X
<
>

Condividi:
5 minuti per la lettura

NELLE zone d’Italia dove scarseggiano i posti negli asili nido e i servizi per la prima infanzia è più alta la disoccupazione femminile. Non potendo contare su strutture in grado di accogliere i bambini più piccoli, molte donne sono costrette a rinunciare alle offerte di lavoro o a non cercarla proprio una occupazione, e questo accade soprattutto al Sud. Lo rileva uno studio svolto dalla fondazione senza scopo di lucro Openpolis con l’impresa sociale “Con i Bambini” nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo.

DISTRIBUZIONE INIQUA  

I dati relativi elaborati e incrociati hanno come fonte l’Istat e descrivono una situazione di minori opportunità per le donne e le famiglie del Mezzogiorno. Ad esempio, in Valle d’Aosta, dove i posti ogni 100 bambini tra 0 e 2 anni è pari al 45,7%, l’occupazione femminile tra 25 e 34 anni è del 70,4%; in Emilia Romagna, dove ci sono 39,2 posti ogni 100 bambini, il tasso di occupazione è del 67,5%; in Toscana ci sono 36,3 posti ogni 100 bimbi e l’occupazione “rosa” è del 64,2%.

La media italiana è di 25,5 posti ogni 100 piccoli tra 0 e 2 anni e un’occupazione del 54,1%, sotto queste soglie ci sono tutte le Regioni del Sud e non può essere una casualità: ultima è la Campania, con 9,4 posti negli asili e 30% di occupazione femminile; segue la Sicilia con il 10% di posti è il 29,5% di occupazione; poi troviamo la Calabria (11% e 31,1% di occupazione); Puglia (16,8 posti ogni 100 bambini e 37,1% di occupazione femminile tra 25 e 34 anni); e Molise (22,8 posti ogni 100 e 43,2% di occupazione). Sotto la media nazionale anche l’Abruzzo, tutte le altre hanno valori superiori.

«A corollario delle argomentazioni che sminuiscono l’importanza di estendere gli asili nido – si legge nel report di Openpolis – la più discriminatoria è che in alcuni territori non servirebbero perché sarebbe già la rete familiare a supplire a questo tipo di necessità. Peccato che rete familiare significhi, nella stragrande maggioranza dei casi, che sono le donne a doversi fare carico di compiti di cura che le escludono completamente dal mondo del lavoro. Il problema, quindi, non è di domanda, ma di offerta. E la carenza di asili nido non può essere trattata come un aspetto su cui non è utile, o rilevante, intervenire. È prioritario estendere l’offerta di servizi, pena accettare l’esclusione di ampi settori della nostra società. Delle donne, escluse dal mercato del lavoro. E dei bambini, esclusi da un’offerta educativa che inizia dalla prima infanzia».

CLASSIFICHE  AMARE  

L’offerta di asili nido e servizi prima infanzia non è omogenea nel Paese e a pagare dazio sono soprattutto donne e bambini, ma più in generale le famiglie del Mezzogiorno, quasi sempre costrette a vivere con un solo reddito e alla soglia della povertà. In base ai dati relativi al 2018, oltre 18 punti separano il Centro-Nord, dove, in media, sono 32 i posti ogni 100 bambini, dall’Italia meridionale, dove sono appena 13,5.

Un dato che nessuno può mettere in discussione ma «la cui portata – è scritto nello studio – viene troppo spesso ridimensionata, nel dibattito pubblico, con considerazioni di varia natura. L’argomentazione più frequente è che l’offerta di servizi prima infanzia manca perché a mancare è soprattutto la domanda che ne è (o ne dovrebbe essere) alla base».

A fronte di un Centro-Nord che con 32 posti negli asili nido ogni 100 bambini ha quasi raggiunto l’obiettivo europeo del 33% e dove in media 2/3 dei Comuni offrono il servizio, nel Mezzogiorno i posti ogni 100 bambini sono solamente 13,5 e il servizio è garantito in meno della metà dei centri (47,6%). La differenza tra le due aree è di 18,5 punti. A Bolzano vi sono quasi 7 posti ogni 10 bambini, mentre a Catania e Crotone quasi 5 non su 10, ma su 100 bambini. Forte anche la differenza tra i  Comuni polo e quelli periferici e ultraperiferici (13,8 punti). La media italiana è del 25,5%.

È  ancora forte la disparità tra Nord e Sud in materia di asili nido, una sperequazione figlia di una iniqua ripartizione delle risorse statali tra i Comuni italiani. Negli ultimi anni, sulla scorta degli obiettivi nazionali ed europei in materia, l’offerta di asili nido e di servizi per la prima infanzia è cresciuta nel nostro Paese, ma in maniera disomogenea. In base ai dati relativi all’anno educativo 2018/19, i posti disponibili sono arrivati a 25,5 ogni 100 minori, una crescita che risulta ancora troppo lenta rispetto agli obiettivi europei dei 33 posti ogni 100 bambini ma che al Sud è ancora meno incisiva. Ai primi posti si collocano Valle d’Aosta (45,7%, cioè quasi 1 posto nei servizi socio-educativi per la prima infanzia ogni 2 bimbi residenti), Umbria (42,7%), Emilia Romagna (39,2%) e Toscana (36,2%). Al Sud, ad eccezione della Sardegna che supera la media nazionale (29,3%), vanno oltre la soglia del 20% (ovvero più di un posto ogni 5 bambini) Abruzzo e Molise, mentre Puglia e Basilicata si attestano poco sotto il 17% e con maggiore distanza si collocano Campania (11%), Sicilia (10%) e Calabria (9,4%).

Tutte le Province emiliane e romagnole (tranne Piacenza, che è comunque al 25,8%), superano i 33 posti ogni residente tra 0 e 2 anni. In Toscana 6 province superano la soglia del 33%, una (Arezzo, 32,7%) l’ha praticamente raggiunta e le altre 3 sono poco sotto, con dati superiori al 29%. Di contro, sono tutte meridionali le 8 province che non raggiungono un posto ogni 10 bambini residenti: Trapani (9,7%), Napoli (8,9%), Ragusa (8,7%), Catania (8,1%), Palermo (8%), Cosenza (7,7%), Caserta (6,6%), Caltanissetta (6,2%).  

GRANDI E PICCOLI CENTRI

L’altra “frattura” è quella tra i maggiori centri urbani, dove il servizio è più diffuso, e i Comuni delle aree interne, dove la domanda debole e dispersa ha storicamente limitato lo sviluppo di una rete di servizi. Sono 13,8 i punti di divario tra i Comuni polo, baricentrici in termini di servizi, e quelli periferici e ultraperiferici. Oltre un bambino con meno di 3 anni su 5 vive in aree interne. Quasi il 7% abita in un Comune periferico o ultraperiferico. Per l’anno educativo 2018/19 circa il 59,6% dei Comuni offre il servizio da solo o in associazione con altri (in termini di popolazione l’83,9% dei residenti abita in un Comune con asili nido o servizi integrativi).

Ma la diffusione del servizio sul territorio appare molto eterogenea. In 9 province (Aosta, Trieste, Pordenone, Reggio nell’Emilia, Ravenna, Firenze, Prato, Taranto e Barletta-Andria-Trani) tutti i comuni offrono almeno un posto. In altre 36, meno della metà dei Comuni eroga il servizio.

I Comuni periferici e ultraperiferici, oltre a essere i più distanti dai poli (almeno 40 minuti di distanza), sono anche quelli dove l’offerta di servizi prima infanzia è più carente. Nelle maggiori regioni meridionali, caratterizzate da una copertura media più bassa, il livello non è uniforme. 


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE