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Signora Ministra,

io sono meridionale come Lei e quindi conosco come Lei i pregi e i difetti dei cittadini della nostra terra e, soprattutto, io per motivi di età più di Lei, conosco le abitudini di chi è preposto alla gestione della cosa pubblica.

Ora tutti ci siamo convinti che, a differenza del passato, ci sono rilevanti risorse economiche. Ora tutti ci siamo convinti, o ci hanno convinto, che non il 30%, non il 40% ma addirittura il 50% (qualche ministro dell’ultima ora si azzarda a parlare addirittura del 60%) delle risorse del Pnrr è destinato al Mezzogiorno.

Io e Lei – io, ripeto, più di Lei per problemi di età – abbiamo più volte, in più occasioni sentito e vagliato queste assicurazioni e poi queste percentuali sono rimaste all’interno della strana tecnica mediatica dell’annuncio. Quella tecnica che viene utilizzata quasi sempre da parte di chi per un determinato tempo riveste ruoli istituzionali.

IL MONITORAGGIO

Avere ottenuto l’inserimento nel Pnrr di 1.800 milioni di euro per realizzare un lotto della ferrovia ad alta velocità Battipaglia – Romagnano sulla linea Salerno – Reggio Calabria, rappresenta la massima soddisfazione per il presidente della Regione Campania, per il presidente della provincia di Salerno, per il sindaco di Salerno, per quello di Battipaglia, per quello di Romagnano, di 7 o 8 o 12 parlamentari dei vari collegi locali.

E sapere che nel Pnrr esiste un titolo “Asse ferroviario ad alta velocità Salerno – Reggio Calabria” costituisce un successo di tutti coloro che, essendo presenti direttamente o indirettamente lungo questo corridoio infrastrutturale e rivestendo ruoli istituzionali, si sentono attori promotori di questo risultato. Si sentono, Signora Ministra, soddisfatti di un titolo, di una voce di spesa che per ora è solo allocata.

Signora Ministra, come Lei sa noi partiamo da una triste esperienza che ci fa davvero vergognare all’interno dell’Unione europea: dei 54 miliardi del Programma del Fondo di sviluppo e coesione 2014 – 2020 in sei anni ne abbiamo impegnati 24 e spesi 3,8 (ripeto: tre miliardi e ottocento milioni di euro).

E per non perdere definitivamente le somme non impegnate, pari a circa 30 miliardi di euro, dobbiamo fare in modo di spenderli entro e non oltre il 31 dicembre del 2023. E allora, proprio perché conosciamo questi limiti e siccome vorremmo evitare di ritrovarci il 31 dicembre 2026 impegnati solamente nella ricerca dei responsabili della “mancata spesa” e al sistematico confronto tra organo centrale e organo locale, tra stazioni appaltanti e imprese di costruzione, cerchiamo sin da adesso di monitorare in modo capillare questo non facile teatro di convenienze e di occasioni irripetibili per la nostra terra.

MOMENTI CHIAVE E OPERE FERROVIARIE

Forse Lei ha già istituito presso il Suo Dicastero un organismo preposto all’avanzamento dei vari interventi, tuttavia sarebbe opportuno che il monitoraggio verificasse essenzialmente tre momenti chiave, e cioè:

  • La reale e misurabile conclusione della fase progettuale;
  • La conclusione dell’iter approvativo e autorizzativo;
  • L’avvio concreto dei cantieri.

Le mie indicazioni sembrano banali, ma purtroppo il controllo vero – ripeto: vero – di questi tre momenti è, a mio avviso, una condizione per misurare la correlazione tra la progettazione di un’opera e il tempo necessario per la realizzazione dell’opera stessa. È l’unico modo per misurare le nostre lentezze e, forse, le nostre irresponsabilità.

A tale proposito Le ricordo che siamo ormai da quasi 10 (dieci) mesi sotto i fari accesi di una Unione europea che cerca di capire quando e come il nostro Paese passerà dagli annunci, dalla definizione dei programmi, dall’istituzione della governance (tra l’altro, purtroppo, non una ma diverse) all’apertura dei cantieri, alla concreta utilizzazione delle risorse coerenti ai programmi di spesa definiti e approvati.

Tento di farLe un esempio, riferendomi solo alle infrastrutture ferroviarie, per ricordarLe che per le opere ubicate nel Mezzogiorno penso sia necessario prendere visione dello stato di avanzamento dei progetti e dei relativi cronoprogrammi proprio per superare tutti i vincoli autorizzativi, tutti i localismi e i provincialismi che in molti casi hanno reso e rendono difficile il lavoro delle Ferrovie dello Stato.

Prendo come esempi quattro opere fondamentali presenti nel Pnrr: l’asse Napoli – Bari, l’asse Salerno – Reggio Calabria, l’asse Taranto – Potenza – Battipaglia e il sistema Palermo – Messina – Catania (vedi il grafico in alto).

Esiste poi una serie di interventi come la linea Rosarno – San Ferdinando, la Bari – Bitritto, la Cancello – Benevento, la Bari – Taranto, la Venafro – Campobasso – Termoli, la Roccaravindola – Isernia – Campobasso, la Salerno – Aeroporto di Pontecagnano, la Pescara – Foggia – Brindisi, il collegamento porto e bypass porto di Augusta, l’asse Bari – Lamasinata, la linea Potenza Foggia, il completamento della linea Ferrandina – Matera, la linea Barletta – Canosa, il nodo intermodale di Brindisi, la velocizzazione della linea jonica, il nodo di Catania, l’asse Palermo – Agrigento – Porto Empedocle, l’intermodalità Trapani – Birgi, il collegamento aeroporto di Olbia e il raddoppio Decimomannu – Villamassargia.

IL TEMPO PERDUTO

Sono tutti interventi che hanno un inserimento nel Pnrr per circa 3.400 milioni di euro, ma che allo stato sono relativi tutti a nuovi interventi e i cui progetti o sono allo stato di studio di fattibilità, o di fattibilità o di progetto di massima. Sono tutti interventi che devono essere quindi completati, essere approvati, essere condivisi con gli organi locali. Le ho fatto una analisi sintetica delle opere ferroviarie nel Mezzogiorno e da tale analisi che sicuramente Lei già conosce emerge un dato davvero preoccupante: escluso l’asse Napoli – Bari il resto è tutto da progettare, è tutto da approvare, è tutto da appaltare.

Devo esserLe sincero, ma nasce spontanea una prima considerazione: questo quadro di interventi, di progetti, di scelte era noto sin dal mese di febbraio di questo anno, poi a maggio è stato reso ufficiale e definitivo, poi il 13 luglio l’Unione europea lo ha avallato ulteriormente; sono passati otto mesi, cinque mesi, tre mesi e si continuano a organizzare le governance, si continuano a confermare gli impegni autorizzati, si continuano a fissare le Commissioni per approvare i progetti.

IL VALORE DI UN GIORNO

Tutte azioni obbligate, tutte iniziative utili, ma intanto in questo modo abbiamo regalato al futuro un anno e forse all’Unione europea una somma rilevante di risorse che non saremo in grado di spendere. Ministra, siccome conosciamo questo difficile brodo e siccome sarebbe davvero folle non invertire le abitudini, sarà bene dare il giusto valore non al significato di un anno o di un mese o di una settimana, ma convincersi che anche perdere un giorno significa compromettere un percorso che, devo esserLe onesto, allo stato è davvero difficile da attuare. Ma io ho grande stima della Sua persona.


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