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Mario Draghi

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Era il 17 febbraio e non era un venerdì. Mario Draghi parlava al Senato del programma del suo governo, che tra poco avrebbe ottenuto un voto di fiducia tra i maggiori della storia della Repubblica da parte di una coalizione in cui il diavolo stava insieme all’acqua santa. Il contesto era quello del Ngeu, generoso con il nostro Paese per quanto riguardava le risorse stanziate per avviare un cambiamento profondo dell’azienda Italia, prima ancora che della sua economia.

I DOSSIER

Questi mesi non sono passati invano. Il governo ha portato a buon punto o a termine dossier ingialliti negli scaffali dei ministeri, relativi a questioni (si pensi soltanto ad Alitalia) che avevano divorato inutilmente flussi finanziari ben presto sprecati.

Il più importante risultato è stato quello del contrasto alla pandemia, che Draghi aveva lucidamente individuato come la priorità da affrontare, al punto di assumersi il “ragionevole rischio’’ delle riaperture (il miglior contributo alla ripresa), del superamento del blocco anacronistico dei licenziamenti che aveva congelato il mercato del lavoro senza impedire che nel 2020 fosse andato perso un milione di posti di lavoro.

Poi sono venute in rapida successione le riforme dalla Pa e si è posta la pietra d’angolo sulla via di un riordino della giustizia. Ma in quel discorso si erano sentite tante parole nuove. In materia di ambiente, innanzitutto, ben sapendo che la riconversione green dell’economia è uno degli obiettivi a cui sono riservati maggiori stanziamenti.

«Proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede – aveva detto Draghi – un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori, biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane».

LE BATTAGLIE SUL GREEN PASS

L’orizzonte della ripresa – che si annuncia per la prima volta più robusto di quello di altri Paesi – è insidiato dalla variante Delta, per combattere la quale è divenuto ancor più necessario portare a termine e completare la somministrazione dei vaccini. Il green pass sembrava una soluzione intelligente; non un vincolo ma un requisito per accedere nelle comunità di persone, innovando razionalmente rispetto alla linea delle chiusure.

L’opposizione e un pezzo della maggioranza si sono eretti a paladini della libertà, ma ben presto sono stati surclassati dalla Cgil e dai sindacati satelliti che sono riusciti a sostenere tutto (vaccini obbligatori per legge), ma nessuna sanzione per i lavoratori che non sentono ragioni. Anziché la guerra per la secchia rapita, da noi è scoppiata la guerra delle mense. È diventata ormai una questione di principio per i sindacati, che evidentemente non hanno problemi più seri di questo: l’obbligo del green pass per accedere alle mense – dicono – non deve passare. Basterebbe prevedere che il green pass si mostra all’ingresso dell’azienda per risolvere tutti i problemi di traffico interno.

AMBIENTE E SCUOLA

Quanto all’ambiente, in un’estate particolarmente torrida si sono scatenati i piromani e hanno bruciato un’area boschiva grande come uno Stato balcanico; gli incendi hanno lambito le case, allontanato i turisti. Draghi aveva colto l’importanza del turismo, ma aveva anche segnalato che «il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato».

In materia di ambiente Draghi aveva citato persino Papa Francesco: «Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E io penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore».

Sulla scuola il premier era stato ancora più esplicito, nonostante i governatori facessero a gara nel chiudere i plessi scolastici: «Non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà. Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale. Allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia. Il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza. È necessario investire in una transizione culturale a partire dal patrimonio identitario umanistico riconosciuto a livello internazionale. Siamo chiamati a disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, e coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo. Infine è necessario investire nella formazione del personale docente per allineare l’offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni».

«In questa prospettiva particolare attenzione – ha detto il premier – va riservata agli Itis (istituti tecnici). In Francia e in Germania questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo. È stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale. Il Pnrr assegna 1,5 miliardi agli Itis, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate».

PUNTARE SULLA RICERCA

«La globalizzazione, la trasformazione digitale e la transizione ecologica stanno da anni cambiando il mercato del lavoro e richiedono continui adeguamenti nella formazione universitaria – ha detto Draghi – Allo stesso tempo occorre investire adeguatamente nella ricerca, senza escludere la ricerca di base, puntando all’eccellenza, ovvero a una ricerca riconosciuta a livello internazionale per l’impatto che produce sulla nuova conoscenza e sui nuovi modelli in tutti i campi scientifici. Occorre infine costruire sull’esperienza di didattica a distanza maturata nello scorso anno sviluppandone le potenzialità con l’impiego di strumenti digitali che potranno essere utilizzati nella didattica in presenza».

Siamo a poche settimane dall’apertura delle scuole ma per i sindacati del settore il problema principale è quello del green pass. Negli ultimi giorni è poi scoppiata la tragedia afghana. Draghi dovrà assumere la leadership europea anche in questa circostanza.


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