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DOPO un periodo di quiete durato diverse settimane, il rischio di una riacutizzazione del Covid torna a mordere. L’andamento dell’epidemia peggiora e, si legge nelle conclusioni del rapporto settimanale dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e del ministero della Salute, «va monitorato con estrema attenzione e, se confermato, potrebbe preludere ad una recrudescenza epidemica».

Nel rapporto si legge che «la trasmissibilità stimata sui casi sintomatici è in aumento e in avvicinamento alla soglia epidemica», mentre è oltre la soglia epidemica la trasmissibilità sui casi con ricovero ospedaliero. L’incidenza settimanale a livello nazionale, rileva ancora il documento delle autorità sanitarie, risulta «in rapido e generalizzato aumento».

L’ALLARME DI ISS E MINISTERO SALUTE

Sullo schema preparato da Iss e ministero della Salute si nota chiaramente una traiettoria che torna a dirigersi verso l’alto. Veniamo ai numeri. Nel periodo tra il 6 e il 19 ottobre l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,96, appena sotto la soglia epidemica e sopra il dato della settimana precedente, quando raggiungeva il valore di 0,86. E la proiezione per la prossima settimana vede un ulteriore aumento dell’indice di trasmissibilità a 1,14 (1,13-1,16).

In risalita anche l’incidenza, che si attesta a quota «46 casi per 100mila abitanti (sul periodo 22-28 ottobre)» contro il precedente dato di «34 per 100mila abitanti (15-21 ottobre)».

Ma su questi dati potrebbe aver pesato, con l’estensione del Green Pass al lavoro, l’aumento esponenziale dei tamponi effettuati? L’Iss risponde negativamente: «Si ritiene che le stime di Rt siano poco sensibili al recente aumento del numero di tamponi effettuati, poiché tali stime sono basate sui soli casi sintomatici e/o ospedalizzati».

SITUAZIONE NEGLI OSPEDALI

Segnali da esaminare con attenzione giungono anche dalle corsie ospedaliere, dove la tendenza alla diminuzione di pazienti Covid ha avvertito una battuta d’arresto. Il tasso di occupazione nei reparti di terapia intensiva resta stabile al 3,7% (dato aggiornato al 28 ottobre), mentre salgono i ricoveri nelle aree mediche a livello nazionale, che raggiungono quota 4,5% dal 4,2% dei sette giorni precedenti.

RICORSO ALLE TERZE DOSI

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha commentato: «I numeri della pandemia in Italia sono in crescita, anche se la situazione è migliore rispetto ad altri Paesi europei». L’esponente di LeU, che ieri ha partecipato al G20 Salute-Finanze, ha voluto sottolineare che è dunque «necessaria cautela e prudenza, e mantenere misure di precauzione quali l’uso delle mascherine».

Non solo. Il rapporto di Iss e ministero della Salute cita la terza dose di vaccino come strumento essenziale. «Una più elevata copertura vaccinale, il completamento dei cicli di vaccinazione ed il mantenimento di una elevata risposta immunitaria, attraverso la dose di richiamo nelle categorie indicate dalle disposizioni ministeriali, rappresentano gli strumenti principali per prevenire ulteriori recrudescenze di episodi di aumentata circolazione del virus sostenuta da varianti emergenti», si legge nel rapporto.

Tuttavia resta da capire se il ricorso alla terza dose dovrà riguardare ogni vaccinato oppure soltanto alcune categorie. Al momento, ha ricordato Speranza, la terza dose è raccomandata «fortemente» per gli over60 e per le persone fragili di qualsiasi età che hanno completato il primo ciclo vaccinale almeno sei mesi fa. «Poi», ha aggiunto, «con l’evoluzione delle conoscenze scientifiche valuteremo quando e come eventualmente estendere la terza dose».

IL CASO J&J

Le indicazioni delle autorità sanitarie, ribadite da Speranza, vanno però ponderate in base alla risposta immunitaria dei vaccinati con il monodose Johnson & Johnson: i virologi sono concordi nell’indicare la necessità per costoro di un richiamo. Suonano come una beffa per chi ha optato per il monodose per motivi di praticità le parole pronunciate da Andrea Crisanti a “Un giorno da pecora” su Radio1: «Chi ha fatto Johnson & Johnson deve fare la seconda dose perché si è scoperto che non è un vaccino monodose. Chi lo ha fatto a giugno ora di fatto è scoperto», ha aggiunto, prevedendo a breve comunicazioni in merito.

Cauto il direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), Massimo Andreoni. «È vero che c’è una perdita lenta e progressiva», ha commentato all’AdnKronos a proposito del Johnson & Johnson, «ma parliamo di perdita rispetto alla massima efficacia». Per Andreoni «non deve quindi passare il messaggio che dopo pochi mesi non si hanno più anticorpi». Per far fronte a questa «perdita lenta e progressiva», ad ogni modo, il consiglio del direttore scientifico della Simit è che la seconda dose venga somministrata non dopo sei mesi, come avviene per le terze dosi, bensì dopo quattro mesi.

AUMENTANO LE REGIONI A RISCHIO

Che l’epidemia in questa fase vada messa sotto la lente d’ingrandimento lo testimonia anche un altro dato: sempre secondo il monitoraggio della cabina di regia, risulta che le Regioni e le Province autonome che risultano classificate a rischio moderato sono salite a 18. Le restanti 3 sono classificate a rischio basso. Sono, invece, 13 quelle che riportano una allerta di resilienza. Ma nessuna riporta molteplici allerte di resilienza. L’allerta di resilienza è uno dei 21 indicatori stabiliti nel decreto dello scorso 30 aprile per valutare l’andamento della pandemia nelle varie Regioni italiane e con il termine resilienza si indica la capacità del sistema sanitario di gestire eventuali picchi epidemici.


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