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Il porto di Gioia Tauro. Con gli scali di Napoli, Taranto, Bari, Catania e Palermo potrebbe formare un esagono logistico-portuale

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Pubblichiamo la “lectio magistralis” che il professor Alberto Quadrio Curzio ha tenuto ieri all’Università di Catania in occasione del conferimento della Laurea magistrale Honoris Causa in “Economia e Management del Territorio e del Turismo.”  

di ALBERTO QUADRIO CURZIO

1)I dualismi italiani e l’Europa: Nord e Sud Il Mezzogiorno e il Meridionalismo sono una componente essenziale della storia della Nazione e della Repubblica Italiana. Straordinarie personalità mai dubitarono che il Mezzogiorno fosse essenziale per nostra identità culturale in Europa unita sia alla nostra rilevanza politico-istituzionale sia alle nostre potenzialità economiche. Così come nessun italiano che sia davvero tale può dimenticare quanto le persone del Mezzogiorno hanno dato all’Italia tutta, alle istituzioni e alla società, alla scienza ed alla economia. E’ una lunga storia che non possiamo ripercorrere qui anche per individuare le cause del “ritardo di sviluppo” che caratterizza il Mezzogiorno in Italia e anche in Europa.

Al presente mi interessa riflettere su come il Mezzogiorno  possa essere rilanciato   nell’interesse dell’Italia tutta ma anche  per la  Ue  nelle sue connessioni verso il  Mediterraneo . Adesso si presenta una occasione storica per una politica di un rinnovato EuroMeridionalismo di sviluppo. Infatti con il Next Generation EU e i Programmi Nazionali di Ripresa e Resilienza, (PNRR), la Ue e la Uem stanno affrontando una innovazione epocale nella quale l’Italia ha un ruolo centrale. Infatti l’Italia è in termini di Pil il terzo Paese delle Ue e della Uem che nei due decenni dell’euro ha avuto la crescita più lenta della media unita al più grande debito pubblico sul Pil. Il ritardo italiano è dovuto a tanti squilibri strutturali e dualismi con vertici di forza e basi di debolezza.

L’Italia nel decennio appena iniziato dovrà superare molti dualismi tra i quali quello tra Nord e Sud. Dunque una prospettiva italo-europea è cruciale come risulta anche dal fatto che il nostro Paese è il principale destinatario delle risorse finanziarie del programma Europeo di ripresa e resilienza. Si tratta di quasi 200 miliardi tra sussidi e prestiti. Cioè il 27% del totale.

2) Il ritardo di sviluppo del Sud e le risorse del PNRR Nel nostro PNRR la convergenza tra Sud e Centro-Nord è indicata come una necessità  per lo sviluppo italiano ma anche europeo. Il Governo Draghi  ha piena consapevolezza che dalla metà degli anni ’70 la convergenza del Sud al Nord si è arrestata ed anzi divaricata. Sono 40 anni di non convergenza in termini di Pil pro-capite. Al Sud vive un 1/3 degli italiani ma si produce solo ¼ del Pil nazionale.

La spesa pubblica per investimenti si è molto ridotta soprattutto negli ultimi 10 anni. Si aggiunga che le risorse finanziarie del bilancio europeo rese disponibili per il Sud e destinate alla politica di coesione e sussidiarietà, sono state usate spesso con  ritardi e con opere incompiute. Il nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza punta a cambiare radicalmente questa situazione con potenziali finanziamenti per investimenti nel Mezzogiorno pari a 80 miliardi, ovvero il 40% totale. Altre risorse rivenienti dai Fondi Strutturali 2021-2027, dal dispositivo REACT-EU, dal Just Transition Fund e dal Fondo di Sviluppo e Coesione dovrebbero aggiungere circa 121 miliardi da qui al 2027, ai quali vanno altresì aggiunti i 9 miliardi che finanzieranno la costruzione della linea AV Roma-Reggio Calabria.

L’entità totale potrebbe aggirarsi sui 200 miliardi, vincolata per il suo utilizzo a progetti di scadenza certa. Dunque le risorse finanziarie sono enormi e ciò pone un problema cruciale di organizzazione per il loro utilizzo. Quindi bisogna coniugare competenza con convinzione, programmazione con esecuzione.

