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Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana

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La Corte dei conti regionali affonda l’ultimo colpo su Aria spa. Oggi verrà infatti presentata alla giunta regionale una relazione che definisce la centrale acquisti regionale come un inutile carrozzone.

Impossibilitato a svolgere il lavoro per cui viene pagata la società perché non ha il personale per svolgerlo. I contenuti del documento, anticipati dal TgLa7, sono l’ennesima mazzata per un’azienda che dalla primavera 2020 sta vivendo una crisi scoppiata proprio a causa della pandemia.

Aria non aveva nemmeno le strutture tecnologiche adeguate per gestire le prenotazioni per i vaccini: molti passaggi dovevano essere completati con trascritture a mano. Dunque nessuno stupore per il caos totale con cui è partita la campagna in Lombardia. Aria secondo la Corte dei conti è un gigante con i piedi d’argilla, quasi più un problema per la gestione sanitaria che il suo centro d’eccellenza.

Perché l’azienda era nata con grandi ambizioni, ma poi con la pandemia è sprofondata. Prima ci sono stati i mesi delle spese impazzite per cercare rifornimenti per gli ospedali lombardi.

Nella foga di quei giorni il direttore generale di Aria Filippo Bongiovanni era finito indagato perché una delle aziende da cui doveva rifornirsi l’azienda era di proprietà della famiglia del governatore Attilio Fontana.

La Dama spa aveva ottenuto un appalto per una fornitura di camici del valore di 517mila euro. L’ordine però fu trasformato in donazione poco prima che il caso scoppiasse sui media. Nel frattempo iniziarono le prime indagini su Aria e si scoprì di un tentato versamento da 250mila euro da Fontana a Dama.

Il bonifico era stato bloccato dall’anticorruzione della Banca d’Italia perché arrivava dalla Svizzera: Fontana cercava di risarcire la famiglia del mancato introito. Finì però indagato anche lui, pure per autoriciclaggio oltre che per eventuali frodi sull’ordine di camici.

Bongiovanni venne sostituito, ma fu solo il primo di una lunga serie di manager che hanno dovuto lasciare la dirigenza di Aria spa. Perché gli errori non sono mancati in nessun periodo dell’anno. Il sostituto di Bongiovanni è durato otto mesi. Ma i suoi successori sono durati poco, perché pochi giorni fa il presidente Fontana si è trovato costretto a chiedere le dimissioni dell’intero consiglio di amministrazione: gli errori erano ormai davvero troppi durante le prime settimane di campagna vaccinale.

File lunghissime, sms partiti in piena notte, cambiamenti improvvisi di date e appuntamenti fissati a decine di chilometri dalla residenza. Un cambio al vertice che ha però causato diversi malumori, persino all’interno della stessa maggioranza lombarda oltre che di alcuni costretti a dimettersi.

Alla fine Aria è diventata il campo di battaglia anche della politica, con l’ex assessore al Welfare Giulio Gallera che non ha mancato di sottolinearne gli errori e le mancanze dopo aver perso la poltrona proprio per le continue inefficienze.

Ora interviene anche la Corte dei conti a mettere nero su bianco quanto ormai pareva chiaro a tutti, cioè l’esistenza di un problema strutturale all’interno di un sistema sanitario che vale oltre 20 miliardi di euro all’anno di spesa pubblica.

E potrebbe non essere l’ultimo atto della Corte perché già all’inizio di marzo il procuratore regionale Luigi Cirillo avvertiva che i fascicoli aperti su quanto successo nel 2020 in Lombardia erano una ventina e tutti già assegnati.

Qualcuno di questi potrebbe riguardare proprio Aria spa che ha gestito decine di milioni di euro in un periodo di grande confusione, con ordini mai arrivati.

Tra l’altro non è la prima volta che la Corte interviene sul problema Aria: già nel 2018, quando ancora l’azienda era divisa in Lombardia Informatica e Arca, i magistrati contabili avevano messo in luce una gestione dei costi e dell’organizzazione interna da rivedere. Perché i costi di gestione e compiti assegnati da Regione non erano equilibrati. Poi le cose non sembra siano migliorate.


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