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L’ultima simulazione non è incoraggiante, mezzo Sud rischia, dall’anno prossimo, di ritrovarsi con ancora meno soldi per la sanità. Il Comitato Lea del ministero della Salute ha portato a termine il test di verifica del nuovo sistema di valutazione dei Livelli essenziali di assistenza, che entrerà in vigore a fine anno e che prevede criteri più severi per giudicare la qualità e l’efficienza dei sistemi sanitari regionali.

Il risultato è pessimo per il Mezzogiorno: quattro regioni risultano “inadempienti” e sono Molise, Calabria, Basilicata e Sicilia. Si salverebbero solo Puglia e Campania. La simulazione è stata effettuata sui parametri del 2019, da dicembre si inizia a fare sul serio e la valutazione dei risultati raggiunti nel 2020 avrà conseguenze.

Sì perché superare il giudizio del Comitato Lea non è fine a sé stesso: riuscire a raggiungere un punteggio di sufficienza garantisce alle Regioni lo sblocco di ulteriori fondi, una quota premiale pari al 3% del riparto del fondo sanitario al netto delle entrate proprie. Per intenderci, parliamo di svariati milioni di euro: oltre 200 per la Campania, ad esempio, complessivamente per il Mezzogiorno circa un miliardo di euro. Insomma, superare “l’esame Lea” significa poter ricevere più soldi.

Ma l’ultima simulazione sul 2019 ha fornito un ritorno deludente: i nuovi parametri di valutazione, più severi, penalizzano il Sud. Prima di “inasprire” i criteri per valutare la qualità delle cure, forse ci si doveva prima preoccupare di mettere fine al sottofinanziamento che il Mezzogiorno subisce da almeno 15 anni anche – e non solo – nel settore sanitario. Depauperate delle risorse economiche, le Regioni del Sud oggi si ritrovano con meno personale, meno soldi da spendere e macchinari più obsoleti. E adesso, rischiano di perdere un’altra barca di soldi.

La nuova metodologia valuta distintamente tre aree di assistenza (ospedale, distretto e prevenzione) e attribuisce loro un valore compreso in un range 0-100. Vi è la promozione quando in ciascuna area viene raggiunto un punteggio pari o superiore a 60, nono può quindi esserci compensazione tra i tre livelli. Il punteggio di ogni area è determinato dalla media pesata dei 22 indicatori “core”, così suddivisi: 6 per l’area della prevenzione (copertura vaccinale pediatrica a 24 mesi per esavalente e MPR, controllo animali e alimenti, stili di vita, screening oncologici); 9 per l’attività distrettuale (tasso di ospedalizzazione di adulti per diabete, Bpco e scompenso cardiaco e tasso di ospedalizzazione di minori per asma e gastroenterite, intervallo chiamata-arrivo mezzi di soccorso, tempi d’attesa, consumo di antibiotici, percentuale re-ricoveri in psichiatria, numero decessi da tumore assistiti da cure palliative, anziani non autosufficienti nelle RSA); 6 per l’attività ospedaliera (tasso di ospedalizzazione standardizzato rispetto alla popolazione residente, interventi per tumore maligno al seno eseguiti in reparti con volumi di attività superiore a 150 interventi annui, ricoveri a rischio inappropriatezza, quota di colecistectomie con degenza inferiore ai 3 giorni, over 65 operati di frattura al femore entro 2 giorni; parti cesarei in strutture con più e meno di 1000 parti l’anno).

Valutando l’anno 2019, mezzo Sud risulta inadempiente, ma appare evidente che non avendo messo il Mezzogiorno nelle condizioni di recuperare il gap dal Nord, inasprire i criteri di valutazione finisce per danneggiarlo due volte. È un dato di fatto certificato che il Nord continua a incassare più soldi per i suoi ospedali, come accade ormai da oltre 15 anni.

Anche nel 2021, infatti, il riparto del fondo sanitario nazionale ha seguito logiche inique: meno risorse a parità di popolazione. Nonostante 2,7 miliardi in più rispetto al 2020, resta il divario nella suddivisione. Alla Puglia, 4,1 milioni di abitanti, dei 116,29 miliardi complessivi, sono stati riservati 7,64 miliardi: l’anno scorso ne ricevette 7,49, quindi +240 milioni. Potrebbe sembrare una vittoria, se non fosse che, ad esempio, l’Emilia Romagna (quasi a parità di popolazione, 4,4 milioni di residenti) riceverà 8,79 miliardi contro gli 8,44 del 2020: non solo 1,1 miliardi in più rispetto alla Puglia, ma potrà godere di un incremento rispetto all’anno scorso di 350 milioni.

Prendendo in considerazione il Veneto (4,9 milioni di abitanti) la sproporzione resta, visto che la Regione di Zaia incassa 9,54 miliardi: 1,9 miliardi in più della Puglia e 280 milioni in più rispetto all’anno scorso. Insomma, l’iniqua ripartizione non solo prosegue ma, in qualche modo, si amplifica. La Campania, 5,8 milioni di residenti, avrà 10,8 miliardi contro i 10,6 dell’anno scorso, +200 milioni. È vero che il riparto del 2021 garantisce un incremento di finanziamento alle Regioni a statuto ordinario almeno pari al +1,7% rispetto al 2020, ma è anche vero che l’aumento avrebbe dovuto avvantaggiare le Regioni del Sud. Invece, a meno soldi si aggiungeranno altri meno soldi.


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