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Matteo Salvini con Claudio Durigon

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LA MOZIONE del movimento Cinque Stelle per la revoca della nomina contro Claudio Durigon sarà sicuramente una ritorsione pentastellata dopo che la Lega aveva chiesto un trattamento simile per Anna Macina, sottosegretaria alla Giustizia per l’attacco a Giulia Bongiorno e Matteo Salvini, dopo il video di Beppe Grillo sul caso del figlio Ciro, accusato di stupro.

Ma le conseguenze sono che il governo rischia. La mozione dei 5stelle è contro il sottosegretario leghista al ministero dell’Economia in quanto avrebbe avuto “parole inappropriate circa l’indagine della magistratura che riguarda il partito a cui appartiene”.

I firmatari chiedono al governo di “avviare immediatamente le procedure di revoca, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, sentito il consiglio dei ministri “della nomina a sottosegretario di Stato” di Durigon. Ci sono ancora possibilità che il caso possa chiudersi anzitempo, ma la vicenda entra in una centrifuga delle difficoltà incontrate dal centrodestra alla vigilia delle amministrative previste in autunno. In primo luogo Niicola Zingaretti, ex segretario Pd, tra i politici più popolari a Roma, avendo vinto più volte e in cima nei sondaggi, ma lui continua a respingere le avances di chi lo vuole in corsa in Campidoglio.

Secondo i calcoli degli addetti ai lavori, le speranze di vederlo vincitore sono ormai ridotte al lumicino, appese a un incastro di fattori quasi impossibile da risolvere. Le possibilità sarebbero una su cento. In pole quindi ci sarebbe Roberto Gualtieri, ma la lunga attesa rischia di logorarlo.

Secondo Carlo Calenda che corre per Italia Viva, “la situazione è paradossale. Guido Bertolaso e Nicola Zingaretti, che hanno smentito la loro disponibilità, vengono dati dai giornali come candidati sicuri. Il problema nel centrosinistra è che, come spiega una fonte interna, “non possiamo candidarci contro Virginia Raggi fino a che nei 5stelle nessuno ci sappia assicurare che Conte, o chi per lui, 5 minuti dopo non esca mezzo movimento dicendo “la nostra candidata è la Raggi, ora lasciate la giunta”.

Neppure potrebbe farlo per iscritto Giuseppe Conte, adesso alle prese con lo stop impresso dal tribunale di Cagliari. Ma è nel contesto delle prossime amministrative che si misurano, in questi giorni, destra e sinistra. Soprattutto la destra a Milano è insorta dopo il gran rifiuto di Gabriele Albertini. Il gran rifiuto che ha spaccato Lega e Fratelli d’Italia. I rapporti tra le due formazioni sono tesissimi. Salvini accusa il partito di Giorgia Meloni di avere scoraggiato Bertolaso e Albertini.

E nella mattinata di ieri, la leader di Fdi ha convocato un vertice con una serie di paletti che possono rendere complicata la vita al più volenteroso. Il responso è questo ed è piuttosto singolare: “Sì a un meeting, ma sia riservato ai dirigenti che si occupano di enti locali”. E questa è tutta la disponibilità ad aprire un tavolo. Molto probabilmente avrà luogo mercoledì. E già si parte con un’assenza importante, quella di Salvini: sarà impegnato per la preparazione dell’udienza del caso Gregoretti in agenda venerdì 14 maggio a Catania. Nella lettera a Meloni il leader leghista ha avanzato la necessità “a trovare nomi competitivi” sia a Roma che a Milano, dove le probabilità di vincere sono maggiori.

Intanto, la Lega perde terreno. In un sondaggio, Agi/You trend, la iper maggioranza riunita sotto il nome di Mario Draghi ha perso qualche misura scendendo sotto il 75%. Il centrodestra è sempre la prima coalizione con oltre 20 punti di vantaggio sul centrosinistra che a sua volta stacca di 10 punti esatti il M5S. Per la prima volta la Lega è scesa sotto il 22% per la prima volta dopo 3 anni esatti. Il Pd sale al 19,4%, ma cresce pure Fdi che supera il 18 %.

A questo punto una domanda: come si comporterà Salvini, sarà sempre più uomo di lotta e di governo?. Dopo settimane di ostruzionismo in commissione Giustizia da parte del centrodestra e del presidente leghista Andrea Ostellari e l’annuncio di un disegno di legge alternativo, rispetto a quello, a prima firma Zan, c’è stato un passo avanti verso l’approvazione del provvedimento contro l’omotransfobia. La commissione Giustizia ha deciso che il disegno di legge, già approvato alla camera, sarà discusso da solo e non accorpato con gli altri disegni di legge, come invece voleva il centrodestra. C’è stato uno scontro con l’attuale maggioranza che si è spaccata: 12 favorevoli e 9 contrari. A prevalere è stata la vecchia maggioranza, Pd, M5s, Leu e IV.


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