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Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri

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«DOBBIAMO correre»: il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte prova a stringere i tempi sul Recovery plan che arriverà stasera sul tavolo di Palazzo Chigi per l’approvazione, per poi passare in Parlamento per il confronto con tutte le forze politiche. Il nuovo documento conta 170 pagine, e alla voce “porti” assegna un miliardo in più, equamente distribuiti su quelli del Nord e del Sud, mentre sul capitolo “ferrovie” si conferma la destinazione del 50% delle risorse al Mezzogiorno. Secondo le simulazioni alla fine del primo triennio il pil delle regioni del Sud aumenterebbe dei 4/6 punti percentuali.

La moral suasion del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha congelato la crisi di governo, almeno per il tempo necessario a mettere il Piano di ripresa e resilienza sui binari che possano portarlo a Bruxelles entro i tempi stabiliti. Ieri al Mef, il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha lavorato per tutto il giorno insieme ai colleghi Giuseppe Provenzano e Vincenzo Amendola (ministeri del Sud e degli Affari europei) per limare il testo, già riveduto e corretto in base alle richieste dei partiti di maggioranza, prima di consegnarlo a Conte e ai partiti, mentre l’irritazione dalle parti di Italia Viva si faceva sempre più forte man mano che le ore passavano. Già all’ora di pranzo era arrivata il primo sollecito di Matteo Renzi: «Tirino fuori questo benedetto documento perché finora sono solo chiacchiere. Quando arriverà lo valuteremo, se non siamo d’accordo diciamo “amici come prima, noi le nostre poltrone ve le ridiamo“».

Era seguito quello del ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova: «Vediamo gli appelli a fare presto e a non perdere tempo ma io sono stufa…». «Noi abbiamo chiesto almeno 24 ore di tempo per decidere il futuro del Paese», le parole al Tg 4 del ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, che ha comunque rassicurato: «Nessuno strappo prima per un senso di responsabilità istituzionale che abbiamo». L’invio del piano ai ministri è arrivato a tarda sera, annunciato da una nota di Palazzo Chigi.

Osservazioni e critiche avevano portato a rivedere la dotazione delle diverse missioni che compongono il piano che ora “vale” 222,3 miliardi, compresi i 21 del Fondo sviluppo e coesione – che andranno ad aumentare le risorse per le opere previste nel Mezzogiorno – cui si aggiungono i 13 miliardi di React Eu e 1,2 miliardi del Just Transition Eu. La quota degli investimenti è stata ritoccata al rialzo, fino al 70% portando quella per gli incentivi al 21%, per cui i primi dovrebbero arrivare a 146, 9 miliardi, mentre ne resterebbero 44,9 per i secondi. Donne, giovani e Sud sono le priorità trasversali a tutte le missioni. In particolare al Mezzogiorno, anche grazie all’integrazione dei fondi di coesione che – agganciate al Recovery dovrebbero viaggiare su una corsia più veloce, superando i tradizionali ritardi di spesa – il piano “promette” il 50% degli investimenti pubblici.

«La liberazione del potenziale delle donne», «la riduzione degli squilibri territoriali e il rilancio del nostro Mezzogiorno», e «il lavoro giovanile», sono «le tre grandi questioni» al centro del piano, ha ribadito il ministro Provenzano, sottolineando poi che «ci sono stati dei cambiamenti importanti, sono aumentate le risorse sulla salute sulla sanità, sulle infrastrutture sociali, gli asili nido, le scuole e su politiche maggiormente mirate per i settori più innovativi della nostra industria». I fondi per la sanità sono passati da 9 a 18 miliardi. «È un primo passo molto importante nella direzione giusta. Si ricomincia ad investire sul serio sulla cosa più preziosa che abbiamo: il nostro Servizio Sanitario Nazionale», ha affermato il ministro della Sanità, Roberto Speranza. Più risorse sono state dedicate al capitolo infrastrutture e al turismo e alla cultura.

Nel frattempo i successi del Superbonus – 1.700 interventi per un valore oltre 200 milioni, secondo i dati diffusi dal titolare del Mise, Stefano Patuanelli – hanno portato i Cinque stelle a rilanciare sull’estensione del bonus a tutto il 2023 che il Recovery prevede solo per gli interventi antisismici e per le case popolari. Intanto il governo prepara una nuova stretta anti Covid dal 16 gennaio. C’è una nuova «impennata di contagi» all’orizzonte, ha avvisato il premier: «Gran Bretagna, Irlanda, Germania… Adesso sta arrivando da noi: non sarà facile la nuova ondata. Dobbiamo ancora fare dei sacrifici», ha affermato. La linea del rigore porta con sé la necessità di nuovi ristori – e di un decreto Quinquies – con la propedeutica richiesta di un nuovo scostamento che possa finanziarli.

L’obiettivo del governo è portare lo scostamento già questa settimana in Consiglio dei ministri, un secondo appuntamento a Palazzo Chigi dopo quello di stasera che dovrebbe rilanciare al Parlamento la partita del Recovery. Gualtieri ha anticipato che il nuovo extra deficit dovrebbe essere di 24 miliardi, un punto e mezzo di Pil, destinati a finanziare non soltanto gli indennizzi alle categorie e ai settori più colpiti dalle restrizioni – alla cui lista si aggiunge quello sciistico – ma anche la Cig, il reddito di emergenza, per il sostegno ai Comuni, fondi per i vaccini e per la sanità pari rispettivamente a uno e tre miliardi. Ma per far fronte a tutte le esigenze potrebbe essere necessario arrivare a 30 miliardi.

Sugli indennizzi l’orientamento è quello di estendere l’arco temporale per la misurazione del calo di fatturato: il riferimento dovrebbe essere che dovrebbe il primo semestre del 2020, e non più aprile 2020 su aprile 2019. Mentre dovrebbe esser superata la logica dei codici Ateco e delle zone, estendendo così la rete dei ristori a tutto coloro che hanno registrato perdite. È previsto anche un meccanismo di perequazione per compensare la differenza tra l’importo previsto per i nuovi ristori e quello liquidato in base alle precedenti regole.

L’ombrello del ristori Quinquies dovrebbe offrire un “riparo” anche ai professionisti ordinisti – finora oltre ai precari, sono stati “accolti” anche gli iscritti alla gestione separata dell’Inps. Il governo sta inoltre valutando, come ha anticipato il viceministro dell’Economia,Laura Castelli, una nuova rottamazione delle cartelle fiscali e un nuovo saldo e stralcio.


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