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L'Hub vaccinale di Fiumicino

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In  tutte le aule di giustizia dei tribunali italiani campeggia la scritta “La Legge è Uguale per Tutti”. Ma spesso non è così. Negli ultimi giorni, in questo grave momento di pandemia con il Covid che ci minaccia, abbiamo assistito ad episodi veramente squallidi, per non usare altri termini più appropriati ma a rischio di querela.

Mentre c’è gente che muore, novantenni che non sono stati ancora vaccinati,  persone veramente a rischio che non riescono ad ottenere il vaccino, di qualunque tipo esso sia, ci sono stati tentativi, a volte riusciti dei “furbetti” del vaccino, che scavalcano con vari stratagemmi la fila per essere vaccinati prima degli altri, prima di quelli che ne avevano e ne hanno diritto.

E tra i vari tentativi di “scavalcare” gli aventi diritto ci sono stati anche quelli delle cosiddette “categorie” privilegiate. Non stiamo parlando di medici, infermieri, personale ospedaliero, delle forze dell’ordine, che ne hanno il sacrosanto diritto, ma di magistrati, avvocati ed anche giornalisti. Che hanno invocato e preteso di essere vaccinati prima degli altri perché si ritengono categorie “a rischio”. Ma a rischio di che?  Non solo ma quando si è paventato il rischio che questo privilegio già avviato potesse essere revocato (molti avvocati e parecchi  magistrati sono già  riusciti a vaccinarsi) s’è scatenato il putiferio perché loro (magistrati ed avvocati ai quali si è poi aggiunta la categoria dei giornalisti) e quindi hanno convocato assemblee, hanno fatto intervenire i vertici delle loro categorie che con documenti ed appelli ufficiali, hanno rivendicato il diritto di vaccinarsi prima degli altri, di quelli veramente a rischio.

Addirittura l’Anm, l’Associazione nazionale magistrati, che in passato è stata presieduta dal noto pm Luca Palamara, quando la regione siciliana aveva bloccato, con ritardo, la vaccinazione già avviata per i magistrati e gli avvocati, ha fatto un comunicato ufficiale, diffuso a tutte le agenzie di stampa, di questo incredibile tenore. La giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati di Palermo critica lo stop alla somministrazione del vaccino, comunicata dall’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, sulla base di una disposizione del governo nazionale che ha ordinato di proseguire solo sulla base dell’età e non per categorie.

La campagna di vaccinazione, già partita in Sicilia per magistrati e avvocati, rimane così a metà, anche se chi ha già ricevuto la prima dose AstraZeneca avrà regolarmente la seconda, fra tre mesi. L’Anm «esprime sorpresa e rammarico per l’inattesa sospensione dell’avviata campagna di vaccinazione, che nel settore giustizia, per magistrati, personale amministrativo e avvocati, rischia di vanificare, con differenziazioni tanto casuali quanto disfunzionali, lo stesso obiettivo che la campagna correttamente si prefiggeva, ossia la dovuta attenzione a un servizio essenziale che oggi risulta invece escluso dal piano strategico nazionale».

L’Anm aggiunge: «Siamo convinti che sia indispensabile un ripensamento da parte delle autorità preposte e che si debba procedere a un immediato ripristino della campagna di vaccinazione già avviata nell’esclusivo interesse di tutti i cittadini che ogni giorno affollano le aule di giustizia, anche in tempi di pandemia». Sic! E, sulla stessa lunghezza d’onda, anche gli avvocati con qualcuno ha addirittura paventato un ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale) per far revocare il blocco della vaccinazione per la loro categoria. Incredibile, ma tutto vero.

Vero anche il fatto che ben otto magistrati della Dna (Direzione Nazionale Antimafia) sono riusciti a farsi vaccinare all’aeroporto di Fiumicino, provocando una polemica che non si è ancora risolta, tra la Dna, e la Croce Rossa Italiana. Intanto diciamo chi sono questi otto magistrati della Dna che sono riusciti a vaccinarsi pur non avendone diritto: Marco Del Gaudio, Antonio Laudati, Roberto Pennisi, Domenico Gozzo e Maria Vittoria De Simone. Quest’ultima è una dei vice del procuratore Federico Cafiero De Raho che presiede la struttura Antimafia. I pm hanno tra i 53 e i 67 anni e hanno ricevuto la dose nell’hub di Fiumicino divenuto il simbolo della campagna vaccinale in Italia dopo la visita del premier Draghi di alcuni giorni fa.

Ma come hanno fatto? E da qui la polemica tra Dna e Cri. «Questa è una vicenda alla luce del sole. Non c’è stato nessun tipo di furbizia o sotterfugio», ha affermato il procuratore Cafiero De Raho.  Che ha aggiunto: «Oltre a quelli con diritto legato a situazioni personali – dice Cafiero De Raho — , altri magistrati della Dna, che provengono da regioni dove le vaccinazioni per i magistrati erano già previste, come la Puglia, Sicilia e altre regioni del nord, hanno proceduto con la vaccinazione in accordo con le Aziende sanitarie del loro territorio».  Insomma De Raho ha qualche difficoltà a chiarire questa vicenda dalla quale in qualche modo ha preso le distanze. «È stata offerta questa possibilità ad alcuni colleghi – ha affermato De Raho – che viaggiano ripetutamente tra Roma e altre. Hanno avuto l’indicazione di poter godere della vaccinazione. La Asl ha ritenuto che i magistrati potessero vaccinarsi in quanto svolgono un servizio essenziale».

Ma le Asl romane e la Cri smentiscono di avere autorizzato la vaccinazione dei magistrati della Dna e chiariscono che possa essersi trattato di un errore perché in quel giorno venivano vaccinati gli investigatori della Dia (direzione investigativa antimafia) e questo avrebbe potuto provocare una confusione con la Dna (Direzione Nazionale Antimafia). Insomma un vero e proprio squallore dal quale non è rimasto fuori l’Ordine dei Giornalisti che per bocca del suo presidente, Verna, ha appoggiato la richiesta di magistrati ed avvocati invocando anche la vaccinazione per i giornalisti. «Chiediamo che sia valutato con attenzione il momento di quando tocchi a chi fa informazione, in particolar modo a chi svolge servizio esterno».


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