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Atrani, sulla Costiera Amalfitana, è il Comune italiano con la più piccola superficie 0,20 km quadrati

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Piccoli comuni soffrono. Senza dipendenti, con scarse risorse finanziarie e umane. Situazioni critiche, al limite del collasso nei territori del Sud e nell’interno del Paese, lontano dalle zone costiere e dagli insediamenti industriali. Più sono piccoli più si sentono abbandonati.

Nei campanili minori il tricolore sventola a stento: pochissimi dipendenti, 1 o al massimo 2, segretari comunali sempre più vicini alla pensione, costretti a far quadrare bilanci sempre più magri. L’ordinaria amministrazione è un lusso che non tutti possono permettersi.

La fine del turnover ha svuotato gli uffici. «Perdere un dipendente in alcuni casi vuole dire ridurre il 50% del personale», allarga le braccia la presidente Franca Biglio. Guida l’Anpci, l’Associazione dei piccoli comuni d’Italia. Comunità residuali, condannate ad un isolamento geografico e politico non hanno voce. L’audizione che si è tenuta ieri dinanzi alla Commissione bicamerale per il federalismo fiscale è una delle rare eccezioni.

IL FEDERALISMO AL CONTRARIO

«L’intervento degli esponenti dell’Anpci lascia molto da riflettere, i numeri sono abbastanza chiari, evidenziano come i trasferimenti da Stato e comune si siano dimezzati e siano aumentate le imposte comunali riscosse poi in buona parte dallo Stato. Una piramide rovesciata».

Vincenzo Presutto, senatore M5S, è il vice presidente della Commissione che ha convocato ieri i rappresentanti dei piccoli comuni. Spiega: «Il tema del federalismo ha una complessità che va declinata. Da una parte c’è il federalismo delle Regioni, in particolare del Nord, Veneto e Lombardia che vogliono acquisire il controllo delle funzioni, anche in maniera impropria, rivendicando ad esempio il mantenimento del residuo fiscale sul territorio, una richiesta che non si può fare bypassando i limiti imposti dalla Costituzione. Dall’altra parte invertita, il Federalismo dei piccoli comuni che li vede soccombenti nei confronti dello Stato al contrario delle grandi città, come Milano, Torino, Milano, che hanno cumulato debiti da manovra finanziaria».

UFFICI VUOTI E SENZA PERSONALE

L’età media dei dipendenti si sta alzando, dicevamo. In alcuni casi le ultime assunzioni risalgono al 2006, nei prossimi anni ci saranno molti collocamenti a riposo. E così, mentre le zone più disabitate vanno trasformandosi in parchi naturali e cresce la fauna, aumentano lupi, volpi, cinghiali e in alcune zone degli Abruzzi l’orso marsicano, negli uffici i dipendenti diventano loro malgrado specie in via di estinzione: al 30-40% in meno. L’esodo avrà effetti devastanti, si perderanno fondamentali per la gestione dei servizi. Poi c’è il capitolo più dolente: i finanziamenti. I trasferimenti dello Stato ai comuni che si sono quasi dimezzati.

Non c’è nulla di più definitivo di quello che è provvisorio: le misure che dovevano essere temporanee con il passare degli anni si sono consolidate. «Pur avendo ottenuto alcuni ristori specifici abbiamo assistito ad un costante calo dei trasferimenti ordinari che vanificano i ristori riconosciuti – si legge nelle 4 pagine del dossier allegato all’audizione . I comuni hanno dovuto aumentare di conseguenza le imposte locali. Non è un segreto che il passaggio da Ici a Imu abbia comportato un aumento importante del prelievo della fiscalità comunale. La maggior parte di questo prelievo inoltre è stata posta a carico delle attività e delle aziende in seguito all’eliminazione dell’imposta sull’abitazione principale. Ma vi invitiamo a controllare anche i numeri che si tende a tenere nascosti. Sono 3.706.832.318,21 di euro il gettito Imu dei fabbricati D che lo Stato ha incassato nel 2018 sull’imposta che le aziende pensano di pagare ai comuni, contro i 13.704.051.790,72 di euro incassati dai comuni nello stesso periodo, lo Stato incassa il 21,30% del totale del gettito Imu».

Le Regioni più povere colonizzate dai governatori arrancano, le più ricche prosperano. Un federalismo che per i piccoli comuni è inversamente proporzionale. I piccoli centri sono strangolati , senza risorse finanziarie, ma nemmeno quelle umane, per svolgere i servizi. «Questo non è federalismo – si alza la protesta dell’Anpci – questo non significa valorizzar i territori, al contrario significa impoverirli e relegarli a ruolo di inutili appendici della pubblica amministrazione».

LE PERFORMANCE E L’ACCUSA DI INEFFICIENZA

L’accusa più frequente è l’inefficienza. «Avete verificato i tempi medi di pagamento di una città rispetto ai piccoli comuni? – ribatte l’Anpci – I tempi per gli appuntamenti presso gli uffici? Avete verificato dove sono i debiti e dove sono la cassa e l’avanzo? La cassa è per il 90,15% e l’avanzo per 80,7% nei comuni con meno di 15.000 abitanti che sono il 90,48% dei comuni, ma soltanto il 39,6% dei residenti. Il debito è per il 34,4% e i crediti sono per il 30,1% nei comuni con meno di 15.000 abitanti».

Un capitolo a parte ha riguardato la questione degli esperti. «Vogliono inviarceli per ridurre il gap digitale ma non si rendono conto che non è di questo che abbiamo bisogno – ha osservato Gregori – i nostri dipendenti usano abitualmente le mail, la Pec, i comandanti della polizia municipale interagiscono con i cittadini. Non so se lo stesso si può dire dei loro omologhi nelle grandi città. Eppure molti politici prima di arrivare in parlamento sono stati sindaci o vicesindaci, conoscono la situazione dei piccoli comuni. A differenza di tanti funzionari ministeriali che al massimo nei piccoli borghi ci vengono a passare al massimo qualche week end»:

RISORSE CONGELATE PER PAURA E BUROCRAZIA

Risorse congelate per via di controlli burocratici e il diffondersi della paura della responsabilità formale. «Nella riforma del Tuel – propone l’Anpci – va inserito il divieto per gli organi di controllo di chiedere adempimenti e certificazioni sotto alcune soglie minime. Il funzionario che vuole chiedere statistiche e certificazione deve dimostrare l’assoluta necessità dei dati e la mancanza di altre fonti da cui ricavarli. Servono le persone e le competenze.

C’è carenza di segretari comunali. Ma mancano anche il ragioniere e il responsabile del servizio tecnico. Stiamo assistendo ad una vera e propria fuga dagli uffici. Quando si verifica un pensionamento è difficilissimo trovare un nuovo responsabile. I giovani non si avvicinano ai comuni perché spaventati dalla responsabilità e certamente non invogliati dagli stipendi, molto bassi rispetti ad altri settori della pubblica amministrazione. Lo Stato deve garantire in tutti i comuni almeno queste tre figure».


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