È questa una consapevolezza del PNRR e delle Istituzioni Italiane (Governo e Parlamento) che hanno la responsabilità verso le istituzioni europee. Richiamo al proposito solo due aspetti diversi ma complementari: quello “qualitativo” e quello “operativo”.

3) I profili  progettuali,qualitativi e operativi, sul Mezzogiorno del PNRR  Dal punto di vista “qualitativo” nel PNRR l’intervento sul Mezzogiorno è definito come “Le pari opportunità territoriali. Ridurre il divario di cittadinanza”. Inoltre è collocato anche nei tre “obiettivi trasversali chiave” con altri due grandi obiettivi del PNRR (e cioè Giovani e Donne). Poiché il PNRR si caratterizza per sei “missioni di filiera” e per tre “missioni trasversali” il Mezzogiorno compare in tutte e due le categorie. Ciò non basta per avere successo.

Dal punto di vista “operativo” è presente nelle decisioni del Parlamento e del Governo che hanno inserito nel DL ‘Governance’ di maggio alcune misure di tutela e garanzia per l’esecuzione del PNRR nel Mezzogiorno. Tra queste: la norma che vincola il 40% dei fondi al Sud, la riforma delle ZES, il potenziamento dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, la semplificazione dei Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS), la semplificazione del processo di attuazione della Strategia Nazionale Aree Interne (con l’abbandono dello strumento del “Programma Quadro”) e la perequazione infrastrutturale tra Nord e Sud. Altre misure  riguardano il Fondo di Sviluppo e Coesione 2021-2027 per la creazione di Ecosistemi dell’Innovazione al Sud e per il potenziamento  delle Zone Economiche Speciali che, unite  al potenziamento del sistema portuale possono diventare  fattori di attrazione degli investimenti e di sviluppo industriale e non solo strumenti di mera defiscalizzazione per  attività che già operano sul territorio.

In generale  sembra che ci sia consapevolezza che non basta una eventuale unidirezionalità di progettazione, programmazione ed esecuzione dal Governo centrale, ai Governi locali, ai “territori”. Anche perché  una chiara capacità di “governance” delle amministrazioni pubbliche del Sud Italia sembra, salvo eccezioni, per ora mancare.

Avanzo allora tre proposte. La prima per “ridurre divario di cittadinanza” di cui parla il PNRR. La seconda per “aumentare la governance”. La terza per lo “sviluppo sostenibile” tramite la tecnoscienza. Le mie proposte potranno sembrare astratte e/o azzardate  ma il Mezzogiorno ha dei precedenti e delle iniziative di successo. Di qui innanzi, pur trattando quasi sempre del Mezzogiorno, avrò un Focus  sulla Sicilia in quanto Regione a Statuto Speciale che ha delle possibilità di intervento molto accentuate

4) Ridurre il divario  di cittadinanza: sussidiarietà  e solidarismo liberale La prima proposta è qualitativa e civile. Nel Mezzogiorno si sono  create situazioni di sfiducia tra cittadini, forze sociali e  soggetti istituzionali che hanno anche causato una forte emigrazione di giovani generazioni. Eppure ci sono al Sud delle punte di eccellenza sia nella imprenditoria sia nella ricerca scientifica sia nella dedizione al bene comune di cittadini e di pubblici ufficiali. Ma senza un sistema reticolare pubblico-privato, di solidarismo liberale è molto difficile portare a successo un impegno di investimenti come quello del PNRR. Non è quindi solo un problema di criminalità organizzata, anche se è certamente un vulnus, che danneggia gravemente il Mezzogiorno e che viene combattuto da ammirevoli “servitori dello Stato”.

Bisogna ridare spazio a tutte le forze sociali, economiche e culturali del Sud. È noto come sia un sostenitore del solidarismo liberale e della sussidiarietà dove istituzioni, società ed economia svolgono ruoli specifici ma complementari. Bisogna dare spazio a Associazioni, Fondazioni ed altri soggetti meglio se connessi a omologhi soggetti del Nord e anche in Europa. Al proposito vanno citate come esempi eccellenti in questo contesto la Svimez e la Fondazione per il Sud promossa da Acri. Al fine di riconoscere a questi soggetti uno status di rilevanza civile si potrebbero creare alcune “Consulte”, poche ma qualificate che non possono certo supplire i titolari politico-istituzionali delle decisioni ma li possono orientare. Nel Nord Italia le fondazioni e le associazioni hanno un ruolo fondamentale nel creare coesione e fiducia sociale che dà forza alla economia e alle istituzioni.

