X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

ULTIMAMENTE sul quotidiano “Formiche” sono comparsi due interventi della Ministra Mara Carfagna e del Ministro Enrico Giovannini e c’è una ottimistica esposizione delle disponibilità finanziarie e delle correlate identificazioni programmatiche. Ora tutto sembra possibile e coerente ad una tempistica che, sulla base di quanto deciso dalla Unione Europea, porterà, anno dopo anno fino alla scadenza del 2026, all’utilizzo di un volano di risorse pari a circa 240 miliardi di euro.

Come nella canzone del film “Cenerentola” il presente però appare triste perché dal 13 luglio (data dell’approvazione da parte della Unione Europea del nostro Recovery Plan) ad oggi siamo stati in grado di presentare una spesa già avvenuta, con relativi Stati di Avanzamento Lavori (SAL), di 2,4 miliardi di euro (trattasi di opere ferroviarie già in corso di esecuzione da quattro – cinque anni) e il resto invece, elencato sempre nel PNRR per un valore globale di circa 70 miliardi, relativo al comparto infrastrutture, potrà cominciare ad emettere SAL non prima del 2024.

Questa presa d’atto se fosse stata fatta da Ministri come Delrio, Toninelli, De Michele e Giovannini o da un Presidente del Consiglio come Giuseppe Conte, sicuramente sarebbe rimasta solo una preoccupazione mentre, per l’attuale Presidente Draghi, una simile constatazione penso imponga un immediato abbandono di sogni impossibili e al tempo stesso comporti la identificazione di un itinerario nuovo. Un itinerario che il Presidente deve gestire, per forza, in prima persona.

Ma questa giusta assunzione di responsabilità necessariamente dovrà essere supportata da una struttura in grado di far approvare la serie di progettazioni che allo stato sono, nel migliore dei casi, studi di fattibilità. Ricordo che, anche utilizzando lo strumento previsto dalla Legge n. 129 del 31 maggio 2021 “Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”, utilizzando cioè un pacchetto di misure (68 articoli) volte a velocizzare l’attuazione delle opere previste dal Recovery Plan, rafforzando contestualmente le strutture amministrative e snellendo le procedure e disciplinandone la relativa governance, l’iter completo dell’intero processo approvativo ed autorizzativo è tale che per evitare il fallimento sin dall’inizio dell’intero processo sia necessario che le proposte progettuali siano esaminate almeno allo stato di progetto di massima avanzato e siano approvate in una sede in cui siano presenti tutti i soggetti competenti istituzionalmente e preposti, direttamente o indirettamente, all’approvazione della proposta progettuale.

Ritengo utile ricordare che per tutti i progetti del comparto infrastrutture inclusi nel PNRR questa fase delicatissima e basilare deve essere conclusa entro e non oltre la data del 30 giugno 2022. Cioè tutto, ripeto tutto, deve essere concluso entro tale data per poter in tal modo “sperare” di vedere partire concretamente i cantieri entro il primo semestre del 2023. D’altra parte la grande novità, o meglio le grandi novità, del Recovery Plan vanno ricercate in quattro distinti elementi:

  1. Le risorse, sia a fondo perduto, sia in prestito, diventano disponibili solo in presenza dei SAL (Stati Avanzamento Lavori);
  2. Le proposte progettuali vanno concluse integralmente e non parzialmente entro e non oltre il 31 dicembre del 2026;
  3. Il vero istruttore delle proposte ed il vero certificatore dell’avanzamento reale delle opere non è un organismo italiano ma comunitario;
  4. Nel 2023 ci sarà una verifica dell’avanzamento programmatico e per quella data sarà addirittura possibile, in mancanza di una corretta evoluzione del cronoprogramma definito oggi, una rivisitazione delle proposte.

Questi quattro punti annullano i possibili sogni e ci riportano nella più preoccupante e cruda realtà che, purtroppo, caratterizza il nostro sistema fatto di sedi e di momenti completamente lontani da logiche capaci non di progettare o di cantierare le opere ma di approvarle, sì di porre la parola fine ai confronti inutili, ai pareri ed ai contro pareri spesso prodotti da sedi non competenti, di porre la parola fine ai localismi ed ai provincialismi concepiti da sedi istituzionali in cui l’approvazione di un progetto diventa unico motivo per giustificare la propria esistenza.

Purtroppo la frase finale del film “se speri fermamente il sogno tuo si avvererà” non ha senso in questo caso in quanto è inutile sperare se subito non si cambiano, in modo sostanziale, le abitudini tipiche della nostra Pubblica Amministrazione, nelle sedi istituzionali centrali e locali, che, purtroppo, hanno raggiunto, soprattutto negli ultimi sei anni, livelli patologici spesso irreversibili. Fortunatamente penso che il Presidente Draghi non creda nei sogni.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE