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Il presidente Conte tra i banchi del Governo

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L’unica cosa che si è verificata è lo stato di grande tensione e incertezza che regna nella coalizione di governo. Perciò dopo gli incontri a due fra Conte e i vertici dei partiti di maggioranza si è chiuso tutto con un rinvio a gennaio. Colpa di Renzi? No, va bene a tutti che sia così, perché la situazione è talmente ingarbugliata che ci vuole tempo per sciogliere i diversi nodi.

Per capire, conviene partire da queste. Sgomberiamo subito il campo dalla litania che siccome c’è una grave pandemia in corso sarebbe bene fermare tutto. E’ una stupidaggine strumentale messa in campo dai supporter di Conte: se non si esce dall’impasse politico non si riuscirà neppure a governare l’emergenza sanitaria che non cessa e che logora la resistenza dei cittadini (vedi attuale pasticcio delle chiusure natalizie).

IL MONDO NON SI FERMA

Proprio perché siamo in una fase di emergenza come tutto il mondo bisogna che la politica mostri la capacità di scegliere per l’oggi e di progettare credibilmente per domani. C’è molta fatica per raggiungere questo obiettivo, perché nella maggioranza ciascuno è fisso sul proprio problema di tenuta (a cominciare dal premier) e l’opposizione è spinta a concentrarsi solo sull’obiettivo di sfruttare questa debolezza come se da ciò le venisse una forza che non ha.

Il mondo non si sta fermando per la pandemia: le scadenze continuano ad incombere ed anzi proprio in vista del complicato problema di ricostruzione che ci sarà dopo la sua fine, quando crescerà inevitabilmente la concorrenza generalizzata, è necessario disporre di un governo autorevole. Teniamo conto che i fondi del Next Generation UE non ci verranno dati senza che i partner europei ci tengano sotto controllo, ma anche del fatto che il prossimo anno toccherà all’Italia la presidenza del G20.

Si tratta di una posizione che può essere più di facciata che di sostanza, ma anche no, perché se ci si sa fare qualcosa si porta sempre a casa, almeno in termini di crescita nella considerazione degli altri membri del club. Siamo sicuri che il Conte 2 nelle attuali condizioni sia in grado di raggiungere quell’obiettivo o non rischiamo di uscire dalla prova con la nostra reputazione a pezzi? Queste cose al Quirinale le sanno benissimo e temiamo costituiscano il rovello delle loro notti.

COME UN CONDOMINIO

La gestione della verifica ha mostrato tutta la fragilità del contesto. Innanzitutto Conte non è stato in grado di condurre il gioco, ponendo lui i temi sul tavolo e chiedendo di avere su quelli una presa di posizione dei suoi interlocutori. Al contrario ha scelto di fare l’amministratore di condominio che sente i pareri di tutti i condomini e cerca anche di metterli in contrasto fra loro in modo da facilitarsi la strada per una mediazione a suo favore. Diciamo la verità: non è servito a consolidarlo nel suo ruolo.

PRETORIANI DIVISI

I condomini si sono divisi fra i pretoriani dell’amministratore (i Cinque Stelle), quelli che lo vogliono ridimensionare o sostituire (Italia Viva), e quelli che cercano di acquisire la leadership di una situazione sfilacciata senza far loro la parte di quelli che vogliono silurare l’amministratore (il PD). Poi ci sono quelli che non si capisce mai cosa ci stiano a fare perché una proposta complessiva non la tirano mai fuori (LeU). Così non si capisce come possa andare a finire, perché è un problema di ridefinizione delle maggioranze interne, cioè in buona sostanza cosa ha in mente di fare il PD e cosa M5S.

I Cinque Stelle sono la componente più ambigua del sistema. Conte vuole usarli come guardia pretoriana, ma quelli si sono accorti che lo fa pro domo sua (cioè della sua cerchia) e non certo per autentica consonanza con loro (consonanza difficile visto che M5S non sa più cosa sia). Tuttavia non è conveniente per loro né spingere per un nuovo governo in cui difficilmente avrebbero una posizione migliore e che li esporrebbe solo a ulteriori tensioni interne (vedi la conversione pro Conte di Di Battista ed altri), né però esagerare nel rimanere fermi a rischio, per quanto ridotto, di nuove elezioni che li falcidierebbero.

Renzi pensa di potere trarre vantaggio da questo impasse pentastellato puntando a ridimensionare Conte, non tanto come persona, quanto come grumo di interessi e centri di potere che l’hanno eletto a loro punto di riferimento. Per questo sostanzialmente gli va bene tanto un Conte dimezzato quanto un nuovo governo con altro premier che il leader di IV scommette verrebbe tirato fuori dal cappello di un parlamento (e di un sistema istituzionale) che sa di non potersi permettere la deflagrazione di nuove elezioni.

PD ALLA FINESTRA

Il PD sta provando a stare a guardare, bilanciando due obiettivi. Far passare riforme che gli stanno a cuore (Mes sanitario per quanto rivisto; riforma elettorale; ecc.) presentandosi come la versione ragionevole di quel che Renzi ha buttato sul tavolo del poker. Evitare il passaggio della ricerca di un nuovo governo che costringerebbe a negoziati defatiganti per sistemare equilibri complicati col rischio di avere alla fine un esecutivo non molto meglio dell’attuale, e persino più litigioso.
A tutti servono le poche settimane che ci separano dalla ripresa della vita parlamentare dopo l’Epifania per costruire degli scenari che consentano di affrontare le scadenze del nuovo anno senza andare a sbattere. Basta che si lavori davvero in questo senso con l’umiltà di sapere che è necessario un colpo d’ala o un colpo di reni senza che ciascuno pensi di essere il più abile in quello che credono sia un gioco di azzardo a pro dei singoli giocatori, ma in realtà è la costruzione del futuro dell’Italia.


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