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Nicola Gratteri e Federico Cafiero De Raho

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IMPROPRIO chiamarla soluzione, ma è una opzione sulla quale si stanno concentrando le attenzioni del premier Mario Draghi nonché quelle dei grillini. E l’ago della bilancia finale, che è sempre pieno di sorprese fino all’ultimo, comincia a pendere dalla parte del governo. Se siamo alla svolta è prematuro sostenerlo. In ogni caso, si tratta di un’appendice alla riforma del processo penale. Se sono rose fioriranno, ma è innegabile che si tratta dell’inserimento di una norma transitoria per l’entrata in vigore della nuova prescrizione.

Come spiega Alfredo Bazoli, capogruppo Pd della commissione giustizia di Montecitorio, è uno degli emendamenti in modo da ottenere un “atterraggio più morbido” della stessa. Ma è anche “una proposta che offriamo alla ministra Cartabia e alla maggioranza”, taglia corto Bazoli.

Bisognerà vedere se questa è davvero la medicina giusta per ottenere il via libera del Parlamento. Se i vari congegni meccanici andranno al loro posto.

Ma è un fatto che ieri a creare un nuovo segnale d’allarme è stata la discesa in campo di due giudici del calibro di Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro e di Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia. In audizione davanti alla commissione Giustizia della Camera. Hanno detto chiaro e tondo che la riforma Cartabia deve essere modificata. Allineandosi, pertanto, con i 5Stelle che, da tempo, chiedono una correzione. Gratteri ha osservato che “il 50% dei processi finiranno sotto la scure della improcedibilità con la riforma della prescrizione della ministra”, chiosando: “E temo che i 7 maxi-processi contro la ndrangheta, che si stanno celebrando nel distretto di Catanzaro, saranno tutti dichiarati improcedibili in appello”.

Ma la questione non riguarda solo i processi di mafia. “In termini concreti, le conseguenze saranno la diminuzione del livello di sicurezza, visto che certamente, conviene ancor di più delinquere”. Questo perché “la norma della improcedibilità scatta se il processo in appello, non si conclude in 2 anni e in Cassazione in 1. Tutti d’accordo i cinquestelle, deputati e senatori. Gli emendamenti presentati dai gruppi parlamentari in commissione Giustizia della Camera sono stati 916. Dunque, poco spazio al dialogo. D’altra parte filtravano news che accreditavano il governo pronto a blindare, con la fiducia, il testo. Un braccio di ferro che potrebbe concludersi entro il 23 luglio.

Dal lato dell’opposizione più ferma, la ministra Cartabia, arrivata ieri a Napoli per incontrare i capi degli uffici giudiziari della Corte d’Appello. Ed ha ribadito la sua contrarietà ad apparire conciliante. Ha affermato che “questa riforma deve essere fatta perché lo status quo non può rimanere tale. So bene che i termini indicati sono esigenti per questa realtà perché partiamo da un ritardo enorme, ma non sono termini inventati, sono quelli che il nostro ordinamento e l’Europa definisce come termini della ragionevole durata. Siamo di fronte a un’occasione unica, non perdiamo il treno del Recovery che sta passando, non possiamo stare fermi, mai come in questo momento sono state mobilitate tante risorse che possono far fronte ai problemi”.

I partiti sono in forte tensione. Se Draghi appare incerto ad andare in vacanza, nei corridoi parlamentari si respira il clima delle grandi giornate. E questa miscela di attesa e di timori non è il migliore viatico per un governo. L’altra sera è stato nuovamente battuto in commissione alla Camera durante l’esame degli emendamenti al decreto Recovery. I deputati hanno approvato una proposta di modifica presentata dalla Lega al pacchetto dei relatori sul dissesto idrogeologico. Ed è per la seconda volta che è andato sotto; la settimana scorsa l’esecutivo era già stato sconfitto sulle opere green. Intanto non è passata la proposta di inserire il Ponte sullo Stretto.

L’emendamento a prima firma Stefania Prestigiacomo non ha superato l’esame notturno della commissione Affari costituzionali. “Sky Vote”, da oggi nuova piattaforma a Torino Esordirà oggi a Torino la nuova piattaforma, “Sky Vote”, in occasione delle comunarie. Come ha spiegato Vito Crimi, reggente del movimento 5Stelle, “la democrazia diretta ha avuto l’effetto di aumentare sensibilmente la partecipazione.


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