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I governatori Bonaccini (Emilia-Romagna), Zaia (Veneto) e Fontana (Lombardia)

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«Le regioni in cui i cittadini sono più tutelati dalla sanità sono quelle che negli ultimi vent’anni hanno ricevuto più soldi da investire nella salute pubblica».

Sembrerebbe a tutti gli effetti un motto di Jacques La Palice, azzimato militare francese, noto per l’uso frequente di frasi ovvie. La più celebre è che «se non fosse morto, sarebbe in vita». Ma a furia di tacerlo, perché quasi non fa più notizia. Si rischia di essere tutti accomunati in un concorso di colpa.

Stavolta lo dice il Crea, il Centro per la ricerca economica applicata alla sanità dell’Università romana di Tor Vergata. E dice che le prime di questa speciale classifica sono Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige, con le due province autonome di Trento e Bolzano. E indovinate la maglia nera? In modo inesorabile, recidivo, doloroso, ancora una volta è la Calabria.

E lo dice in questo contesto, con il presidente delle regioni assembrati dinanzi al portone di Palazzo Chigi per bussare a denari.

A BOLZANO 183 EURO PRO-CAPITE IN CALABRIA 16   

Ma come spiegare l’ennesimo ultimo posto? Colpa del Mezzogiorno inefficiente e sprecone? Sarà un caso ma negli ultimi vent’anni sono stati investiti a Bolzano 183 euro pro-capite in dotazioni sanitarie, 85 per ogni concittadino emiliano di Bonaccini e ben 16 euro – leggasi sedici – per un calabrese. Va da sé che tutto questo si traduce in meno strutture, meno ospedali, organici ristretti, livelli dei servizi modesti e fughe verso cure migliori. Le “Performance regionali” – questo il nome del rapporto Crea-Salute, coordinato dal professor Federico Spandonaro – dicono anche che il nostro Paese è molto lontano dal garantire diritti alla salute uguali per tutti gli italiani a prescindere dal territorio in cui vivono.

LA MANCANZA DI FONDI INCIDE PER IL 40% SULLA PERFORMANCE

Le due regioni che occupano i primi posti della classifica hanno ottenuto un punteggio compreso tra il 71% e il 61% seguite da altre 10 aree con punteggio medio elevato compreso tra il 58% e il 53% e sono: Toscana, Veneto, Marche, Umbria, Liguria, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Sardegna e Piemonte con modeste variazioni tra loro. Man mano che si scende verso Sud ecco Abruzzo, Lazio, Molise, Basilicata, Sicilia e Campania nel range 52%-46%. Il fanalino di coda, come si diceva, la Calabria con un livello o sottolivello se preferite pari al 33%.

Di classifiche se ne vedono tante e spesso purtroppo tutte o quasi somigliano. Nella fattispecie quella del Crea è frutto di un panel composto da 93 esperti/stakeholder del sistema sanitario. È stata elaborate in base ad una valutazione multidimensionale della sanità, una metodologia che prende in considerazione sia la domanda dei cittadini che l’offerta pubblica. I margini di errore dunque sono bassissimi. I ricercatori precisano inoltre che le maggiori criticità riguardano l’innovazione e l’appropriatezza ma non si avventurano in considerazioni quali il benchmark o il riparto del Fondo sanitario. Non dicono ad esempio, che gli investimenti che negli ultimi 18 anni dei 47 miliardi stanziati 27,4 sono andati alle regioni del Nord mentre il Mezzogiorno ne ha avuti a disposizione solo 10,5. Ammettono però – ed è di tutta evidenza in tempi di Covid-19 – che la dimensione economica-finanziaria influisce sulla performance nella misura del 40,9%. E scusate se è poco.

ARRIVANO  300 MILIONI PER I TRASPORTI IL NORD BUSSA A QUATTRINI

Non sappiamo se il dossier del Crea finirà sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni convocata oggi pomeriggio dal governatore emiliano Stefano Bonaccini. Sappiamo però che il presidente Bonaccini è stato il primo a chiedere un ristoro per i mancati introiti che deriveranno ad esercenti e gestori di impianti sportivi dall’applicazione dell’ultimo Dpcm diramato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Lo scontro resta il nodo sulla riapertura delle scuole e sulla didattica a distanza. All’ordine della Conferenza ci saranno oggi però le nuove norme sul trasporto pubblico, i 300 milioni annunciati dalla ministra ai Trasporti Paola De Micheli per far fronte all’emergenza immediata e la ripartizione delle quote per potenziare il servizio. Comuni e regioni avranno più risorse ma non è ancora chiaro in che misura potranno rivolgersi a ditte private e a Ncc. Specie al Sud dove le navette e il servizio Scuolabus è ancora una chimera e lo sarà fino a quando l’unico principio di ripartizione dei fondi sarà quello della spesa storica. Si è passati dai 16 milioni di cittadini trasportati nel periodo pre-Covid-19 agli attuali 8 milioni. I disagi per i passeggeri, la mancata osservanza delle distanze, la tendenza di ogni regione a fare da sé, ignorando o forzando le regole a colpi di ordinanze, ha una indubbia responsabilità nella diffusione dei contagi.

DE LORENZIS (5S) FUORI DAL CORO «COLPA ANCHE DEI GOVERNATORI»

Nella prossima legge di Bilancio si aggiungeranno altre risorse. I governatori sono giù tutti in fila per rivendicare la loro quota. Diego De Lorenzis, membro della Commissione Trasporti non se la prenda se lo definiamo uno dei tanti peones della Camera. Gli va dato però di parlare chiaro e senza giri di parole. «Molti presidenti di regione non hanno sfruttato appieno la possibilità a loro disposizione per ridurre al minimo gli afflussi nelle ore di punta – attacca il deputato grillino – ad esempio utilizzano i fondi aggiuntivi per stipulare convenzioni con gli operatori economici, come i bus turistici, per dotarsi di personale al fine di aumentare le corse e la loro frequenza per pendolari e studenti».

E già. Potevano farlo. In Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna-Lazio si viaggia in piedi, attaccati uno all’altro. Ma sull’alta velocità ferroviaria si tengono le distanze e contingentati.

La Conferenza Stato-Regioni è nata per raccogliere le istanze delle città e dei territori e calarle nello specifico. Binari compresi. All’ordine del giorno di oggi c’è la piccola fetta di torta da spartirsi ma non c’è ancora però la riduzione del gap sanitario. Non esiste ancora una proposta concreta e condivisa per introdurre un finanziamento europeo da inserire nel Piano di rilancio per eliminare le disparità tra le diverse aree. E neanche uno straccio di mozione sul Mes, l’uso del salva-Stati per dotarsi di una strategia nazionale – questa sì differenziata –  che vari da regione a regione. Sarebbe chiedere troppo.   


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