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Roberto Occhiuto, neo eletto presidente della Regione Calabria

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DECREMENTO demografico, l’innalzamento dell’età media, il calo occupazionale, soprattutto tra i più giovani: sono le tre sfide difficili che l’Italia si appresta a combattere nel post-pandemia e tra i territori più penalizzati e che vivono in maniera più critica la combinazione tra questi fattori, la Calabria rappresenta un caso emblematico.

Lo dice l’Eurispes, lo ribadisce l’Eurostat, lo confermano anche i dati dell’Istat, e tre “indizi” fanno una prova.

Secondo l’ultimo report firmato Eurostat ci sono due regioni italiane tra le tre peggiori per occupazione di giovani laureati a tre anni dal titolo: nel 2020 in Italia entro tre anni dalla laurea risulta occupato appena il 59,5% dei giovani tra i 20 e i 34 anni, a fronte dell’81,5% della media Ue a 27. In Calabria, però, la percentuale è in persino in calo e ha toccato il picco minimo del 37,2%, mentre in Sicilia è al 38,3%. La terza regione peggiore è in Grecia.

Ma questo è solo uno dei dati che racconta le difficoltà di una regione dalle potenzialità, inespresse, enormi: da anni ormai c’è un costante “svuotamento” delle città e piccoli borghi, specie quelli che si trovano all’interno della regione. Di questo passo, calcola Eurispes, nel 2050 i residenti in Calabria saranno appena 1,2 milioni e per lo più composta da anziani, quella parte di pensionati che non può permettersi di trasferirsi altrove o non vuole lasciare la propria terra. Un fenomeno grave che rischia, ulteriormente, di modificare in negativo l’assetto sociale ed economico.

Secondo Eurispes, la Calabria è la regione – in termini relativi rispetto alla popolazione residente – con il tasso di emigrazione più elevato: più di 9 residenti su 1.000 lasciano la propria terra per trasferirsi al Centro-Nord o all’estero. Le aree interne dal 1981 hanno perso oltre il 20% della loro popolazione e i Comuni interessati dallo spopolamento sono 190 su 404. Oggi la Calabria conta circa 1.975.000 abitanti, negli anni Ottanta erano 2,2 milioni. Ogni anno migliaia di persone decidono di andar via e tentare fortuna altrove, non solo giovani anche anziani che magari puntano a Paesi come il Portogallo per vivere più serenamente la propria pensione. Il 2018 ha fatto registrare un decremento di circa 14mila residenti, nel 2019 l’emorragia è proseguita e sono state 17mila le persone andate via. Un trend confermato anche nel 2020, che, rispetto all’anno precedente, ha fatto registrare un incremento dell’11,9% sulle migrazioni. Numeri allarmanti già letti da soli, se poi li incrociamo con il dato sulle nascite ecco che il quadro peggiora persino: nel 2018 i nuovi nati sono stati appena 14mila, l’anno dopo si è scesi a 13.500.

Secondo il dossier statistico “Immigrazione 2020”, curato dal Centro Studi e Ricerche Idos e dal Centro Studi Confronti, “il calo della popolazione è imputabile alla costante diminuzione delle nascite, che passano da 14.091 nel 2018 a poco più di 13.500 nel 2019, mentre il numero dei decessi aumenta nello stesso periodo di oltre 400 unità, facendo registrare così un saldo naturale negativo pari a -6.516. Verosimilmente, il numero dei decessi sarà un dato in crescita nei prossimi decenni, via via che le generazioni particolarmente numerose formatesi nel periodo dal termine della Seconda guerra mondiale sino alla fine degli anni ’60, entreranno a far parte in classi di età sempre più anziane”. I giovani vanno via e quelli che rimangono fanno pochi figli, così l’età media della popolazione calabrese è salita a 56 anni. Risultato, su 1.975.000 residenti coloro che percepiscono una pensione di anzianità sono 720mila, poco meno del 40%.

Sono 200.000 i giovani che hanno abbandonato la Calabria negli ultimi 15 anni, molti dei quali laureati: e qui si torna al rapporto Eurostat e alla difficoltà per i giovani calabresi di trovare un’occupazione entro tre anni dalla laurea. Sempre il dossier statistico “Immigrazione 2020” evidenzia un’altra decrescita importante, quella della popolazione studentesca. Nell’anno scolastico 2018/2019 il sistema scolastico calabrese ha registrato una diminuzione di 4.433 studenti rispetto all’anno scolastico precedente. La Calabria ha anche una dispersione scolastica del 20,3% e, mentre negli ultimi dieci anni la situazione è migliorata in tutta Italia, qui è peggiorata dell’1,8%. A questo si aggiunge che donne e giovani donne risultano avere meno opportunità lavorative e più alte probabilità di abbandono scolastico, come evidenzia Save the Children: nel rapporto del 2020 la Calabria viene inserita nella “zona rossa” della povertà educativa. Il 42,4% dei minori, infatti, vive in condizioni di povertà relativa attestandosi al primo posto della classifica. E la pandemia Covid ha colpito più duro dove la situazione era già precaria: a marzo del 2020 circa il 12,3% dei minori calabresi non possedeva uno computer o un tablet con una linea internet adatta per seguire le lezioni a distanza.

Numeri impietosi che raccontano di una regione in estrema difficoltà, ecco perché è dalla Calabria che si dovrebbe cominciare a spendere i soldi del Pnrr investendo in tecnologia, infrastrutture fisiche e non, nelle scuole, asili. “La Calabria è un’area compromessa da un sempre crescente aumento delle diseguaglianze interne e dall’ampliamento della povertà. I calabresi scappano, non fanno figli, perché a queste latitudini non trovano lavoro, sono ostaggio di burocrazia e Pubblica amministrazione non sempre efficiente. Tra le concause di questa situazione, aggiungiamo, l’arretratezza infrastrutturale”, scrive l’Eurispes.


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