5) Potenziare la Governance: Cassa depositi e prestiti e Enti di Co-sviluppo Sud La seconda proposta è gestionale ed operativa ma anch’essa riguarda il solidarismo liberale e la sussidiarietà .Si tratta dei partenariati pubblico-privato hanno un ruolo fondamentale. Il riferimento apicale è in Italia la Cassa Depositi e Prestiti, che ha tra i suoi azionisti le Fondazioni di origine bancaria e lo Stato, che è fortemente connessa alla Bei e ad altre Casse Depositi e Prestiti Europee, che ha partecipazioni in grandi imprese che sono a controllo pubblico ma anche con forti partecipazioni di azionisti privati.

Sappiamo che la Cdp svolgerà un ruolo cruciale in tutto il PNRR, operando su più fronti da quello finanziario a quello manageriale/gestionale. Un indizio di ciò si può trovare nella recente nomina voluta del Presidente Draghi ad Amministratore delegato di una autorevole personalità proveniente dalla BEI. Una nomina che lascia supporre  la volontà di traghettare la CdP dal ruolo di ente di sostegno (finanziario) alla politica industriale “di Stato” a Banca di sviluppo secondo linee strategiche macro, meso e micro economico.

Partendo da una esperienza storica che per una fase di sviluppo del Sud ebbe notevole successo bisognerebbe allora pensare a due Enti di Co-sviluppo snelli ma efficienti del Mezzogiorno (uno per quello peninsulare e l’altro per quello insulare) controllati dalla CDP e partecipati variamente in minoranza da enti locali e grandi imprese italiane ma internazionalizzate. Il caso storico è ovviamente la Cassa del Mezzogiorno che uno dei suoi fondatori, Saraceno, definì “speciale apparato pubblico non burocratico” con la “responsabilità di programmazione, progettazione e finanziamento pluriennale degli interventi aggiuntivi e intersettoriali volti allo sviluppo della società meridionale”. Una Entità “sottoposta al controllo del governo per quanto riguarda l’indicazione degli obiettivi e la vigilanza sul loro perseguimento, ma pienamente autonoma sul piano organizzativo, tecnico e operativo” (Saraceno 1987).

Questo non è un richiamo passatista o nostalgico perché adesso qualcuno dirà che “tutto è cambiato” ma è un incentivo all’innovazione come fu a suo tempo la Cassa. Tale proposta risponde anche alla necessità di responsabilizzare e valorizzare maggiormente  i ceti dirigenti del Sud Italia, incentivandoli a riacquisire una forte credibilità politico-istituzionale e socio-economica. In tal caso si potrebbero utilizzare anche alcune “Consulte “di cui ho detto prima, con il mandato di dare pareri per gli interventi del nuovo Ente.

La CdP dispone già di quelle figure professionali e tecniche ma altre sono necessarie (magari reimportando talenti del mezzogiorno emigrati) per creare due “Enti di Co-Sviluppo Sud” finalizzati all’attività di programmazione e controllo degli investimenti. Esempi di tali Enti esistono già a livello europeo sebbene adottati per settori molto diversi da quello che qui si discute. In questo senso, la KfW (Kreditanstalt für Wiederaufbau) tedesca è un esempio calzante perché ebbe un ruolo formidabile nella fase di riunificazione della Germania dopo il 1990. La vera sfida per il Sud, oltre che il corretto indirizzamento degli investimenti del PNRR fino al 2027, sarà la capacità di programmare una politica di sviluppo in grado di sostenere oltre il 2027 quel percorso di crescita che dovrebbe essere costruito con il PNRR. Senza un sistema di governance strutturato, territorialmente e socio-economicamente solido, sarà ben difficile rilanciare la crescita del Mezzogiorno che secondo le stime del Ministero per il Sud dovrebbe essere del 24% in 5 anni.

