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La mascherina nella Ztl per combattere la quarta ondata è l’ultima novità della gestione federalista del Covid. La controffensiva urbana. Il divieto circoscritto, la zona bianca che diventa rossa e strada facendo trascolora. Quartiere dopo quartiere, strada per strada, come un tempo si diceva per la guerriglia.

DECISIONI ESTEMPORANEE

Sulle barricate fino a ieri c’erano i governatori delle Regioni, prima liberisti poi più realisti del re. Ed ecco ora i sindaci che, per salvare turismo ed economia, rischiano di trasformare l’Italia in un caos che neanche Google maps riuscirebbe a districare. Obbligo all’aperto per lo shopping natalizio deciso a Milano da Beppe Sala. Analoga imposizione a Padova e a Bergamo, la città martire della prima ondata. Ma nessun obbligo in un altro sterminato numero di città ugualmente colpite dal virus.

A Bergamo il provvedimento, adottato da Giorgio Gori in accordo con il prefetto Enrico Ricci, «sentite le associazioni del commercio», sarà in vigore nel centro storico e nella città alta, nei luoghi più frequentati e nei mercati già da domani e fino al 1° gennaio. «Siamo in zona bianca e ci vogliamo restare per evitare limitazioni della nostra libertà e chiusure che danneggerebbero le attività economiche» ha detto Gori. Un’ordinanza simile è stata annunciate ad Aosta e a Firenze e altre cittadine grandi, piccole e medie potrebbero aggiungersi nelle prossime ore.

Mascherina in centro e via libera in periferia? Ci sarà un confine, una linea di demarcazione? Che sia uno dei deterrenti per limitare il contagio è fuori discussione, ma è già iniziata la campagna di denigrazione.

Dati su contagi, decessi, terapie intensive, tutti coefficienti che fanno scattare le restrizioni cromatiche, a volte sono simili fra città chiuse e città aperte ma l’obbligo di indossare il dispositivo di protezione individuale all’aperto (per ora) non è ancora stato adottato da Roma, Napoli, Palermo, ecc. Chi lo decide? E in base a quale evidenza scientifica?

A tutto questo aggiungiamo il rebus dei controlli, un capitolo ancora in alto mare, il tema vero sul quale dovranno misurarsi gli amministratori locali. Green pass semplice per salire sui bus, rafforzato su treni a lunga percorrenza, depotenziato sui trasporti dei pendolari. La confusione è ancora grande sotto questo cielo.

Fioriscono le interpretazioni del decreto legge. Distinguere cosa è scritto espressamente da quello che non c’è ma è sottinteso. E in questa zona grigia della punteggiatura si inseriscono le decisioni estemporanee degli enti locale. Uno stato di emergenza nazionale che vira in collettiva per declinare in calamità personale. Del resto, dice l’amministratore di una grande città metropolitana che non ama farsi pubblicità, «se non siamo in grado di governare le circostanze saranno le circostanze a governare noi». Specie se le circostanze si chiamano Sars- cov 19 e si persegue l’obiettivo Covid zero.

COMMISSIONE TRASPORTI I DUBBI DEL PRESIDENTE SCONTRO NEL M5S

Che nella Lega ci siano posizioni diverse è un fatto acclarato. Che nell’incontro tra i presidenti delle Regioni governate dal Carroccio e Salvini vi siano state opinioni molto diverse sull’adozione del Super Green pass lo abbiamo scritto. Lo scetticismo sulle nuove misure che entreranno in vigore il 6 dicembre (un giorno prima della festa di Sant’Ambrogio a Milano, che dà ufficialmente il via agli acquisti) è molto diffuso anche tra i 5Stelle.

«Ho avuto il Covid da sintomatico, mi si chiede di fare il vaccino ma io sto bene come sto, perché mi si chiede di farlo?» si è chiesto Mauro Coltorti, senatore grillino e presidente della commissione Trasporti. Non uno qualunque, insomma. Domanda rivolta durante la riunione congiunta su Zoom, collegato anche Giuseppe Conte. «Con queste misure – dice Coltorti – creiamo contrasto sociale che porterà nelle piazze proteste e disordini, le destre ci andranno a nozze». E ancora: «Con il Super Green pass si vogliono premiare i vaccinati che si infettano e vanno anche all’ospedale. Non è che tutto questo si trasformerà in un boomerang?».

Perplessi anche la deputata Emiliana Emiliozzi e il suo collega Marco Bella, a dimostrazione che nel M5S c’è ormai una componente che non condivide la strada seguita da Draghi e Speranza. Timida l’obiezione del vice ministro della Sanità Pierpaolo Sileri: «Le vaccinazioni sono aumentate in modo significativo da quando è stato introdotto il Green pass mantenendo stabili le 4-600 mila somministrazioni a settimana».

CONTROLLI: NO AI MILITARI SÌ A MULTE ESEMPLARI

Il vantaggio della linea dura è che, una volta adottata, si può sempre allentare la presa. Il ragionamento non fa una grinza purché non si compromettano le attività produttive. Il problema è come attuarla. Come assicurare ad esempio i controlli sui trasporti? C’è chi ha persino suggerito l’impiego dell’Esercito.

«Non credo sia necessario, sono attività più appropriate alla polizia locale – dice il presidente dell’Unione delle province italiane – A ognuno il suo ruolo».
E gli autobus delle grandi metropoli dove si viaggia schiacciati, ai limiti della capienza? «Ci sono tutte le condizioni per fare un buon lavoro, nei comitati per l’Ordine e la sicurezza chiederemo che le società di trasporto locale forniscano un supporto, serve un mix, e bisogna individuare sanzioni esemplari».

Poi ci sono i dubbi della comunità scientifica. «Impedire l’accesso ai locali a persone potenzialmente infette è tutto sommato ragionevole – dice Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina biologia molecolare di Padova, che ha individuato nel tracciamento una delle strategie di limitazione della diffusione del virus – ma il vero problema è continuare a mandare in giro tantissime persone con i virus antigenici rapidi, cioè l’opportunità di usarli ai fini del certificato verde».

Per il virologo Crisanti più importante della mascherina all’aperto sarebbe imporre sui mezzi pubblici la FFP2, «vista la vicinanza e il contatto obbligato tra le persone».


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