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Attilio Fontana

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Milano e la Lombardia stanno per pagare gli errori commessi dalla propria classe dirigente. La giunta regionale traballa, il territorio galoppa verso un nuovo lockdown (1.054 nuovi casi nella provincia milanese), mentre le terapie intensive si riempiono a ritmi paragonati a quelli della primavera. Nel frattempo, i privati come il San Raffaele tengono ancora chiusi i reparti per il Coronavirus creati con le donazioni raccolte dai Ferragnez e la psicosi da vaccini mancanti pervade le case dei lombardi. Tutti questi errori possono riassumersi in un’unica parola: disorganizzazione. Nella regione che si è sempre vantata della sua capacità di fare, pare non esserci più un piano preciso per niente. Solo un tentativo di tamponare le emergenze del momento, spesso ottenendo l’unico effetto di complicare ancor più i problemi.

Partiamo dalla primavera con alcuni esempi: spulciando i documenti di Aria spa, la centrale acquisti regionale, si susseguono ordini annullati e modificati in ogni modo. E qualcuno di ha guadagnato- Come una società legata alla renziana Fondazione Open: la Dori Pubblicità srl ha ottenuto un ordine da 1,5 milioni di euro per visiere anti Covid grazie a un errore di Regione Lombardia. L’azienda era arrivata terza classificata nel bando per trovare i dpi, ma Palazzo Lombardia ha comunque commissionato un milione e rotti di pezzi.

Ai primi di maggio però qualcuno si accorge dell’errore e prova ad annullare l’ordine. La Dori Pubblicità però ribatte che ormai riceverebbe un danno economico e si dichiara disponibile a trattare. L’ex dirigente di Aria Filippo Bongiovanni, poi silurato quando è emerso l’affaire camici-Fontana, concorda un 20 per cento in meno di pezzi e un prezzo inferiore, cioè pari a quello offerto dal primo classificato.

La Dori, il cui titolare ha confermato quanto riportato nel documento regionale, incassa così un ordine milionario per un errore. Tra l’altro consegnando in ritardo i materiali, sebbene nelle lettere di incarico di Aria per altri ordini si sottolinei quanto sia essenziale ai fini del pagamento rispettare le dare stabilite.

Ma la disorganizzazione ha toccato anche i mesi successivi, quando il virus aveva concesso un respiro alla Lombardia: il tracciamento dei contagi era l’unica strada per tenere sotto controllo una pandemia violentissima come questa. Eppure, come hanno ammesso gli stessi responsabili sanitari della provincia di Milano, di fatto il tracciamento non c’è stato ed è ormai impossibile controllarlo. Mancano le persone e le strutture dedicate. Quindi ci si affida, ancora, ai santi.

Come raccontato nei giorni scorsi dal Quotidiano del Sud, anche le unità di medicina del territorio sono tutt’ora inesistenti. Solo nella provincia di Milano dovrebbero esserci 65 Unità speciali di continuità assistenziali (Usca) pari a 130 medici invece abbiamo 6/7 Usca con 12/14 medici.

E come ha ammesso anche Alberto Zangrillo, volto del San Raffaele che diceva di non credere a una seconda ondata, un sistema del genere efficiente vorrebbe dire il 30 per cento di pazienti in meno ricoverati in ospedale. Perché il tema dei posti in terapia intensiva è relativo: possono esserci 10mila posti, ma senza medici e infermieri in più il risultato è inevitabilmente di bloccare gli ospedali. E di poter curare solo poche persone, escludendo tutte quelle non a rischio imminente di vita. Eppure dove ci sarebbero le risorse, come al San Raffaele, ancora non si sbloccano i letti sempre per mancanza di direttive: dall’ospedale infatti fanno sapere che “sarà Regione Lombardia a dare indicazioni sulla base del piano regionale per la gestione dell’emergenza sul territorio”. La disorganizzazione colpisce ancora: si parla di lockdown, ma si lasciano dormienti strutture efficienti.

Intanto pure politicamente le azioni di Fontana continuano a far traballare la giunta: questa volta sono i meloniani a prendere le distanze. “Fratelli d’Italia ha diverse perplessità sulle proposte uscite ieri dalla riunione in Regione sulle misure di contrasto al Covid – hanno dichiarato per Fratelli d’Italia la coordinatrice regionale, Daniela Santanché, il capodelegazione Riccardo De Corato e il capogruppo Franco Lucente, in accordo con gli assessori e i consiglieri del gruppo – Ci sembra che si stia seguendo troppo da vicino quelle linee guida già espresse dal Governo, che noi abbiamo criticato e considerato poco utili. Così come ci sembra che non sia stato adeguatamente trattato quello che noi riteniamo uno dei nodi più importanti da sciogliere: il trasporto pubblico”.

Anche con gli alleati dunque non c’è organizzazione. Solo un decisionismo di un gruppo dirigente legato a Varese e dintorni assediato dalle inchieste e da problemi che sembra non avere i numeri per gestire. La tensione è talmente alta che si è tornati a ventilare le dimissioni proprio di Attilio Fontana, un gesto auspicato ormai da molti sia dentro che fuori dal centrodestra lombardo. Intanto la disorganizzazione avanza e gli errori continuano ad accumularsi.


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