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Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana

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Tutti pazzi per lo Sputnik. C’è, non c’è, lo vendono qui, lo vendono lì. La notizia dell’avvio della produzione su suolo lombardo ha fatto impazzire la stampa italiana e non solo: siamo in un periodo di carenza di dosi, tanto che il premier Draghi ha bloccato pochi giorni fa le esportazioni fuori dall’Europa, dunque l’idea che ce ne sia un altro pronto a essere sfornato a ripetizione ha scaldato gli animi. Tanto più che la Lega di Matteo Salvini spinge da settimane per comprare il vaccino russo nonostante non sia stato approvato dalle autorità sanitarie europee.

Le notizie su milioni di dosi pronte a essere sfornate in Italia e per l’Italia si sono rincorse, fino alla stroncatura della stessa azienda che le ha bollate come fake news. Perché nel caos mediatico si sono pure confuse l’Agenzia italiana del farmaco e l’Agenzia europea per i medicinali, in un’infodemia su cui è scivolata anche Regione Lombardia. 

Appena si è saputo dell’accordo per mettere in cantiere lo Sputnik nella sede di Caponago (piccolo comune brianzolo) della Adienne Pharma&Biotech, Attilio Fontana ha esultato su Twitter, riuscendo a creare un mezzo caso diplomatico: mentre lui festeggiava, l’assessorato al Welfare diffondeva una nota in cui sottolineava di non aver alcun collegamento con gli accordi per la produzione del vaccino.

Ecco dunque che l’opposizione ha avuto buon gioco nel chiedere quale fosse la posizione reale di Palazzo Pirelli: “Il presidente Fontana dovrebbe chiarire se il pensiero di chi guida la Regione Lombardia corrisponde al post di giubilo per la produzione del vaccino russo Sputnik in Lombardia o, invece, alla fredda dichiarazione con cui la stessa Regione ha preso le distanze dalla vicenda. Ormai Regione Lombardia parla a due voci, sempre più spesso contrastanti, e non si capisce da che parte voglia andare – ha dichiarato il capogruppo del Pd in Regione Fabio Pizzul -. Quanto a Sputnik sono settimane che la Lega tifa per il vaccino prodotto in Russia e sono settimane che la Regione insiste perché i vaccini vengano prodotti anche dalle nostre aziende. Pare di capire che la Regione non abbia avuto alcun ruolo nell’accordo per la produzione locale di Sputnik che non è ancora autorizzato da Ema e da Aifa. Tra l’altro, se il vaccino russo fosse prodotto qui sarebbe una beffa, perché sarebbe destinato interamente all’esportazione e non ai cittadini lombardi, a meno che non intervenga nel frattempo l’autorizzazione. Regione dovrebbe almeno chiarire se si limita a fare il tifo per la Russia di Putin e a sostenere la sua politica estera tramite il vaccino o se lavora per garantire che i cittadini lombardi siano vaccinati nel minor tempo possibile: al momento le risposte ci paiono contraddittorie”.

L’equivoco ha preso dimensioni tali da indurre Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare, a precisare la situazione: “Non c’è stato nessun coinvolgimento da parte di Regione. Sono accordi definiti a livelli diversi. Dichiarare che è una bella notizia non significa dire che la Regione è stata coinvolta. Non c’è stata nessuna differenza di prese di posizione”. 

Ennesimo inciampo nella comunicazione di un Fontana forse sempre più stanco. Ma il tema dello Sputnik resta aperto e in un certo senso riecheggiano le parole dell’ex presidente Barack Obama sulla “generazione dello Sputnik”.

Perché si riferiva a una generazione che doveva lavorare sul riscatto. E così è anche se in questo caso i russi non sembrano nemici, ma alleati: come ha spiegato lo stesso titolare della Adienne Pharma&Biotech Antonio Francesco Di Naro è stata la Camera di Commercio Italo-Russa a metterli in contatto con il fondo sovrano russo che stava cercando un’azienda europea che potesse produrre lo Sputnik ne aveva contattate anche altre e siamo stati selezionati noi.

Ma i lavori sono appena agli inizi: “Non abbiamo né tempi né dosi, quanto si dice oggi sui media è completamento falso, è un accordo di produzione per il vaccino e attualmente non posso dirle quando inizieremo a produrlo perché siamo ancora in una fase di trasferimento tecnologico – ha affermato – è la prassi: ci sono i processi di autorizzazione, di validazione, si chiede all’authority di uscire, in questo caso l’Aifa. Non produciamo caramelle quindi occorrono i tempi giusti prima di metterli in commercio. Noi aspetteremo l’Aifa, perché l’Ema serve solo se si vuole vendere all’interno dell’Europa – ha precisato – Non abbiamo avuto nessun contatto con le autorità ministeriali e non sappiamo dove saranno destinate le dosi, la produzione viene fatta perché è propedeutica a generare dei dati, poi efficacia ed efficienza vengono validate della autorità competenti”. 

Tra una fake news e un caso mediatico di Regione Lombardia arriva anche la notizia  che altre due aziende su suolo italiano sono pronte a produrre il vaccino russo dopo l’accordo firmato con il Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF). Lo avrebbe confermato Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia, a un’agenzia. Tutti pazzi per lo Sputnik. 


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