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Cara ministra, lasci perdere Scampia. Ci lasci perdere. Insegno e vivo a Scampia ma non rivendico nulla e non provo neanche rabbia di fronte alle sue dichiarazioni e a quelle del presidente Conte su quell’appartamento “destinato a scuola” e sulla vostra sicurezza ostentata (“daremo a Scampia la scuola che merita”).

Eviterò anche di ricordarle tutti i suoi errori di questi mesi o le confusioni di decreti e linee-guida: le chiedo semplicemente di evitare di parlare di Scampia perché lei non conosce Scampia e forse, insieme al presidente Conte, si sarà limitata a conoscerla vedendo qualche fiction televisiva. Che ne sa lei dei miei ragazzi?

Che ne sa dei loro sogni? Che ne sa dei loro genitori disoccupati prima e dopo questa emergenza, degli occhi bassi e del pudore di non dirlo? Che ne sa dei loro messaggi da emigrati nel resto dell’Italia e del mondo? Che ne sa della tristezza di quelle domande agli esami di stato in queste ore sui loro progetti irraggiungibili?

Che ne sa della loro e della nostra rabbia tutte le volte, le tante volte, in cui qualcuno usa il marchio “Scampia” per offendere e per associare famiglie, ragazzi e bambini a tutto quello che è negativo da queste parti?

La vostra “best practice”, la “migliore pratica”, quella che voi vorreste insegnarci e portarci, è già a Scampia ma voi non lo sapete perché non siete mai stati a Scampia. La “best practice” è già nei corridoi della mia scuola, negli occhi felici di ragazzi, preside e prof durante i concerti del liceo musicale o nelle divise impeccabili delle ragazze del turistico. I nostri ragazzi realizzano la nostra “best practice” tutte le mattine anche solo entrando nella nostra (grande e bella) scuola.

Il problema non sono loro ma siete voi che da 150 anni non assicurate a questi ragazzi gli stessi diritti e le stesse speranze di quelli del resto dell’Italia e dell’Europa. Il problema non è Scampia. Scampia, Napoli, Sud… il razzismo è (anche) questo. Poco importa, mi creda, se quella scuola nell’appartamento sia o no a Scampia: lei e il Presidente del Consiglio avreste dovuto solo evitare di nominare 5 volte Scampia senza vergognarvi del fatto che qui o altrove possa esistere una scuola in un appartamento e che possa esistere più o meno da 150 anni (oltre 2 quelli in cui lo stesso Conte è stato premier ma quella scuola sta sempre là).

Cara ministra, lei oggi dichiara che si è sbagliata e che quell’appartamento-scuola è da qualche altra parte ma noi non abbiamo più bisogno di rettifiche che non rettiticano e di scuse che non scusano. Abbiamo bisogno solo di rispetto e forse anche di silenzio. Fino a quando lei, i premier e gli altri ministri di turno non smetterete di usare, parlando di Scampia e del resto del Sud, il futuro e inizierete ad usare il passato prossimo o addirittura il passato remoto. Non più “faremo”, allora, ma “abbiamo fatto” o “facemmo” e allora, forse, avrete il diritto di parlare di Scampia.

Prof. Gennaro De Crescenzo
Scampia, Napoli, Sud


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