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«La normalità, per come la intendevamo prima della pandemia, non tornerà da un giorno all’altro. L’onda sarà lunga e le mascherine, almeno nei luoghi pubblici al chiuso, ci accompagneranno ancora per un bel po’. Altro è chiedersi quando torneremo a incontrarci, a fare ognuno il proprio mestiere, con i negozi tutti aperti. Con i vaccini questo è un obiettivo alla nostra portata già per la prossima estate». 

La previsione è del professor Paolo Spada, chirurgo vascolare dell’Irccs Humanitas e fondatore della pagina Facebook “Pillole di ottimismo”, che dagli albori del Covid analizza l’andamento dell’epidemia in modo disallineato rispetto alla narrazione in chiave pessimistica maggioritaria sui media, ai quali non risparmia severe critiche.

«Gran parte della stampa e degli organi di comunicazione in genere continuano a fornire una lettura superficiale dei dati – ci spiega – senza preoccuparsi dei destinatari: cittadini confusi, disorientati e ora anche molto stanchi. Il tutto nel nome dei clic e dell’audience. Sottolineare le variazioni giornaliere dei contagi non serve a nulla, si tratta di problemi relativi su cui si fa terrorismo. Così poi, quando sorgono criticità serie, il pubblico va in saturazione». Lo stesso, osserva, avviene «con le misure di contenimento. Se l’azione fosse stata più mirata e meno generalizzata, ubiquitaria e prolungata nel tempo, le restrizioni sarebbero più digeribili». Gli italiani, prosegue, «saranno anche indisciplinati ma hanno dimostrato di saper rispettare le regole quando sono ragionevoli. Se, diversamente, sono esasperanti, le aggirano. Un atteggiamento che viene messo in conto dal decisore politico».

Dal suo canale social, Spada porta avanti una battaglia personale (fondata sui numeri) per un cambio di strategia nella lotta al virus, che si fondi su chiusure limitate alle province e ai comuni dove si sviluppano i focolai e non estese all’intera regione. «Da sempre – dice – l’epidemiologia si fonda sul principio dell’isolamento del soggetto infetto. Un criterio che andrebbe seguito anche a livello territoriale. In fondo si tratta di un’estensione del concetto di tracciamento. Quando i focolai sono tanti, come avviene con la stagione autunnale e invernale, diventa difficile stargli dietro, quindi servono provvedimenti generalizzati ma non su scala regionale. Eppure, nonostante si conoscano i dati dell’incidenza provinciale, si è sempre agito a livello di regione piuttosto che intervenire prima che il contagio si diffondesse sul suo intero territorio. Questa è una strategia perdente». E, soprattutto, lenta. «Seguiamo troppo l’incide Rt, il quale tiene conto solo dei sintomatici e ha bisogno di dieci/undici giorni di tempo per consolidarsi. Le restrizioni hanno la loro utilità, a patto che vengano adottate in modo tempestivo. Invece noi mettiamo le zone rosse quando l’incidenza ha raggiunto il massimo. L’efficacia è nell’evitare la curva, non nell’arrivare quando è già al suo apice».

Insomma per Spada, se come pare, ci troviamo in una fase di rallentamento della terza ondata non è solo grazie all’exploit di lockdown regionali disposti nel mese di marzo. «Il calo era già iniziato – fa notare – le zone rosse lo hanno agevolato ma non lo hanno provocato». Anche perché «le epidemie hanno un loro andamento fisiologico, che dipende da più fattori. La prima ondata ci ha colti di sorpresa. La seconda ha avuto un’accelerazione nei primi 15 giorni di ottobre e ha iniziato a frenare prima del 6 novembre, quando sono state adottati i colori delle regioni. La terza, nonostante la maggiore velocità di diffusione della variante inglese, ha trovato subito terra bruciata e ha raggiunto un livello di circolazione oltre cui non riesce ad andare. Il virus, rispetto alla primavera del 2020, trova meno soggetti disponibili. C’è una quota di popolazione naturalmente protetta e un’altra più consapevole, che di suo adotta comportamenti di autodifesa quando, ad esempio, viene a sapere di un familiare o di un vicino di casa contagiato. Tutto ciò prescinde dalle misure restrittive».

L’estate aiuterà, come «avvenuto l’anno scorso e come avviene per tutte le malattie respiratorie. La bella stagione, però, non è eterna. Approfittiamone per vaccinare. La cosa importante è ridurre il carico ospedaliero, proteggendo i più vulnerabili. Se raggiungiamo questo obiettivo i contagi giornalieri diventeranno irrilevanti». Ragioni di ottimismo, quindi, «ce ne sono se uno le vuole trovare, con onestà intellettuale e senza partecipare al coro dei catastrofisti». 


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