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Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano

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La Corte dei Conti avrà probabilmente, anzi certamente tutte le ragioni per fare quel che ha fatto, bloccando la produzione del primo vaccino italiano. Ma c’è qualcosa che non va anche in questo caso. La Corte ha detto di no alle motivazioni che giustificavano l’erogazione dei cinquanta milioni degli ottantuno promessi da Invitalia alla casa biotech ReiThera. Ciò che a nostro parere non va è la differenza fra vecchio e nuovo.

DIREZIONE CONTRARIA

Se è vero che l’Italia del governo Draghi si sta smarcando dal passato prendendo una direzione e un verso che modificano la velocità di soluzione dei problemi, la decisione di bloccare fondi destinati alla produzione industriale di un vaccino italiano non va nella stessa direzione, quali che siano le solide ragioni della decisione. Il punto non è se la Corte abbia motivi validi per agire come ha agito e anzi diamo per scontato che me abbia. Il punto è il tempo. Non si conoscono le motivazioni del blocco. Se si conoscessero, sarebbe già possibile adottare i rimedi e le correzioni necessari. Ma se mancano, e per ora mancano come dichiarano le fonti del Ministero dello Sviluppo, non si può far altro che marcire nella paralisi. È ovvio che le motivazioni prima o poi verranno, come tutte le motivazioni dopo ogni sentenza. Ma non si quando e indicando il nodo da sciogliere. Lo stop è stato “preventivo”, cioè in attesa di sviluppi o correzioni.

Ma correzioni di che cosa? Il fattore tempo, dicevamo, è vitale. Se si blocca un’iniziativa che contiene sia un valore intellettuale che industriale – e sono decenni che l’industria farmaceutica italiana non crea farmaci che valgano sul piano internazionale – si perpetua un danno, o comunque non si raggiunge un risultato che invece sarebbe raggiungibile. È come fermare i forni di una acciaieria e la società ReiThera fa capire che potrebbe ritirarsi dalla produzione, almeno finché le prospettive non diventeranno chiare: “Aspettiamo di conoscere io rilievi della Corte, dice l’azienda, per valutare gli impatti che avranno sull’azienda”.

IL FINANZIAMENTO

La Corte ha bocciato il decreto per il finanziamento di 50 sul totale degli 81 milioni previsti e lo ha fatto perché i chiarimenti richiesti dai magistrati contabili non erano soddisfacenti. Immaginiamo che le obiezioni siano fondate, ma il punto è che le obiezioni non sono state rese pubbliche, cosa che avrebbe consentito le eventuali immediate correzioni o integrazioni.

È su questo punto che si avverte una debolezza politica. Se il governo Draghi ha inaugurato un nuovo stile in termini di efficienza, il Paese difficilmente potrà andare avanti con due velocità diverse: quella dei tempi di comunicazione di una sentenza e quelli che impongono di far presto e bene a vantaggio sia dell’industria farmaceutica che della salute pubblica. Come nelle gare automobilistiche, qui c’è da cambiare un pezzo in tempo reale, o il Paese perde la corsa.


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