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“Mi dispiace, non ci sono più vaccini…”.

È tornato l’incubo cromatico dei giorni peggiori, per Enrica B., 84 anni, che, appena entrata in zona gialla, è subito precipitata in zona “arancione rafforzato” (anche se non ha ben capito cosa significhi) e si aspetta da un momento all’altro la zona rossa; e, alla richiesta di fare il primo vaccino anti-Covid, dall’Asl di rifermento -Milano sud- da giorni si sente rispondere come sopra. Non ci sono vaccini, a Milano. Ma la situazione è simile in tutta la Lombardia. La luce in fondo al tunnel era una lampadina che ora s’è fulminata.

L’ultima domenica di libertà la signora Enrica se l’è goduta con l’ultima gita fuori porta sul Sacro Monte di Varese; è salita sulla Via Crucis delle 14 cappelle perché ora, aspettando il piano pandemico di Draghi, affidarsi al sacro non guasta. Il panorama torna quindi desolante. Sono chiusi musei e mostre; la signora voleva andare alla mostra Simon Fujiwara “Who the Bær” alla Fondazione Prada, per esempio; ma non ce l’ha fatta. Sono vietate le uscite dal Comune (se non per comprovate esigenze) e, appunto, bar e ristoranti restano aperti solo per asporto e consegne a domicilio. Uno “stop and go” dopo solo un paio di settimane di zona gialla cha aumenta la tensione della gente, specie se si leggono i dati.

Con 20571 tamponi effettuati è di 2.135 il numero di nuovi positivi in Lombardia, con una percentuale in aumento che arriva al 10,3%. Aumenta anche il numero dei ricoverati: sono 15 più di ieri (441 in tutto) in terapia intensiva e 106 in più negli altri reparti, dove il numero di pazienti Covid è di 4.224. Sono 42 i decessi, il che porta il totale da inizio pandemia a 28.403. Sono invece 6.933 le persone che ieri hanno fatto la vaccinazione anticovid di cui 3.791 over 80. La coppia politica sanitaria della Regione Lombardia Moratti- Bertolaso sta tentando di metterci una pezza.

L’idea è quella di utilizzare il “bazooka” sul modello inglese e israeliano -sparare tutte le dosi subito, senza conservarle per il richiamo che tanto dopo si vede- soprattutto nella cintura dei paesi di confine tra la bergamasca e il bresciano, storicamente terre di focolaio. Bertolaso ipotizza che possa arrivare fino a cento giorni l’intervallo tra la prima e la seconda dose di vaccino. Ma, in ogni caso, bisogna fare in fretta.

Mentre cambiano i vertici delle Protezione civile a livello nazionale, qui in regione continuano a fioccare le iniziative legali. Per esempio, Consuelo Locati, l’avvocato del team di legali che assiste i familiari delle vittime del Covid annuncia l’avanzata delle cause dei suoi clienti perché “nessuno può dire che non si conosceva la gravità della situazione epidemiologica perché era stata comunicata a tutti gli esponenti delle istituzioni”.

Poi c’è ancora chi, sfruttando l’emergenza, tenta la truffa e l’appropriazione indebita: un’azienda di Azzano San Paolo (Bergamo) aveva comunque chiesto e ottenuto un milione e 150 mila euro di finanziamento dal Fondo di garanzia per le Pmi per l’emergenza Covid. La Guardia di Finanza ha provveduto a disporre un sequestro pari a 895 mila euro in beni della società. Ma è solo la punta dell’iceberg.

Poi ci mancava solo la variante nigeriana scoperta e -fortunatamente – isolata a Brescia, all’Asst Spedali Civili; e la città, che evidentemente si trova già vittima della terza ondata del virus, rimarrà in arancione rafforzato per almeno altri 8 giorni. Mentre la variante inglese, come spiega l’assessore al Welfare Letizia Moratti “è pari al 64% del campionamento su base regionale”.

Anche la provincia di Como, che durante il primo lockdown era stata abbastanza risparmiata dalla sorte, si trova nell’occhio del ciclone. Gli ospedali tornano a riempirsi, entrano più pazienti di quelli che escono. Le terapie intensive reggono la trincea, ma occorre migliorare la rete, il cordone sanitario pre-ospedalizzazone dei medici di base.

Ma il vero terrore paventato dai cittadini è l’arrivo del blocco delle scuole esclusi gli asili. La nuova minaccia della Dad si muove sulla testa delle famiglie lombarde; ma -come spesso accade- non si capisce bene se il ritorno a casa dei figli con deliri e devastazioni psicofisiche annesse, scatterà con il rosso, con l’arancione o l’arancione “rafforzato”. Attualmente, l’ordinanza regionale chiude le scuole di tutti gli ordini e gradi in tutti i Comuni della provincia di Como, appunto, e in alcuni comuni delle province di Cremona, Mantova, Milano e Pavia. Lo sguardo dei lombardi è sempre a Roma, all’interpretazione del nuovo Dpcm: tutti a casa da scuola “in caso di 250 positivi ogni 100.000 abitanti”.

Le amministrazioni comunali si dividono, ma i genitori inferociti si chiedono: che senso ha chiudere le scuole e aprire i centri commerciali?

Tornando ai vaccini, perfino il piccolo Molise vanta una maggior percentuale di dosi somministrate rispetto a quelle ricevute (64,8%, contro il 63,7% della Lombardia). Peggio della Regione amministrata da Fontana ci sono Veneto (63,6%), Liguria (58,7%), Umbria (55,3%), Sardegna (54,3%) e Calabria (53,4%). Sul podio Valle d’Aosta (86,1%), Provincia autonoma di Bolzano (82,8%) e Campania (75,6%). La Regione Lombardia nei giorni scorsi si è scusata con i propri cittadini per il numero ancora troppo esiguo di vaccinazioni effettuate. La colpa la dà al governo, reo di non consegnare le dosi a sufficienza.

Ma in realtà finora ha ricevuto circa un milione di dosi. E mentre il Lazio ha iniziato a vaccinare gli over65 dopo essersi portato a buon punto con il personale scolastico e a ottimo punto con gli ultraottantenni, la Lombardia arranca, nonostante gli arrivi di Letizia Moratti e Guido Bertolaso. Dal 18 al 28 febbraio i vaccinati over80 sono stati 61.615 su 726mila censiti.


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