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Il genetista Giuseppe Novelli

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NELLA battaglia contro il Covid-19 urge una «strategia a tenaglia», usando anche le armi più promettenti contro il virus, oltre ai vaccini. Armi che sono rappresentate dagli anticorpi monoclonali di seconda generazione, tetravalenti, progettati per agire in più punti di attacco del virus, sulla cui produzione servirebbe ora «l’investimento da parte delle industrie farmaceutiche o dello Stato, attraverso i fondi del Pnrr». Armi fondamentali, anche alla luce dei recenti studi sull’aumento del rischio per la salute di cuore e cervello generati dall’infezione.

Giuseppe Novelli, genetista di fama internazionale  spiega che una  nuova classe di anticorpi monoclonali, definiti tetravalenti, più potenti e in grado di neutralizzare il virus e le sue varianti anche a concentrazioni  molto basse, è stata identificata da un gruppo di ricerca internazionale,   composto oltre che dallo stesso scienziato, direttore dell’Unità operativa complessa laboratorio  genetica  medica del Policlinico Tor Vergata, a Roma, dagli studiosi Pier Paolo Pandolfi, dell’Università di Torino e Reno (Usa), da Maria Capobianchi, dello  Spallanzani di Roma,  da  Sachdev Sidhu, dell’Università di Toronto, da ricercatori dell’Estonia (Icosagen)  e di istituzioni statunitensi, quali  l’Università del Nevada, Renown Health e l’Università di Washington.

Lo studio Tetravalent SARS-CoV-2 Neutralizing Antibodies Show Enhanced Potency and Resistance to Escape Mutations, è stato pubblicato on line  dal Journal of Molecular Biology e documenta perché è necessario continuare gli studi e la sperimentazione: sia per rispondere alle nuove varianti, sia per aumentare la capacità neutralizzante.

L’ALLARME DI  LANCET SUI RISCHI PER LA SALUTE

Il Covid-19 è una malattia «molto complessa, che mette in gioco molti fattori genetici, di comorbidità, di età di sesso, con conseguenze a lungo termine con la cosiddetta long Covid sindrome, una sindrome che dura per  mesi, e rischi per la salute».  

Un’ulteriore conferma, anticipa il genetista, è arrivata dallo studio pubblicato su Lancet il 29 luglio, dal titolo Risk of acute myocardial infarction and ischaemic stroke following Covid-19 in Sweden: a self-controlled case series and matched cohort study, dove è stato evidenziato che «il Covid-19 è un fattore di rischio indipendente per infarto acuto del miocardio e per lo stroke ischemico», quindi per l’ictus. «I risultati indicano che le complicazioni cardiovascolari possono rappresentare una manifestazione clinica del Covid e che possono portare in futuro a cambiamenti importanti a lungo termine». Per lo scienziato «è chiaro che l’azione preventiva con i vaccini è fondamentale, perché più persone si infettano più il virus muta».

Ma la battaglia si vince integrando tutti gli strumenti. «La strategia a tenaglia – dice Novelli – consiste nel far concorrere fra loro la prevenzione con i vaccini, lo sviluppo delle terapie, il controllo con le mascherine, la limitazione dell’assembramento».  Secondo un altro firmatario dello studio, il professor Pier Paolo Pandolfi, «i vaccini, pur essendo molto efficaci, potrebbero non esserlo più in futuro, perché il virus muta. La scoperta di anticorpi potenti è importante, ed è fondamentale avviare studi clinici per dimostrare la loro potenzialità nella prevenzione. Dobbiamo anche andare avanti nella ricerca farmacologica, per identificare ulteriori composti e terapie efficaci adesso per il Covid-19 e per altri virus che saremo chiamati ad affrontare».  

Maria R. Capobianchi, dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico – Ircs –  Lazzaro Spallanzani di Roma, sottolinea come gli anticorpi con più punti di attacco rappresentino «le armi più efficaci che abbiamo oggi per affrontare le varianti che continuamente minacciano la risalita dei contagi”.

ANTICORPI MONOCLONALI DI SECONDA GENERAZIONE: ECCO COME AGISCONO  

Per arrivare agli anticorpi monoclonali tetravalenti, che colpendo il virus in più punti ne limitano la capacità di fuga, il gruppo di ricerca è partito dagli anticorpi monoclonali messi a punto lo scorso anno con l’Università di Toronto. «Quegli anticorpi, che noi definiamo di prima generazione – spiega ancora Novelli – hanno rappresentato il prototipo servito da base per modificarlo con tecniche genetiche innovative, così da arrivare a sviluppare una piattaforma tecnologica in grado di produrre anticorpi più potenti, flessibili e specifici, grazie al fatto che sono sintetici e vengono disegnati in laboratorio». Nella lotta alla diffusione della variante Delta potrebbero rispondere meglio dei predecessori.

VANTAGGI E BENEFICI

Usando la tecnologia “dinamica e flessibile” in futuro potranno essere costruiti in breve tempo anticorpi monoclonali contro altri virus e altri patogeni. I benefici che potrebbero derivare dall’utilizzo di questo tipo di farmaci sarebbero molteplici: dall’infusione passiva di anticorpi monoclonali tetravalenti  a cui si potrebbe ricorrere come pre-esposizione o profilassi post-esposizione, offrendo una protezione immediata dalle infezioni che potrebbero durare settimane o mesi, alla protezione a soggetti anziani  e/o con condizioni di comorbidità, incapaci di generare un’adeguata risposta anticorpale dopo la vaccinazione.

«La progettazione, lo sviluppo e la produzione di anticorpi monoclonali di nuova generazione – aggiunge Novelli – è urgente per disporre di terapie mirate, sia in considerazione della fase di ripartenza economica e sociale, sia  per consentire agli ospedali di operare a pieno regime». Grazie ai monoclonali «si potrebbe limitare la progressione della malattia durante l’infezione precoce soprattutto per l’emergere di nuovi varianti che sfuggono ai vaccini».

UN INVESTIMENTO PAESE  

Il progetto di ricerca, eccellente esempio di sinergia fra istituzioni di ricerca a livello globale, è stato condotto fin qui grazie ai finanziamenti del National Institute of Health (Nih) Usa, del Canada e della Fondazione Roma, con il sostegno della Regione Lazio. Ora, dice Novelli, «i ricercatori hanno fatto il loro lavoro, hanno scoperto la molecola. Manca ora il trasferimento tecnologico, per fare il primo lotto di sperimentazione, possibile soltanto con un investimento delle associazioni o delle industrie farmaceutiche. Sarebbe importante che l’Italia facesse una scelta Paese, investendo, grazie ai fondi del Pnrr, sia sulla piattaforma tecnologica, utile per i farmaci del futuro, sia sulla produzione dei farmaci».   


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