Quindi ben al di sopra di quella Nazionale che secondo le stesse stime dovrebbe essere del 16%. Si tratta di un processo di convergenza accelerata a mio avviso non ancora sufficiente se si punta ad integrare una volta per tutte il tessuto socio-economico del Mezzogiorno con quello del Nord perché la divaricazione penalizza entrambe.

6) Mezzogiorno, Mediterraneo ed internazionalizzazione   Abbiamo focalizzato la riflessione su un aspetto di metodo (Consulte) e su aspetti organizzativi di sistema (Ente di Co-sviluppo). Concludo sulla geo-economia tra Mezzogiorno-Mediterraneo-Europa. È un tema cruciale che richiederebbe una analisi a parte e che passa dalla creazione di un sistema portuale e di logistica capace di dare all’Europa una nuova centralità verso il Sud e l’Est del mondo. Lo stesso Ponte sullo Stretto potrebbe così acquisire un significato ben più rilevante. Le risorse finanziarie di cui abbiamo parlato sono molto grandi ma se si pensa in grande sono necessarie anche con una nuova progettualità.

È fondamentale, in questo senso, considerare la dimensione euro-mediterranea del Mezzogiorno. La condizione privilegiata di piattaforma territoriale che mette in connessione il continente europeo con la sponda Sud/Sud-Est del Mediterraneo, specie in un periodo di accresciuta dipendenza europea dall’importazione di materie prime, principalmente dall’Africa e dalla Cina, rende il Mezzogiorno un territorio europeo di importanza strategica. Per questo motivo, si dovrebbe dedicare un’attenzione specifica alla dimensione marittima e dei collegamenti logistico-produttivi che trovano nel sistema portuale del Mezzogiorno una sorta di “porta d’ingresso” in Europa. In particolare, il quadrilatero portuale-logistico di Napoli-Bari-Taranto-Gioia Tauro potrebbe essere potenziato in un Esagono, includendo anche i porti di Catania e Palermo. In questo modo si potrebbe insediare una rete logistica euro-mediterranea che troverebbe nella flotta mercantile italiana, una delle più grandi al mondo, un alleato insostituibile.

Nello specifico, una simile progettualità comporterebbe per la Sicilia la necessità di ridefinire tanto le linee di comunicazione e trasporto ‘retro-portuali’ (Alta velocità/capacità e mobilità generale) quanto l’apertura di nuovi scenari internazionali per quanto riguarda le produzioni consolidate (ad es. l’agroalimentare) ma anche per tutti quei settori produttivi  che già esistono ma la cui competitività  risente molto  dalla scarsità di infrastrutture di trasporto efficienti e affidabili.

7) Una conclusione sul futuro:  Co-sviluppo euro-mediterraneo La mia riflessione ha enfatizzato dei problemi di metodo e di governance  sistemica (solidarismo liberale e Enti di Co-sviluppo). Tutto ciò potrebbe apparire troppo ambizioso e che meglio sarebbe limitarsi a meso-progetti o micro-progetti di realizzabilità ravvicinata. Eppure la Sicilia e il Mezzogiorno hanno un ruolo potenziale di sviluppo cruciale per l’Italia e per l’Europa. I profili progettuali potrebbero fare  del binomio Sicilia-Mediterraneo anche per un fattore cruciale la transizione eco-energetica dell’idrogeno via interconnessioni infrastrutturali con il Nord-Africa.

E qui il ruolo della CDP con le sue potenti connessioni con la Bei e la Bers ed in tal modo inserita nel sistema mondiale delle Banche sovranazionali di sviluppo (tra cui Banca Mondiale e la cinese AIIB che ha come azionisti anche Italia, Francia e Germania) potrebbe avere concretezza svolgendo un ruolo di ‘driver’ di integrazione regionale inter-mediterranea. La Sicilia in particolare, come Regione a Statuto Speciale, è collocabile in queste prospettive. In conclusione ho dato una valutazione forse più “simbolica” che sostanziale del futuro ma  i simboli hanno un potente effetto per la creazione di convinzioni senza le quali non c’è sviluppo sostenibile.


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