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Il commissario alla sanità, Guido Longo

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In Calabria, nel comparto sanità, non esiste solo la contabilità orale, senza uno straccio di bilancio, ma anche su altri fattori è difficile dare risposte certe. Il caso più clamoroso è rappresentato dai posti letto in terapia intensiva che nessuno sa con precisione quanti siano con ognuno Agenas, Ufficio del Commissario, Regione e società degli anestesisti e rianimatori che dà un numero diverso. Identico discorso si può fare sul personale. Leit motiv di questi giorni di pandemia è che i sanitari sono pochi per fronteggiare la lotta al virus. Giusto a titolo di esempio all’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza, l’hub della provincia più grande della Calabria, il Pronto Soccorso ha numeri drammatici. Vi dovrebbero lavorare 46 infermieri e invece ce ne sono 28, gli Oss sono 11 in luogo di 19 e i medici sono solo 8 rispetto ai 22 previsti da una vecchia pianta organica.

Ma quanto personale sanitario manca alla Calabria? Qualcuno dice che mancano circa 4000 persone, ma non è la risposta giusta. Questo calcolo viene fuori sulla base del numero delle persone andate in pensione in questi anni di blocco del turn over. Ma il numero potrebbe essere diverso e nessuno lo conosce con precisione perché gli atti aziendali che devono contenere la pianta organica in molte aziende sanitarie non sono stati approvati. È il caso dell’azienda ospedaliera di Cosenza dove l’atto aziendale è stato sì redatto, ma non è stato mai approvato dal commissario. Situazione ancora peggiore nell’Asp provinciale dove l’ultimo atto aziendale risale a prima dell’avvento della veronese Cinzia Bettelini che continua a gestire l’azienda pur senza aver approvato né i bilanci né l’atto aziendale.

Se questo è il quadro, c’è anche chi contesta che la Calabria non abbia bisogno di così tanto personale. Non lo dice una persona qualsiasi bensì Andrea Urbani, attualmente dirigente del ministero della Sanità, ma fino a qualche anno fa, sub commissario di Massimo Scura. Quando Scura chiese una deroga al blocco del turn over, Urbani si rifiutò di firmare anche lui sostenendo che, analizzando i costi del personale in Calabria, non vi fosse alcuna carenza. Ma a cosa si riferiva Urbani? Per capirlo bisogna tenere presente che in Calabria si sono chiusi ben diciotto ospedali. Se i nosocomi sono stati dismessi, di certo non è stato dismesso il personale che continua a prestare servizio per le Asp di riferimento. Solo che fanno poco o nulla visto che non ci sono i servizi e trasferirli dove serve diventa una impresa titanica. Questa è la più grave colpa dei sindacati e della politica che hanno avallato situazioni di questo tipo.

In Calabria divenne famosa la disputa delle ostetriche di San Giovanni in Fiore che, nonostante la chiusura del punto nascita, hanno fatto più di una resistenza al loro trasferimento a Castrovillari. In questo c’è stato chi per proprio tornaconto gli ha dato manforte. Il risultato è che le ostetriche sono rimaste a San Giovanni in Fiore a fare qualche pap test ogni tanto e nei grandi ospedali c’è carenza di queste figure. Identico discorso si può fare su altre categorie professionali come, ad esempio, i tecnici di laboratorio che restano in servizio in quegli ospedali divenuti Case della Salute o Poliambulatori, svolgendo un’attività forzatamente minimale mentre ci sarebbe bisogno come il pane di queste figure professionali.

Il problema è che queste situazioni, lo ripetiamo, con la complicità della politica e del sindacato, si sono ripetute per troppi anni e oggi è difficile trasferire dopo dieci anni persone che non sono più nel pieno della loro attività professionale. Anche su questo fronte, quindi, per i cittadini calabresi si registra una doppia beffa. Da un lato vengono sborsati dei costi, dall’altro non si hanno servizi. Nessuno ha pensato di mettere mano a questa situazione né è in programma un reclutamento di medici. Perché un conto è il virtuale un altro il reale, soprattutto se si tratta di fronteggiare l’emergenza di questi mesi. L’unico avviso aperto è una manifestazione d’interesse indetta dal famoso Giuseppe Zuccatelli per reclutare una decina di primari per gli ospedali di Catanzaro. Al di là di questo non c’è nessun bando aperto per i medici. Difficile quindi, vista la penuria di figure specializzate, convincere qualcuno a venire a lavorare in Calabria con un contratto a tempo, nella situazione che tutta Italia ha imparato purtroppo a conoscere.

Le cose non vanno meglio su altri fronti come nel caso degli Oss. «È semplicemente assurdo che la commissaria straordinaria dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza non riesca a trovare una soluzione in relazione ai 24 posti di operatori socio sanitari messi a bando due anni fa: nonostante l’emergenza in atto e le carenze quotidianamente evidenti, infatti, non sono stati ancora assegnati perché, dopo la preselezione, non è stata ancora espletata la prova scritta. Pare, anzi, sia destinata a saltare anche la data del prossimo 19 dicembre. E così, 1045 candidati restano sospesi e sono costretti a una legittima e sacrosanta protesta, mentre tutte le strutture sanitarie denunciano una disperata mancanza di personale». È la denuncia del consigliere regionale Mimmo Bevacqua, il quale aggiunge: «Il silenzio della commissaria Panizzoli non sembra davvero giustificabile. Da parte sua, dovrebbe essere la cosa più ovvia e naturale attivarsi in maniera pronta e adeguata per superare questo e altri stalli. In fondo, i commissari, specie quelli straordinari, servono proprio a questo». La denuncia dà l’idea della situazione paradossale che si vive in Calabria, Regione nella quale non si riesce a sapere nemmeno con esattezza di quanto personale sanitario avremmo bisogno.


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