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Giovanni Toti

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Era un uomo tranquillo. Ha fatto la sua trafila all’hub vaccinale di Biella dove la prenotazione non è obbligatoria (il che facilita la sacrosanta e salvifica campagna sanitaria); ha firmato i suoi bravi moduli, il consenso informato e così via. Si è messo seduto, ha scoperto un bel deltoide ed ha mostrato i muscoli, orgoglioso quanto Braccio di Ferro dopo un’indigestione di spinaci o un bodybilder appena ormonizzato.

Che gli potevano mai fare un piccolo ago ed una dose di vaccino a un muscolare così ben fornito? Niente, letteralmente niente. Perché il muscolo in questione, oltretutto, era di silicone e non di umano tessuto e gonfiato come certe smisurate tette che al tatto… Anche quel muscolo al tatto dell’operatrice sanitaria denunciò la sua falsità e l’uomo tranquillo venne tranquillamente denunciato.

Neanche una sceneggiatura strappasorrisi di quelle del primo Carlo Verdone avrebbe potuto inventare una tale scena. È quando la realtà supera la fantasia: la realtà del mondo no-vax.

La meravigliosamente simpatica creatività del popolo di Napoli che inventò la t-shirt con disegnata la cintura di sicurezza, quando questo “fastidio” divenne obbligatorio e quello era un modo di ingannare i controllori da lontano (e ingannare anche se stessi: non mettersi la cintura di sicurezza non solo è contro il codice della strada ma è anche contro se stessi perché ci si mette a rischio, proprio come nel caso del vaccino), quella creatività lì, è stata dunque scavalcata: a destra, come viene naturale alla maggioranza della minoranza che è il popolo dei no-vax.

C’è chi è andato anche più in là, come quell’austriaco che si curava in casa facendosi clisteri di candeggina, perché aveva male interpretato, almeno quanto a metodologia terapica, il consiglio che dette al mondo l’allora presidente Trump, quando i vaccini non c’erano ancora.

Ma almeno l’uomo tranquillo non ha fatto male a nessuno, se non a se stesso, perché adesso è a rischio contagio pericoloso come prima, ma pure a rischio sanzione, pecuniaria o no. A rischio rissa si mettono, invece, quei brillanti cervelli che hanno inventato l’allungamento della coda. Non scomoderemo Ghandi e la sua magnifica non violenza per parlare di questi imbecilli che si mettono in fila fingendosi vaccinando e poi la rallentano in tutti i modi, magari formulando una schiera di domande agli operatori. Sono i perditempo della siringa, e del resto di tempo da perdere ne hanno, e più ancora ne avranno dal giorno del “super green pass” che impedirà loro una socialità vagamente normale.

Troveranno altri imbrogli magari nel “dirty web”, dove s’annidano i mercati più infami e anche quello del “green pass” falso, il QR vero che però appartiene a un altro e un incrocio fra QR e documento d’identità li smaschererebbe, ma non è che puoi mettere un poliziotto ad ogni porta, e, potendo, che almeno sia vaccinato lui.

Certo questi no-vax nel mondo digitale sanno muoversi: lanciano qualche flahmob, il sabato del no-vax dopo il sabato del villaggio leopardiano quando “la donzelletta vien dalla campagna”, e invece il no-vax viene dal suo mondo, la terra è piatta, il microchip ce lo mettono in vena, la scia chimica ci passa a fior di capelli, Galileo era al soldo delle multinazionali. Un mondo di gente che ci mette la faccia, questo sì: almeno la mette in televisione, in quei talkshow che lamentavano la par condicio elettorale ma che praticano la par condicio vaccinale, uno scienziato e un cretino, una virooga e una tuttologa di bassa lega.

Oddio, non tutti i no-vax ci mettono la faccia: i loro primi condottieri erano del tipo “armiamoci e partite” e lanciavano messaggi social fornendo l’indirizzo dei “nemici” (i preferiti: virologi e simili, giornalisti e simili, politici e simili) condito da un “andateli a prendere”. E pensare che fanno il loro sporco lavoro per amor di privacy e di libertà. A proposito di “andateli a prendere”: trovarono pure chi dette loro retta assaltando a Roma la sede della Cgil come fosse il Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo o la Corazzata Potemkin: diceva Fantozzi “una cagata pazzesca”.


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