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Mario Chiesa, ex presidente del Pio Albergo Trivulzio

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OGGI che è tornato à la page, frequentatissimo dalle gazzelle della Polizia e dai presidi della Guardia di Finanza, il Pio Albergo Trivulzio, con quella sua maestosità finto gotica, mi richiama antichi ricordi. Ogni volta che ci passo – e ci passo spesso – mi compare innanzi lo spettro padanissimo dell’ingegner Mario Chiesa. Gran collettore di tangenti, “mariuolo isolato” come lo chiamava Craxi (ma era tutt’altro che isolato), infaticabile portatore d’acqua (e non solo d’acqua) di almeno tre generazioni di leader socialisti da De Martino a Tognoli a Pillitteri, Chiesa era il presidente della lussuosa residenza per anziani milanese. Venne arrestato in flagranza di reato il 17 febbraio 1992, mentre intascava la sua ennesima tangente. Da lì s’accese il rogo di Tangentopoli, che si dimostrò tutt’altro che purificatore.

Leggenda vuole che, colpito dal tradimento della moglie scopertasi a sua volta becca, Chiesa, paonazzo, in preda ad un affanno che oggi richiederebbe terapia intensiva, si rintanò nel cesso, cercando si affogare la mazzetta nello sciacquone. Oggi questa straordinaria metafora della politica italiana si ripropone in modo quasi romanzesco. Al Trivulzio è riapparsa la Finanza di Milano che sta effettuando delle acquisizioni di documenti negli uffici della Regione Lombardia nell’inchiesta in più filoni – pare siano 12, in evoluzione –; si stanno acquisendo «atti e altro materiale sulle direttive che l’amministrazione regionale e l’assessorato al Welfare hanno dato al Pio Albergo Trivulzio e alle Rsa sulla gestione degli anziani e dei pazienti».

L’inchiesta avviata dal pool guidato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, coi pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, sta analizzando circa 180 decessi avvenuti nell’ultimo periodo per capire quanti possano essere collegati all’infezione da coronavirus e se vi siano state eventuali negligenze. Le ipotesi di reato sono quelle di omicidio colposo ed epidemia colposa. Le cronache di queste ore raccontano, inoltre che  «lo stesso è stato fatto anche alla  Sacra Famiglia di Cesano Boscone (quella dove ha scontato la sua pena il Berlusca, ndr)».

Tra gli indagati, oltre al Direttore generale Giuseppe Calicchio, lo stesso “Trivulzio”, come ente. Risponde per la presunta violazione della legge 231 del 2001 sulla  responsabilità amministrativa  i reati commessi dai propri dipendenti. La qual cosa sottende una girandola incredibile di  Morti sospette, medici allontanati perché volevano usare le mascherine, personale contagiato  che mai avresti detto. Una serie di sfortunati eventi che, per inciso, stanno conducendo i pm verso i lidi immensi delle inchieste sulle Rsa di molte altre strutture della Lombardia: da Cremona a Sondrio a Brescia. In quest’ultima provincia in particolare, una delle più colpite dal coronavirus, i Nas «stanno requisendo documenti che riguardano le 86 Rsa  e le 8 Rsd (residenze per disabili) della zona». Vista così, sembra quasi peggio di Mani pulite, direi. Anche se, allora, la deflagrazione di un sistema divenne di portata storica. Nei mitici anni 90, Tangentopoli produsse 4500 indagati, 3200 richieste di rinvio a giudizio, 3500 miliardi di lire in stecche e fondi neri.

E lo stesso Chiesa, uscito di galera e avvicinatosi alla Compagnia delle Opere – il braccio armato di Comunione e Liberazione –, come in un romanzo di Victor Hugo, ricascò nel gorgo del vizio. Il 31 marzo 2009 fu arrestato di nuovo con la accusa non inedita di essere stato il collettore di tangenti nella gestione del traffico illecito di rifiuti della Regione Lombardia (era chiamato, romanticamente, “l’uomo del 10%”).

D’altronde, sarebbe stato un peccato sprecare tutta l’esperienza tangentara accumulata con gli anni. Oggi, nella commissione che giudica gli atti del Trivulzio in tempi di Coronavirus, spicca il nome di un tutore integerrimo: Gherardo Colombo, anima e core del vecchio pool Mani Pulite. Quando si dice il destino…


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