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Si riduce, ma non si ferma, il flusso di pazienti oncologici che dal Sud depredato di risorse, economiche e umane, si sposta verso gli ospedali del Nord. È quanto emerge dalla comparazione del “Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero” degli anni 2017 e 2018 – gli ultimi disponibili – elaborato dal ministero della Salute.

Nel 2017 i viaggi della speranza dalla Calabria, Puglia, Campania, Basilicata, Molise e Sicilia sono stati in tutto 27.813; nel 2018 sono passati a 26.657, una lieve contrazione che testimonia i passi in avanti fatti dalla sanità meridionale ma, allo stesso tempo, evidenzia quanto il gap, infrastrutturale soprattutto, sia ancora ampio.

LA FORBICE ETERNA

Una forbice che continuerà a esistere fin quando le Regioni del Nord continueranno a ricevere una fetta della torta più ampia nella ripartizione del fondo nazionale sanitario. Anche perché la cosiddetta mobilità passiva costa molto alle Regioni meridionali: basti pensare che la sola Puglia, nel 2018, ha speso 180 milioni di euro per rimborsare Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana delle cure prestate ai propri residenti.

La situazione più difficile è quella di Calabria e Molise: nel 2018, ben 5.976 calabresi malati di tumore sono stati costretti a “emigrare” al Nord per curarsi, il 37,4% del totale dei pazienti oncologici. I molisani che sono stati assistiti in strutture di altre regioni sono stati 1.278 , il 41,5% del totale. Anche i numeri della Basilicata sono da brividi: nel 2018, ben 1.555 lucani si sono spostati per curarsi, il 30,2%. Risultati migliori ottengono la Puglia (4.864 pazienti, 11,7%), Campania (7.964, 17,7%) e Sicilia (5.020, 12,5%).

IL SALDO NEGATIVO

Ma dove vengono assistiti i pazienti oncologici del Sud? A fare la “voce grossa” sono Lombardia (che, nel 2018 assorbe 16.574 ammalati), Lazio(6.843), Veneto (6.208), Emilia Romagna (5.819) e Toscana (4.340). Nel 2018 sono stati 1.659 i campani, 1.656 i pugliesi e 1.541 i calabresi operati in Lombardia. La Puglia è la regione del Sud che mostra i miglioramenti più importanti: dai 10mila pazienti oncologici del 2016 si è passati ai 4.864 del 2018. In tre anni, quindi, è stato dimezzato il numero dei pugliesi ammalati di tumore che ha deciso di farsi curare fuori regione.

I conti, però, continuano a non tornare, il saldo tra mobilità attiva e quella passiva resta negativo: a fronte di 2.502 pazienti provenienti da altre aree d’Italia (6,4% del totale degli ammalati oncologici), 4.864 pugliesi hanno optato per farsi curare o operare in ospedali del Nord (11,7% del totale). La Rop, la rete oncologica pugliese attivata circa due anni fa, comincia però a dare i primi risultati, anche se i viaggi della speranza proseguono. I progressi ci sono e negli ultimi anni sono stati continui: nel 2016 i viaggi della speranza furono oltre 10mila, nel 2017 si è scesi 5.490, nel 2018 a 4.864.

CALO INSUFFICIENTE

Una nuova limatura che, però, non è sufficiente ad allineare la Puglia alle regioni del Nord che continuano ad attrarre pazienti, arricchendo anche le proprie casse. Basta dare un’occhiata al flusso dei pugliesi che si sono curati fuori regione: 1.656 pazienti hanno scelto gli ospedali della Lombardia, un esodo; 728 sono stati assistiti nel Lazio, a Roma; 602 hanno raggiunto i centri specializzati dell’Emilia Romagna, 484 quelli del Veneto e 381 sono stati presi in cura dalle strutture della Toscana. In sostanza, trasferimenti in un’unica direzione, dal Sud verso Nord.

La Puglia è una delle sette regioni con la rete oncologica attiva ed è l’unica al Sud, non a caso tra le Regioni del Mezzogiorno è quella che fa registrare i maggiori progressi. Lo certificano anche i dati relativi agli interventi di chirurgia oncologica sui cinque tumori più frequenti negli uomini e nelle donne, e cioè quello alla mammella, al polmone, alla prostata, all’utero e al colon retto sono. Gli interventi chirurgici sono aumentati dell’8 per cento nel 2018 rispetto al 2017. I cinque tumori monitorati rappresentano la casistica più frequente e circa 11mila delle nuove diagnosi annue di tumore. Nello specifico, l’impennata maggiore di interventi si è avuto per il cancro alla prostata. Le operazioni nel 2018, infatti, sono state il 21% in più rispetto al 2017, da 998 interventi si è passati a 1230.

PENALITÀ SU PENALITÀ

Sforzi che non saranno premiati se il Nord continuerà a ricevere maggiori fondi dallo Stato: come evidenzia la Corte dei conti, dal 2012 al 2017 nella ripartizione del fondo sanitario nazionale sei regioni del Nord hanno aumentato la loro quota, mediamente, del 2,36%; altrettante regioni del Sud, invece, già penalizzate perché beneficiarie di fette più piccole della torta dal 2009 in poi, hanno visto lievitare la loro parte solo dell’1,75%, oltre mezzo punto percentuale in meno.

Tradotto in euro, significa che, prendendo in considerazione solamente gli anni dal 2012 al 2017, Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana hanno ricevuto dallo Stato 944 milioni in piùrispetto ad Abruzzo, Puglia, Molise, Basilicata, Campania e Calabria. Mentre al Nord sono stati trasferiti 1,629 miliardi di euro in più nel 2017 rispetto al 2012, al Sud sono arrivati soltanto 685 milioni in più.


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