pentito Santino Di Matteo ed il figlio dell’ex sindaco mafioso Massimo Ciancimino usciti dal processo con varie motivazioni.

Una inchiesta ed un processo che aveva preso l’avvio proprio dalle loro testimonianze, soprattutto quella dello “scanna cristiani” Giovanni Brusca che parlò per primo di questa fantomatica “trattativa” di cui lui non sapeva nulla, ma proprio nulla, perché (è processuale) Brusca rivelò in una udienza che lui aveva appreso della “Trattativa” leggendo un articolo di giornale, firmato da chi scrive, che aveva rivelato che c’era un inchiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta, dove si parlava di “contatti” tra i Carabinieri, Vito Ciancimino ed il medico mafioso, Antonino Cinà.

Quindi Brusca, per sua stessa ammissione, non sapeva nulla della “trattativa” eppure quell’inchiesta approdò ad un processo con un testimone chiave, Brusca, che non sapeva nulla. Misteri della Giustizia italiana. Insomma ho sostenuto, anche pubblicamente che se io fossi stato carabiniere, in quel momento storico, soprattutto dopo la strage Borsellino, quando l’allora capo del pool dell’Ufficio Istruzione, Antonino Caponnetto, al funerale del suo “pupillo” Paolo Borsellino, in lacrime disse che lo “Stato era stato sconfitto”, si perché le cose bisogna che siano esaminate nel momento storico in cui accadono e non dopo tanti anni. Ed in quel momento, nel momento in cui lo “Stato era stato sconfitto” tutti, carabinieri, polizia, guardia di finanza, guardia forestale, vigili urbani, furono sollecitati a fare qualcosa per arrestare i mafiosi e fermare quelle stragi. E tra questi c’era anche Mario Mori, che fece quello che uno sbirro vero avrebbe fatto e cioè avvicinare mafiosi, come Vito Ciancimino, per tentare di arrestare il principale ispiratore della strategia stragista e cioè il capo di Cosa Nostra, Totò Riina. Che venne arrestato proprio dai carabinieri del Ros, guidati proprio dal Generale Mario Mori, un arresto che avvenne però stranamente il giorno in cui si era insediato a Palermo come Procuratore della Repubblica, Giancarlo Caselli che proprio con Mario Mori aveva già lavorato a lungo. Il generale Morì poi però fini nel calderone delle inchieste e dei processi scaturiti dalle dichiarazioni di Giovanni Brusca che, come detto, aveva capito tutto sulla “trattativa” leggendo un articolo firmato da chi scrive.

Naturalmente la sentenza ha dato soddisfazione al giovane ma ben ferrato avvocato Basilio Milio che subito dopo la sentenza ha detto: “È un’assoluzione di cui io e il collega che difende Giuseppe De Donno siamo stati sempre convinti. Finalmente la verità è venuta fuori a costo di sacrificio e di grande lavoro”. sulla trattativa Stato-mafia”.

“Abbiamo sentito – ha aggiunto Milio – sia il generale Mori che De Donno e sono molto contenti. La sentenza stabilisce che la trattativa non esiste. È una bufala, un falso storico”. E credo che sia giusto registrare il commento del Capitano Ultimo, il carabiniere che arrestò Totò Riina.

“Il mio pensiero va alle famiglie del generale Antonio Subranni, del generale Mario Mori e del capitano Giuseppe De Donno, a cui esprimo la mia grande vicinanza e con cui condivido il massimo disprezzo per quelli che hanno cercato di infangare l’onore di grandi combattenti della mafia”. Sergio De Caprio, il ‘Capitano Ultimo’ che mise le manette ai polsi di Totò Riina, commenta così all’Adnkronos la sentenza del processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia. “Io e i carabinieri combattenti li onoriamo ora come allora e li portiamo nel cuore”.


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