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Giovanni Toti

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Equilibrio e responsabilità. Sono le parole d’ordine del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, a poche ore dall’approvazione della nuova bozza sull’autonomia differenziata. “Il Sud ha bisogno di infrastrutture nuove, come del resto tutto il Paese. Qui nessuno deve avere paura di questa riforma – avverte -. Ne possiamo trarre tutti vantaggio a patto che vi sia anche una legge speciale che semplifichi gli appalti e dia il ruolo di commissari ai noi governatori: solo così possiamo rispondere alle esigenze dei rispettivi territori, è un’esperienza che ho già vissuto ed ha dato buoni frutti”.

Indossa i panni del riformatore, il leader di ‘Cambiamo” che si posiziona a metà strada tra le rivendicazioni estreme dei colleghi settentrionali e l’appello all’equità giunto da alcuni presidenti meridionali. La Liguria in questi giorni, a causa del maltempo, se l’è passata brutta. Toti quindi ha vissuto sulla sua pelle, da cinque anni a questa parte, che cosa significhino le carenze strutturali e infrastrutturali. Per questo aggiunge: “Le nuove infrastrutture servono a tutti, intendiamoci: al Nord come al Sud, è questa la vera priorità nazionale. È l’unico meccanismo che può funzionare nella situazione in cui ci troviamo, si veda di fare presto”.

Presidente Toti, come giudica la nuova bozza?
“C’è ancora da lavorare come già detto anche da altri presidenti. Però è un buon testo su cui andare avanti: vogliamo prima firmare l’intesa e poi attendere l’iter parlamentare che è la vera chiave di volta. Il lavoro è stato fatto in tempo ragionevole rispetto alla necessità di questo Governo di mettere mano alla riforma”.

Troppa fretta forse da parte del ministro delle Autonomie Boccia?
“Non sarà tutto perfetto perché si doveva fare presto. Basti pensare che le Regioni che avevano chiesto l’autonomia differenziata aspettano ormai da quasi due anni”.

Le preoccupazioni sono infondate?
“Non ho mai avuto preoccupazioni sul rapporto tra Nord e Sud, noi stiamo a metà tra le due parti del Paese come parametri. Siamo geograficamente Nord a tutti gli effetti e abbiamo una grande ricchezza, ma certo non il Pil di Veneto e Lombardia. L’autonomia differenziata la differenzieremo noi con le peculiarità di ciascuna Regione”.

Sarà fondamentale il fondo di perequazione: è d’accordo?
“Certo. Il fondo di perequazione deve continuare ad esistere, partendo da una consapevolezza: i problemi comuni a tutti quanti noi vanno affrontati in altro modo”.

Non con le rivendicazioni personali dal vago sapore egoistico, ma con l’apporto dello Stato centrale che vari una strategia?
“Esattamente. Mancano infrastrutture ovunque, mica solo al Sud. Perciò dico che serve una legge speciale, da una parte la semplificazione normativa su gare e appalti in modo che non siano bloccabili con ricorsi al Tar o fallimenti e dall’altra parte una responsabilizzazione delle regioni stesse”.

In che modo?
“Nominando noi commissari regionali come è stato fatto contro il dissesto idrogeologico: in 4 anni e mezzo abbiamo investito le risorse e in alcuni casi completato le opere per ridurre o eliminare i problemi del dissesto idrogeologico. Facciamo lo stesso con le infrastrutture da varare in tempi brevi, celeri, in trasparenza e producendo effetti per il territorio”.

Sul piano delle risorse, come distribuirle?
“Le regioni avranno gli stessi soldi di sempre, ma i cittadini avranno modo di verificare come verranno spesi. Capisco i timori di alcuni governatori del Sud, ma se vogliamo essere corretti nelle analisi e nelle proposte da fare dobbiamo dire che senza autonomia ci sono state due o oltre velocità in questi anni”.

Questa riforma quindi è necessaria per colmare un vuoto e dare maggiore equità.
“La riforma è un modo per cominciare a responsabilizzare le classi dirigenti e rimediare agli errori del passato, vedi la riforma delle province che ha lasciato un pezzo di Paese scoperto”.

Il precedente Governo, quello gialloverde, è caduto anche per la questione autonomia differenziata. Questo giallorosso invece si può cementare?
“La riforma serve e basta. Non credo che ne possa dipendere la sorte del Governo”.

Insomma, entro pochi mesi si chiude.
“Io cerco di essere razionale: abbiamo divergenze oggettive tra i vari territori, dopo 70 anni di centralizzazione credo di alcuni servizi è giusto occuparsene in loco. Per le infrastrutture ribadisco lanciando un appello: non mettiamo insieme mele e pere, il Paese è fermo da Reggio Calabria ad Aosta”.

Come se ne esce?
“Con un nuovo meccanismo che può funzionare così: un coordinamento nazionale a livello centrale e poi noi presidenti commissari”.


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