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Mario Draghi

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DRAGHI sta cambiando la lingua della politica. Ogni suo movimento di impercettibile pausa è funzionale al torrente perfettamente ordinato e scandito che seguirà. E in quel torrente  si vedeva la densità dell’informazione, sicché anche gli altri ministri con lui alla conferenza stampa, si adeguano tengono il ritmo non sbrodolano.

Tutti aspettavano di sapere quale sarebbe stata la sua reazione allo sgambettone di Salvini che hanno votato no al Green Card. Draghi ha in pratica risposto che a lui Salvini gli fa un baffo. Non lo ha detto così: con aria infastidita ha detto: ah, ma quelle sono cose politiche, io faccio il governo, i partiti devono risolversele da soli.

Che gliene importa a lui delle bizze e dei segnali trasversali? Lui non è quella politica, siamo nella nuova era. La conferenza stampa del presidente del consiglio e di altri tre ministri che si è tenuta ieri  pomeriggio puntualmente in un’ora è stata prima di tutto una lezione di stile  e lo stile Draghi cessa di essere una forma e diventa sostanza.

Sull’Afghanistan nulla di imprevedibile ma un’accorata passione e l’affermazione perentoria secondo cui i 5000 afghani che l’Italia ha messo in salvo nel nostro paese non sono 5000 straccioni di profughi,  ma dei cittadini profughi, con la dignità dei cittadini che hanno perso la loro patria e che sono accolti da una patria che con loro è in debito. Poi con altrettanta velocità e fermezza ha dichiarato che tutti gli afghani sono stati vaccinati. Ci ha pensato un secondo o due ed ha subito aggiunto che questa è la politica ormai decisa dal governo: tutti quelli che entrano in Italia vengono vaccinati, tutti gli emigranti, tutti i  viaggiatori devono essere vaccinati perché così vuole il governo italiano.  

Ieri sera dopo la conferenza stampa Draghi è andato a Ciampino dove ha preso un volo che lo ha portato a Marsiglia dove lo attendeva Emmanuel Macron per fare con lui il punto della situazione internazionale. All’ordine del giorno ci sono troppe cose: Macron reduce da un viaggio in Ucraina dove ha raccolto venti  di guerra e di malumore ma il presidente francese è attivissimo su tutti i fronti internazionali seguendo una politica che più francese di così non potrebbe essere. Draghi su questo non dice una parola ma e ovvio che i due si intendono fra di loro molto bene.

Nessuno ignora che  Draghi parli francese come parla inglese ma è sicuro che anche Macron parla l’inglese come lo parla Draghi. Quindi, male che va i due a cena non hanno bisogno di alcun interprete,  possono dirsi le cose in faccia perché sono già persone da cose in faccia. La questione si sa, è quella di una forza europea che in un caso come quello della fuga degli americani da Kabul avrebbe potuto, semmai ci fosse stata, agire autonomamente dagli americani: vecchia questione in cui la Francia ha le sue responsabilità perché il paese più refrattario a concedere comandi delle proprie truppe nell’Armée. Ma Draghi ha detto anche in un modo rapido e quindi efficacissimo, perché la velocità con cui si esprime non ammette interstizio, che le relazioni internazionali stanno tutte cambiando,  e che dunque è ovvio che occorrano  nuove relazioni internazionali giustificando così implicitamente il comportamento degli americani, perché prima con Trump e poi con  Biden hanno detto la stessa cosa: tutto è cambiato da quando la Cina è diventato  il luogo dello scontro e quindi il resto passa in secondo piano.

Draghi ha già fatto fuori la via della Cina in Italia e ha già dimostrato – la faccenda della spia italiana che vendeva segreti ai servizi russi – la faccia feroce con Putin,  ma al tempo stesso ha ripetuto che lui avrebbe parlato oggi con il presidente cinese e con tutti i grandi del mondo. E un uomo tecnico, pratico, spettacolare per understatement anche se con tocchi brevissimi non gli spiace alzare la voce quel minimo consentito ai tavoli di presidenza. Ha avuto parole sprezzanti nei confronti di chi usa la violenza e gli insulti e l’ha fatto senza doversi appellare ancora una volta alla costituzione, alla polizia,  al codice. Ha detto solo che lui pensa che chi fa queste cose sia ai margini della società.  Tuttavia, è ben attento a mantenere in pista il concetto secondo cui ogni opinione, specialmente quelle più ostili, debbano essere protette come si fa con gli animali in via di estinzione.

L’economia corre  ha detto e si spiega con il fatto che i paesi che hanno perso di più adesso sono quelli che rimpallano di più.  Si ha usato proprio il verbo “rimpallare” dicendo noi rimpalliamo perché abbiamo perso troppo negli ultimi anni e adesso stiamo rimpallando nel senso che chi ha perso prima troppo adesso rimpalla moltissimo: ma il punto non è il rimpallo in sé quanto il raggiungimento di un nuovo equilibrio evolutivo, di un Paese che cambia alla svelta e in meglio. L’equilibrio tra il prima e il dopo: bisogna che la gente vada a lavorare e sia protetta ma ci vuole anche un  enorme sforzo per metterla in condizione di lavorare in modo moderno e meno lagnoso. Questo non l’ha detto: meno lagnoso. E la nostra impressione perché la struttura mentale e verbale di quest’uomo esprime funzionalità e rispetto allo stesso tempo con una l’esibizione molto netta dei limiti che lui impone e che pretende siano rispettati da tutti i suoi interlocutori e persino dei suoi ascoltatori.

Draghi è un leader di tipo assolutamente nuovo in Italia, credo che sia tale anche per il resto dell’Europa dove di fatto e guardato come al più eminente tra i primi ministri dell’unione.


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