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Una manifestazione dei lavoratori della Meridbulloni

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La fabbrica chiude? Se vuoi continuare a lavorare devi trasferirti al Nord. E’ l’altra faccia dell’incubo per tante famiglie meridionali. Non c’è solo il Covid a rovinare la vita dei lavoratori italiani. C’è la paura di perdere il lavoro e di vedere il proprio territorio diventare un deserto, senza prospettive per il futuro. E di stravolgere la vita, da un giorno all’altro. Secondo la Cgil, attualmente tra Napoli e la sua provincia sono 500 mila i lavoratori a rischio. È un fine anno catastrofico sul fronte occupazionale, come sarà anche l’inizio del 2021.

L’ultimo dramma occupazionale si è consumato il 18 dicembre. La Meridbulloni, una delle ultime fabbriche di Castellammare di Stabia (Napoli) che aveva resistito alla crisi della siderurgia degli anni Ottanta, ha chiuso. Sono 81 gli operai (genera anche un indotto di altre 15 unità), che, senza preavviso, ora si ritrovano in cassa integrazione fine alla fine di giugno; dopo, potranno rientrare nel ciclo produttivo solo se disposti a trasferirsi insieme con l’azienda tra Torino e Milano.

La Meridbulloni è di proprietà dei fratelli bergamaschi Fontana, che hanno comunicato la volontà di chiudere la fabbrica per trasferirla al Nord, annunciando la fusione con l’Industria Bulloneria Speciale Srl di Buttigliera Alta (To). Ieri è pervenuta la raccomandata dell’azienda ai dipendenti in cui si comunica, non solo il giorno di presa servizio che sarà dal 1 febbraio 2021, ma anche che la sede di Castellammare di Stabia «cesserà ogni attività e tutti i lavoratori dovranno mutare sede di lavoro e saranno trasferiti presso lo stabilimento di Ibs».

Per la Uilm Campania è uno «scippo del lavoro da Sud a Nord». «Il licenziamento mascherato degli 80 lavoratori della Meridbulloni è proprio una brutta storia – ha dichiarato il segretario generale della Uilm Campania, Antonio Accurso – Pensavamo che imprenditori senza scrupolo facessero parte del secolo passato, ma l’impotenza del governo ad affrontare e fare rispettare leggi ed accordi in vertenze note come quella della Whirlpool e dell’ex Ilva, hanno dato il segnale che le istituzioni non riescono a frenare gli interessi del capitale e si limitano a registrare gli eventi».

«È necessario – continua il numero uno della Uilm campana – un intervento autorevole per fermare da subito queste crisi ed evitare un effetto di reazione a catena nel 2021, attraverso strumenti che rilancino l’economia e l’industria prima della scadenza del blocco dei licenziamenti». «Oggi – conclude Accurso – nell’incontro di procedura ex art.47 l’azienda, senza spiegazioni credibili, ha confermato che gli 81 operai devono trasferirsi al Nord entro il 1° febbraio. Si tratta di uno scippo di lavoro dal Sud al Nord».

Dura denuncia da parte della Cgil di Napoli e Campania. «È stato un 2020 drammatico. Siamo molto preoccupati, perché il mondo del lavoro in questa regione sta pagando il prezzo più pesante e quasi irreversibile. Quella della Whirlpool è una vertenza simbolo per la città e la regione. Qualcuno crede, in modo irresponsabile e provocatorio, di farla finire nella maniera peggiore». Così il segretario generale Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, commenta l’anno che si appresta a concludere nel corso di una conferenza stampa che si è svolto questa mattina per fare il bilancio del 2020 e fare il punto sulle principali vertenze che interessano l’industria e il commercio come Whirlpool, Jabil, Meridbulloni e altre. La Meridbulloni di Castellammare è un’altra vertenza emblematica, un’altra pugnalata alle spalle di questo apparato industriale e dei lavoratori, con una multinazionale italiana che decide di lasciare il nostro territorio».

«Per quanto riguarda il Casertano – ha proseguito il segretario generale Cgil Napoli e Campania – si era prospettata una via d’uscita che, con il coinvolgimento della Regione Campania poteva far pensare ad un grande polo tecnologico in Terra di Lavoro. Poi c’è la Dema di Somma Vesuviana e la Auchan di Pompei, dove una grossa parte di lavoratori rischiano di rimanere a casa. Non dimentichiamo, inoltre, il settore in crisi del commercio e del turismo, il mondo dello spettacolo che non riparte, le piccole imprese e il milione di lavoratori che in Campania sono stati posti in cassa integrazione».

«Tra Napoli e provincia – conclude – sono più di 500mila i lavoratori coinvolti. Con il superamento del blocco dei licenziamenti a marzo prossimo, il 2021, così come l’anno che sta per finire, sarà all’insegna della lotta e dell’impegno. Noi ci saremo e continueremo sempre ad essere alfianco dei lavoratori per difendere il futuro di questa città e della Campania». Sul fronte dei rapporti con Regione Campania e Comune di Napoli, Ricci ha annunciato l’avvio – a gennaio – di sei tavoli tematici su industria, sanità pubblica e privata, scuola, lavoro e trasporti con i vari assessori regionali, mentre al Comune di Napoli e al sindaco, Luigi de Magistris, Ricci ha avanzato una proposta: «Convocare un Consiglio comunale monotematico aperto alle parti sociali, alle organizzazioni sindacali e alle associazioni per non perdere l’occasione di gettare le basi per ripensare la città nei prossimi mesi».

Ma non finisce qui. Ieri ha chiuso parzialmente i battenti anche Auchan Pompei: infatti è prevista la cessione di una parte dell’ipermercato al gruppo Ci.Bo. Pompei. Solo 45 manterranno la loro occupazione, mentre per gli altri 61 scatta l’esubero. Ma la grande mazzata di Capodanno arriva soprattutto per la sede Auchan di Nola, dove 100 dipendenti andranno in cassa integrazione a zero ore a partire dal prossimo primo gennaio. I lavoratori dell’Auchan saranno messi in cassa integrazione perché non potranno essere licenziati subito in quanto il decreto governativo anti Covid ha bloccato i licenziamenti in tutta Italia fino al 21 marzo prossimo.


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