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Un rendering del Ponte sullo Stretto di Messina

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QUALCUNO ha perfino detto che i piloni del ponte avrebbero fatto ombra ai pesci che attraversano lo stretto. Qualcun altro che gli uccelli avrebbero potuto sbattervi contro. Altri che l’affaire ponte è miele per le mascelle della mafia. E poi che per quattro casse di arance non valeva spendere alcuni miliardi di euro. Si sono sbizzarriti tutti ad analizzare i motivi per cui non si debba fare. Che quella dello Stretto è un’area sismica e che quindi al primo terremoto sarebbe caduto. Quando Berlusconi portò l’opera fino al bando e alla vittoria di Impregilo, la sinistra massimalista masticò duro. Peraltro le realtà a sviluppo ritardato, come la Calabria e la Sicilia, non reagiscono ai torti subiti e quindi molti si poterono sbizzarrire a giocare con voti europei e nazionali per annullare quello che è sembrato un gioco dell’oca.

LA SOTTOVALUTAZIONE

Per cui c’era sempre qualcuno che faceva tornare alla prima casella. Si chiamasse Claudio Fava o Mario Monti era indifferente. Anzi, chi aveva la velleità, non certo il coraggio, di parlarne poteva essere accusato di essere visionario e che c’era ben altro da fare in Sicilia, in Calabria, nel Mezzogiorno, piuttosto che pensare a quella che è stata sempre definita una cattedrale nel deserto. E cosi si giustificava il trasferimento delle poste assegnate per il progetto, per altri più urgenti e indispensabili lavori, normalmente al Nord. Il resto del Paese lo ha ritento da sempre un bel progetto, che al massimo poteva interessare i cinque milioni di siciliani, ma che certamente non riguardava né il Paese, né lo sviluppo di esso.

Quando nel 2004 curai il volume “Un collegamento per lo sviluppo – Le ragioni del sì per il ponte sullo stretto”, edito da Liguori, fu facile mettere insieme economisti come Alberto Niccoli, Roberto Ruozi, Giacomo Vaciago, Marco Vitale, demografi come Antonio Golini e politici importanti per sostenere l’opportunità dell’opera. Ma il colpo grosso fu far fare l’introduzione a un ecologista di chiara fama, quel Folco Quilici che nell’introduzione al volume, in una lettera che inviava ad una sua amica che contestava la costruzione, le ricordò che i romani chiamavano “Pontifex, il costruttore di ponti, l’autorità massima dell’impero. Per poi continuare affermando che chi è contro un ponte è contro l’idea più nobile del progresso, quello di creare un mondo in cui si sia tutti vicini. 

I NUOVI SOSTENITORI

Ma pura poesia, le ragioni della prosa portarono Mario Monti all’annullamento del progetto, con la conseguenza che forse dovremo pagare una pesante penale per non farlo. Bisognava tagliare spese o investimenti, ed era più semplice farlo in colonia. Peraltro le classi dominanti estrattive, che hanno sempre gestito la Sicilia, non vedevano tagliate le risorse per i loro clientes. Quindi le resistenze furono molto deboli, quasi inesistenti, mentre la vera classe dirigente del Paese ha sempre pensato che non fosse un’opera strategica per i propri interessi.

Adesso, improvvisamente, sembra che si siano trovati tutti d’accordo nel ritenerla un’opera prioritaria. Da Dario Franceschini, a cui sembra che sia corretto che l’alta velocità/capacità ferroviaria, dopo 10 anni che come dice Trenitalia ha collegato il Paese dimenticando che si ferma a Salerno, arrivi fino ad Augusta/Palermo, cosa impossibile se non si fa il ponte, visto che i treni ad alta velocità non si possono traghettare e che rappresenta quella parte del Pd, proveniente dalla Margherita, meno ideologizzata.

D’altra parte sostiene giustamente che parlare di turismo al Sud, senza collegamenti veloci, è una utopia e che invece è necessario visto che il Sud è un giacimento culturale ancora sfruttato pochissimo. Anche Italia Viva, con Matteo Renzi, ritorna sull’argomento, dopo essere stato favorevole quando era segretario del Pd e presidente del Consiglio, per dire che non ha senso lasciare non collegato tutto il Sud. Ma la cosa che sembra strana è che anche Matteo Salvini, parlando domenica da Giletti, si dichiara favorevole. Sarà la posizione diversa della Lega che da Nord è diventata nazionale. La Meloni, con Fratelli d’Italia, si è dichiarata da sempre a favore, per cui sembrerebbero contrari solo i Cinque stelle che si oppongono alle grandi opere e ai grandi eventi, visto come è finita la candidatura di Roma alle Olimpiadi. Peraltro Grillo si è immediatamente preoccupato di attaccare Matteo Renzi per questa rinnovato rilancio dell’opera.

CORAGGIO E SCENEGGIATE

E poi anche Giuseppe Provenzano, ministro per il Mezzogiorno, ha preso posizione dichiarando che il Ponte è stato sempre un’arma di distrazione di massa per non fare nemmeno le altre opere. Credo che in un momento quale quello che viviamo e quello che ci aspetta sarebbe un’ottima idea pensare in grande e diventare la base logistica del Mediterraneo come sempre ha suggerito la Svimez. E per una tale operazione il ponte è indispensabile, come lo è per un avanzamento della ricerca nel settore, come la comunità scientifica internazionale ha dichiarato con un manifesto firmato da moltissimi studiosi. Ma farlo fa parte di quel coraggio che se non lo hai e non te lo puoi dare. Vedremo. Intanto la sceneggiata continua.


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